“Una mafia per niente assopita”. Cosa ci dicono le ultime relazioni della DIA

“Una mafia sempre più attiva che penetra il tessuto economico legale del territorio. L’edilizia resta il settore più redditizio”

In questi anni sono state tante le operazioni antimafia nel trapanese, il territorio del super latitante Matteo Messina Denaro. Il fantasma. Noto anche come “lu siccu”. Colui che tutto muove e che tutto manovra.

Le relazioni della DIA degli ultimi anni ci mostrano una mafia, in particolare tra Alcamo e Castellammare del Golfo, ancora verticistica che s’infiltra nei tessuti sani del territorio. Una mafia che attinge a piene mani dal tessuto economico avvelenando e schiacciando gli imprenditori.

In tutta la provincia, così come per la mafia palermitana, è rimasto inalterato il modello organizzativo verticistico, le 17 famiglie mafiose che formano i 4 mandamenti trapanesi però sono forti della leadership di “lu siccu”. Una mafia che nel tempo ha delineato e consolidato legami con ambienti della società civile, della borghesia, dell’imprenditoria, della massoneria e della politica locale.

Le numerose operazioni antimafia degli ultimi due anni ci hanno mostrato come i mandamenti mafiosi, apparentemente assopiti, siano in realtà attivissimi.

Lo dimostrano i sequestri e le confische milionari che hanno interessato imprenditori insospettabili, prestanome e familiari. Ancora una volta il settore più redditizio e più a rischio infiltrazione è quello edilizio.

È quello che per esempio ci dice l’operazione antimafia “Cemento del golfo”  che ha fatto luce tra Castellammare del Golfo e Alcamo sulle modalità di infiltrazione nel sistema dei sub appalti, delle forniture e della produzione e distribuzione degli inerti nel ramo dell’edilizia, pubblica e privata. Tra i destinatari delle ordinanze, oltre al boss castellammarese Mariano Saracino, figura anche un imprenditore, Vincenzo Artale, che avrebbe sfruttato la sua adesione ad un’associazione antiracket di Alcamo per agevolare la famiglia mafiosa locale.

Tra le tante confische si segnala anche quella eseguita dalla D.I.A. di Trapani nel mese di aprile 2016, nei confronti di un soggetto facente parte di cosa nostra e in rapporti con le organizzazioni criminali dei Casalesi e della ‘ndrangheta, attivo nel commercio di prodotti ortofrutticoli. Una rete, come dimostrato dalle ultimi indagini, che varca anche il confine nazionale. Ancora attivi sono, per esempio, i collegamenti tra la mafia siciliana e quella americana.

La centralità del superlatitante nella gestione degli affari illeciti nei vari contesti della provincia è stata ulteriormente avvalorata da alcune significative attività investigative, tra queste, le operazione “Emers”, “Ermes II”, “Ebano” e molte altre. Quest’ultima operazione ha documentato ancora una volta l’infiltrazione della mafia di Castelvetrano nel redditizio settore dei lavori pubblici. L’indagine ha dimostrato come, attraverso l’approvvigionamento di fondi, la compiacenza di funzionari comunali e il reinvestimento di capitali, la famiglia mafiosa controllava l’attività economia del territorio.

Insieme alle infiltrazioni nelle commesse pubbliche, le estorsioni, spesso anticipate da atti intimidatori in danno di imprenditori e commercianti, costituiscono ancora il sistema più immediato e diretto per far fronte alle esigenze di “liquidità” dell’organizzazione. Anche per far fronte alle “rette” per i carcerati e per le famiglie dei carcerati. In diverse intercettazioni si parla di soldi raccolti per carcerati, anche tra Alcamo e Castellammare del Golfo.

Ma gli uomini della DIA hanno evidenziato pure la presenza in provincia del fenomeno dell’usura che continua ad essere “appannaggio” di soggetti non direttamente collegati alla criminalità organizzata.

In particolare l’ultima relazione della DIA, quella relativa al primo semestre del 2017 (gennaio-giugno) sottolinea  le conclusioni dell’attività ispettiva sul Comune di Castelvetrano, disposta nel mese di marzo, in cui il Ministro dell’Interno ha proposto l’adozione del provvedimento di scioglimento “in considerazione degli accertati, univoci e rilevanti collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata”.

Tra le evidenze raccolte circa il condizionamento esercitato sul Comune dalla mafia, vale la pena di segnalare, “in primo luogo, – si legge nella relazione – quelle richiamate dallo stesso Ministro ed emerse a seguito del sequestro patrimoniale eseguito nel mese di febbraio dalla D.I.A. di Trapani. L’attività di cui trattasi ha riguardato aziende, beni mobili e immobili per un valore complessivo di 5,2 milioni di euro, nella disponibilità di un consigliere comunale e di un suo stretto parente, indiziati di essere soggetti “vicini” al più volte citato latitante di Castelvetrano. La proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno richiama, ancora, sia fatti che denunciano accordi nella fase preelettorale, sia circostanze connesse all’affidamento di appalti pubblici una volta vinte le elezioni. Nel primo caso, viene evidenziato che “lo stesso boss locale ha riferito che in vista delle consultazioni amministrative di maggio 2012 il candidato sindaco poi effettivamente eletto ed il sopra richiamato consigliere comunale si sono a lui rivolti per ottenere voti in favore del primo.” Nel secondo caso, e più precisamente “in ordine alle modalità con cui l’amministrazione ha proceduto all’assegnazione di lavori, servizi e forniture, gli accertamenti esperiti hanno posto in rilievo che in circa l’80% dei casi è stato fatto ricorso a procedure di affidamento diretto, alcune delle quali si sono concluse in favore di ditte controindicate. Una specifica attenzione – sottolineano gli uomini della DIA – è stata dedicata in sede ispettiva ai settori dell’urbanistica e dell’edilizia, in cui sono state rilevate gravi anomalie ed irregolarità e che – al pari dei lavori pubblici – costituiscono un tradizionale polo di attrazione per gli interessi economici delle organizzazioni criminali”.

Importante anche l’operazione “Freezer” che ha colpito la famiglia mafiosa di Alcamo nel febbraio del 2016. L’ indagine testimonia che si tratta di una famiglia mafiosa dura a morire e che resiste nonostante gli arresti e i sequestri. Sono state messe in luce, quindi, una serie di estorsioni a carico di imprenditori locali, nonché il tentativo di infiltrazione di cosa nostra nel libero svolgimento delle elezioni amministrative di Alcamo nel 2012 e anche nelle ultime, quelle del giugno del 2016. Ancora una volta la politica risulta “attraente” per i mafiosi locali.

Significativa anche l’operazione “Visir” che ha ancora una volta fatto emergere i ruoli gerarchici del mandamento mafioso locale e potenza di fuoco ancora viva e pronta ed essere usato all’occorrenza.

Una mafia ancora forte. Che gode di importanti agganci nei settori che contano. Ruoli apicali emersi dalle tante indagini condotte da Polizia di Stato e Carabinieri. Indagini che continuano e non si fermano. La caccia al super latitante Matteo Messina Denaro continua.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.