Alcamo, il coraggio dei testimoni di giustizia Piera Aiello e Alessandro Marsicano

ALCAMO. Al via da questa mattina la settimana della legalità all’Istituto comprensivo “Nino Navarra” di Alcamo. Tra gli altri ospiti, presenti anche i testimoni di giustizia Alessandro Marsicano e l’On. Piera Aiello, eletta recentemente alla Camera dei Deputati con il Movimento 5 Stelle.

Due storie diverse, quelle di Piera e Alessandro, ma unite nel nome della giustizia e della legalità. Entrambi hanno “rotto” gli schemi, hanno infranto il muro di omertà che li soffocava. La storia di Piera Aiello è nota, l’abbiamo raccontata recentemente con l’intervista all’On. Aiello durante la scorsa campagna elettorale.

La sua è una storia di coraggio che si intreccia con quella di Rita Atria, la “picciridda” coraggiosa che insieme a lei ha denunciato e raccontato le vicende familiari al giudice Paolo Borsellino. Ad un’aula magna piena di ragazzi delle scuole medie, Piera ha saputo emozionare con parole semplici. Il suo è un grido di speranza che da qualche mese è arrivato anche dentro le Istituzioni nazionali. Lei oggi porta avanti la sua battaglia dagli scranni del Parlamento. “Ogni limite va scavalcato. Mi avevano detto che non sarei mai più potuta tornare in Sicilia, la mia terra. Io invece sono tornata e posso dire essere tornata da donna libera. – ha dichiarato l’On Piera Aiello – Ero stanca del mio nuovo nome, adesso mi sono riappropriata del mio vero nome e della mia libertà.” Ancora però non le è consentito di mostrare il proprio volto, le foto sono ancora vietate per questioni di sicurezza. Una misura che probabilmente presto sarà tolta.“Il Movimento 5 Stelle mi ha dato una grande opportunità, ma non è stata solo una vittoria politica, per me rappresenta una vittoria di libertà. ”

Piera ha ricordato la figura della cognata Rita, morta suicida dopo la terribile strage di via D’Amelio. “Lei per me è stata una piccola grande donna. – ha sottolineato – Sul suo diario scriveva di “andare tra i ragazzi per fargli vedere che fuori c’è un mondo fatto di cose belle”. Per questo è fondamentale parlare nelle scuole e con i ragazzi, da qui si parte per costruire un futuro migliore.”

Sui problemi dei testimoni di giustizia, Piera Aiello ha sottolineato l’enorme difficoltà del “reinserimento socio lavorativo”. Per anni lei non ha potuto lavorare, poi finalmente, con le nuove generalità, ha lavorato nei campi raccogliendo patate, olive, uva. “Quel lavoro in campagna mi ha ridato una parte di libertà.” Lei, quando il marito venne ucciso, si rifiutò di indossare il fazzoletto nero che le donne usavano un tempo in segno di lutto. Un “affronto” per l’epoca. “Non occorrono grandi gesti, basta non scendere a compromessi.  Non dobbiamo mai cercare corsie preferenziali o girarci dall’altra parte. Studiate, leggete – ha sottolineato rivolta ai ragazzi – perché la cultura è il primo nemico dei mafiosi.”

Alessandro Marsicano, pasticcere palermitano che dal 2012 vive sotto tutela, ha raccontato la sua terribile storia imprenditoriale. La sua pasticceria, a pochi passi dall’Università degli Studi di Palermo è famosissima non solo per l’ottima pasticceria, ma perché oggi è un simbolo di riscatto. La sua è una storia normale, fatta di lavoro, sacrifici e tanta passione. Ma ad un certo punto, nel lontano 2007, tutto cambia quando prende in mano la pasticceria di famiglia. I mafiosi del rione iniziano a bussare alla sua porta: “Qui comandiamo noi, diciamo noi cosa aprire, come aprire e quando aprire”, Marsicano stava per aprire la nuova pasticceria, ampliata e rinnovata con tanti sacrifici. “Decidiamo noi dove comprare il caffè, la farina e tutto il resto” – gli intimarono i mafiosi. Poi, i regalini per le feste, 2500 euro a natale e a pasqua, oltre a dolci e torte gratis. “Quanto usciva qualcuno da carcere venivano a prendevano torte, cassate, cannoli, senza pagare un euro.  – ha spiegato Alessandro Marsicano ai ragazzi del “Nino Navarra” – Fino ad impormi l’assunzione di un nipote di un boss, con stipendio e mansioni decise da loro”. Quella di Marsicano è una storia terribile, di soprusi, di arroganza, di umiliazioni continue: “Mi hanno tolto la dignità, non ero più un uomo, un padre, un marito, non ero più proprietario della mia pasticceria.”

Per natale erano d’obbligo le ceste per amici e familiari di latitanti, tutto ovviamente gratis. Ma sono arrivati anche a fare di più: “Non si sono fermati neanche quando mio padre era in punto di morte e mi sono sentito dire “a noi non importa, ci devi pagare”. Ho avuto paura, tanta, ma grazie agli uomini e alle donne dello Stato ho trovato la forza di reagire e di riappropriarmi della mia libertà. Oggi mi tutelano, certo, ma la cosa fondamentale è aver ritrovato serenità.” Per anni ha pagato il pizzo, ha subito aggressioni, gli hanno puntato una pistola, ma adesso, da uomo libero, si è affidato allo Stato.

Oggi Marsicano ha aperto anche una pasticceria a Londra, ma non riesce a stare lontano dalla sua terra e dalla sua famiglia: “Ho deciso di tornare a Palermo, perché voglio lavorare e vivere qui, nella mia terra. Torno per mio padre, che prima di me ha subito la violenza della mafia, ma soprattutto per mio figlio”.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.