Il giudice Alessandra Camassa all’Istituto “Nino Navarra” di Alcamo: “La mafia qui è ancora forte”

ALCAMO. “La mafia in questi anni è cambiata notevolmente, ma è rimasta forte” – lo ha detto il Presidente del Tribunale di Marsala Alessandra Camassa agli studenti dell’Istituto Comprensivo “Nino Navarra” di Alcamo in occasione della settimana della legalità organizzata della dirigente Vincenza Vallone e dai referenti della legalità Prof Vincenza Riparia e Miriam Avila. Presenti tra gli ospiti anche il Capitano dei Carabinieri di Alcamo Giulio Pisani e il Commissario di P.S. di Alcamo Filippo Li Volsi.

La dott.ssa Camassa, per il terzo anno ospite della scuola, ha riavvolto il nastro del tempo soffermandosi sugli anni in cui la mafia era ancora quella che controllava le terre, il tempo in cui governava la borghesia romana e i campieri locali. In particolare si è soffermata sul territorio di Alcamo, Castellammare del Golfo e Calatafimi, città che con le rispettive famiglie mafiose formano il mandamento di Alcamo. “Fino agli anni ’80 la mafia contava più del potere politico e dello Stato. Si andava dal mafioso del luogo per risolvere un problema, non dai carabinieri o dalla polizia. Era una mafia che era solita andare a braccetto con il Sindaco e il parroco del paese. Oggi è cambiata, ma non è certamente meno pericolosa. Bisogna solo saperla riconoscere. Qui, ad Alcamo, è scoppiata una guerra di mafia ferocissima al tempo dei corleonesi. Le famiglie mafiose erano forti e la fazione dei corleonesi era molto presente.” La dott.ssa Camassa ha fatto anche alcuni nomi dei capi storici della mafia locale. Era la mafia che dalle campagne iniziava a muoversi verso i grandi affari del cemento, era soprattutto la storica mafia dei corleonesi. “Badalamenti, Rimi, Buccellato, sono solo alcune delle famiglie che comandavano. Fino agli anni ’80 – ha sottolineato – la città che prevaleva era Castellammare, successivamente invece la parte più violenta della mafia si è infranta sul territorio, trasformando in Alcamo la città più influente”.

“Ancora oggi la mafia è forte, lo Stato ha sicuramente fatto molto sul piano repressivo contro la mafia militare. Ma la mafia sa riorganizzarsi sempre, per questo non dovete mai abbassare la guardia. Anche se non spara resta pericolosa come un tempo. Possiamo dire che ha deciso di usare la strategia della “sommersione” per evitare i riflettori. Un collaboratore di giustizia alcamese una volta disse che tra di loro, nel 1995, si interrogavano su quella strategia stragista portata avanti con le bombe, secondo loro era il momento di puntare sulla “sommersione” e lasciare gli omicidi soltanto “quando necessari” e con il metodo della cosiddetta lupara bianca.” Quella descritta dalla dott.ssa Alessandra Camassa è la terribile mafia dei corleonesi negli anni delle stragi e della violenza nei confronti degli uomini dello Stato, culminati con quella che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni come la trattativa Stato-mafia.

“Oggi i mafiosi sanno infiltrarsi bene e ottengono finanziamenti con facilità, sono diventati una lobby, per questo oggi possiamo parlare di un vero e proprio centro di potere. Si muovono bene, – ha sottolineato – conoscono gli ambienti che contano con l’aiuto dei colletti bianchi, politici, professionisti compiacenti, riuscendo anche a modificare le leggi, tutto questo si lega con la corruzione. Sono tante le imprese che illegalmente soffocano il mercato legale”. La dott.ssa Camassa, che per anni ha indagato sui fatti di mafia tra Alcamo, Castellammare  e Calatafimi, e oggi come giudice ha emesso tantissime sentenze ormai diventate definitive, ha risposto alle domande e alle curiosità degli studenti della scuola. “Non mi piace parlare di lotta alla mafia, noi facciamo solo il nostro dovere. La legalità non passa dai massimi sistemi, ma si fa con le azioni quotidiane, riguarda noi ma soprattutto voi”.

Infine ha ripercorso il suo primo incarica alla Procura della Repubblica di Marsala al fianco del dott. Paolo Borsellino: “Momenti molto belli che non dimenticherò mai, lui era di una straordinaria umanità ed era molto paterno. Io ero molto giovane e per me è stato veramente uno di famiglia.” Ha parlato anche della sua amicizia con Giovanni Falcone, con il dott. Germanà, con Rita Atria e con Piera Aiello: “Quella di Piera è una storia di riscatto, per anni è stata costretta a vivere lontana della sua terra e con un’altra generalità.”

“Sul piano repressivo – ha concluso – si è fatto molto, ma manca tutto il resto. Si deve concretizzare il vero cambiamenti culturale. Abbiamo sconfitto un metodo mafiosi, ma c’è ancora tanto da fare”.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.