Trapani, realtà apparente e realtà nascosta

L’elettorato non si è indignato ed è andato alle urne con due candidati azzoppati dai pm e altri tre in corsa senza ombre, adesso c’è chi dà fuoco alle polveri e vuole annullare il voto, sarebbe riconoscimento ai rais, non un favore reso ai cittadini

Ancora poche ore e la matassa elettorale a Trapani si sbroglierà in parte. In mattinata infatti scadono le 24 ore fissate per raccogliere l’accettazione alla partecipazione del ballottaggio del 25 giugno da parte dei due candidati arrivati all’ultima fase finale di questa burrascosa competizione elettorale. Si saprà ufficialmente della loro volontà a partecipare al ballottaggio. Occhi e orecchie rivolti sopratutto su Girolamo Fazio, al quale da ieri il titolo di onorevole è solo onorifico, essendosi dimesso dal Parlamento regionale, come aveva preannunciato nel martedì di passione quando ha anche detto di ritirarsi, solo politicamente, dalla corsa elettorale amministrativa per la poltrona di sindaco di Trapani, consegnando un ipotetico vantaggio al suo concorrente Piero Savona, le cui parole, subito pronunciate, dure e severe contro l’avversario, hanno sgomberato il campo da qualsivoglia ombra di inciucio. Ma a parte gli accadimenti crediamo che qualcosa la si possa e la si deve dire. Ciò che succede a Trapani da martedì pomeriggio è cosa nota. E cercheremo di riflettere, lo diciamo subito, con una precisa convinzione provata dalla storia della città. Trapani è una città dove spesso tutto è fuorché ciò che appare. Non abbiamo dubbi che la campagna elettorale ha nascosto ai cittadini tante cose, sopratutto ciò che si è mosso dietro le candidature più rilevanti, quelle dell’ex sottosegretario all’Interno , il senatore forzista Antonio D’Alì e il suo ex enfant prodige, Girolamo Fazio. D’Alì si è candidato inscenando sul palcoscenico di un albergo cittadino l’ovazione della platea che gli ha chiesto di candidarsi. E lui non ha potuto dir di no. Quasi costretto da quella platea e non altro. Dietro le quinte D’Alì però avrebbe fatto la corte al “dem” Savona, già in pista da un anno, ma ha solo ottenuto un rifiuto e Savona è stato , indi, “tradito” dall’arch. Mario Buscaino, armi e bagagli passato col senatore. Fazio invece si è presentato come colui il quale sarebbe stato l’unico capace a rimettere in sesto la città, pronto al sacrificio, così ha presentato la sua discesa in campo.  La misura cautelare che l’ha colpito il 19 maggio ha svelato però che la sua candidatura sarebbe nata non tra i cittadini, anche loro, come quelli di D’Ali’ a comando della claque, ma da un accordo nelle stanze del potere, con l’Udc dell’onorevole Mimmo Turano, accordo “voluto” dall’armatore Ettore Morace. Le voci intercettate , la telefonata tra Fazio e sua moglie, ha confermato la circostanza (“ho saputo che ti sei fidanzato con Turano” dice la moglie al marito che ha risposto dandole ragione). Si dice che anche Fazio avrebbe cercato di corteggiare Savona, anche qui Savona ha opposto un rifiuto. Savona senza muovere un dito si è ritrovato richiamato dai due fronti opposti, o per fare battaglia contro Fazio, dal versante di D’Alì, o per fare guerra a D’Alì, dal versante di Fazio. Come è finita, almeno lì è cosa certa , si sa, Piero Savona si è candidato col Pd, portandosi appresso ampi pezzi di centro e della sinistra anche estrema e il patto con l’on. Paolo Ruggirello, convincendo i suoi a turarsi il naso e andare avanti. In campo anche i pentastellati, con Marcello Maltese, e la lista vicina a Ingroia, con Giuseppe Marascia. Savona può avere saputo qualcosa su quello che sarebbe accaduto? A proposito delle disgrazie dei due, dati subito per concorrenti vincenti, cioè D’Ali’ e Fazio ? No, conosceva già bene i suoi avversari. Ha rifiutato il loro corteggiamento, pensiamo, ben