Virga colpevole, Mazzara no

Delitto Rostagno: in appello riformata la sentenza di primo grado, c’è il mandante ma non il killer

Colpevole! Anche la Corte di Assise di Appello di Palermo ha ritenuto Cosa nostra colpevole del delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno. Ergastolo confermato quindi per Vincenzo Virga, il  capo del mandamento di Cosa nostra trapanese. Assolto per non aver commesso il fatto il valdericino Vito Mazzara, che resta in carcere a scontare altri ergastoli, riconosciuto per altri omicidi come il  killer di fiducia del capo mafia latitante Matteo Messina Denaro. Rostagno fu ucciso nelle campagne trapanesi di contrada Lenzi il 26 settembre del 1988 e a quasi 30 anni dall’omicidio esce confermata la pista investigativa che porta come mandanti del delitto la cupola mafiosa di Trapani. La sentenza di primo grado risale al maggio 2015 sancita da una quasi monumentale documentazione di oltre 3 mila pagine, che ricostruì gli affari mafiosi nati dall’intreccio tra mafia, politica, massoneria ed imprese. Se i giudici di primo grado hanno ritenuto sufficiente la perizia del Dna per inchiodare il killer, grazie a quelle “impronte” genetiche trovate sui resti del fucile a canne mozze rinvenuti per terra sul luogo del delitto, la canna di legno si ruppe al momento dell’esplosione dei primi colpi, per quelli di appello la prova non è stata ritenuta adeguata per giungere ad un pronunciamento di colpevolezza per Mazzara. Per capirne di più bisognerà attendere il deposito delle motivazioni. Ma nel processo ci sono le parole, i racconti che i giudici di primo grado raccolsero durante il dibattimento, interamente riversati nel giudizio di appello e utilizzate dai pg Gozzo e Di Giglio per chiedere la conferma degli ergastoli per i due imputati. Vincenzo Sinacori ha raccontato l’irritazione del padrino Ciccio Messina Denaro nei confronti di Rostagno: “Mafia, mafia e sempre sta mafia!”. Così don Ciccio affidò a Vincenzo Virga di fare eseguire la condanna a morte del giornalista. I mafiosi provavano per così dire “mal di stomaco “ogni giorno che Rostagno dagli schermi della tv dove lavorava, Rtc, leggeva i suoi editoriali: “ …perché era uno che tutti i giorni macinava a RTC … sempre contro… sempre… Cosa Nostra. Sempre: Mafia, mafia, mafia” e il motivo è questo…tutti ci lamentavamo di Rostagno, tutta la provincia di Trapani si lamentava di Rostagno”.

Rostagno fu ucciso mentre si apprestava a raccontare in tv gli affari di mafia e massoneria. Cosa nostra evitò con la sua morte un corto circuito che avrebbe potuto renderla finalmente violabile.  La mafia intuì tutto questo raccontò il pentito Angelo Siino, agì, uccise e cercò di depistare. Siino ha raccontato del padrino di Mazara Mariano Agate che immediatamente dopo l’omicidio mise in giro la voce che quel delitto era una questione di “corna”. Agate lo stesso padrino che da un’aula di tribunale aveva mandato a dire a Rostagno “di finirla con il raccontare minchiate”.  La mafia doveva difendersi da Rostagno che ogni giorno guadagnava sempre maggiore credibilità in una opinione pubblica che la mafia stava perdendo al suo controllo. Rostagno doveva essere ucciso per le certezze raccolte sulla influenzante e pressante presenza della massoneria negli affari illeciti trapanesi e che addirittura era stato il gran maestro della P2 Licio Gelli a sancire, venendo a Trapani in quegli anni ’80, il patto scellerato con Cosa nostra.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.