conoscendo  l’ambito politico e di clientele “pericolose” dei due. Presto perciò ha avuto ragione, ma con lui bisogna dirlo anche gli altri due candidati, Maltese e Marascia, diffidenti quanto meno in modo più politico rispetto ai principali competitori. Dal 19 maggio in poi l’esplosione delle indagini contro D’Alì e Fazio ha suscitato in loro momenti di “sospensione”, D’Alì se ne è volato a Roma, quasi a volere continuare da lì la campagna elettorale,  Fazio ai domiciliari pare a contare solo i giorni che mancavano alla fine politica. Nel suo gruppo addirittura ventilava già la possibilità che alle urne sarebbero andati a votare per i 5 Stelle. Ma poi qualcosa deve essere accaduto. D’Alì è tornato in campo, più gasato che mai, Fazio fuori dai domiciliari si è rituffato nella campagna elettorale con un entusiasmo che mai è sembrato essere di quello di chi , come poi ha detto, voleva solo consentire ai suoi candidati di fare la loro campagna elettorale. I due hanno ricevuto garanzie? Forse. Può essere. Per D’Alì probabilmente la garanzia che l’impegno elettorale avrebbe avuto come contropartita la ricandidatura alle nazionali. Su Fazio non ci pronunciamo, ma una idea ce l’abbiamo. Per tutti e due insomma un “paracadute” a testa a disposizione. Andiamo avanti e scorriamo il nastro fino alla notte dell’11 giugno. A risultato acquisito Fazio non ha parlato offrendo equivoci. Ho vinto, voglio ancora vincere e governare la città che amo troppo. Dimissioni in caso di rinvio a giudizio? Risposta netta…se non si dimette la Raggi perché dovrei farlo io.  Parole pronunciate domenica notte e nella giornata di lunedì. Fazio però martedì ha cambiato idea, presentandosi commosso, addolorato e con la lacrima facile. C’entra qualcosa il ricorso della Procura contro la sua scarcerazione? Lui dice di no, ma il ricorso è entrato dentro la campagna elettorale del secondo turno con intensità pari quasi a quella che ebbe l’ordinanza del 19 maggio che lo ha portato ai domiciliari e poi al divieto di dimora a Palermo per corruzione. E se fino a questo momento possiamo parlare di una descrizione dei fatti quasi coincidente con la realtà, da questo momento in poi qualcosa sparisce nella nebbia, nell’area grigia e pesante delle cose serie cittadine. Fazio dice che si ritira ma non formalmente, per non aprire, ha spiegato, le porte del ballottaggio al suo ex mentore D’Alì, ha dichiarato non fatemi più campagna elettorale ma ha messo in conto che può essere eletto, ha risposto che nel caso si dimetterà, ma tutto questo è in contrasto con l’amore e la tutela espresse per i suoi candidati. Se eletto sindaco e si dimette, tutti i consiglieri dovranno smobilitare senza nemmeno aver tempo di insediarsi. E quindi la tutela che fine ha fatto? Ieri lui si è dimesso dall’Ars, che sostanzialmente è l’unico atto che lo dovrebbe liberare dal pericolo di inquinamento delle prove e reiterazione del reato che reggono l’ultimo residuo della misura cautelare del divieto di dimora a Palermo. Si è pensato. Ha voluto fare il primo turno e dimostrare quanto i trapanesi lo hanno a cuore e quindi così può liberarsi il groppone dal secondo turno. Ma per fortuna ancora non si diventa Santi dopo una campagna elettorale. E allora il consenso che è stato incassato a cosa può essere finalizzato. Il politico lo conosciamo bene e non escludiamo che sia solo una sorta di vanto, l’ego preminente. D’Alì dal canto suo finite le elezioni se ne è andato a Roma, apparentemente distante da Trapani, dove ha smobilitato l’elegante comitato elettorale di viale Regina Margherita, ma alla buvette di Palazzo Madama incontra altri senatori e parla di Trapani. O almeno ascolta soltanto. Non è uno scandalo che tra i suoi interlocutori possa esserci stato il senatore pentastellato Vincenzo Maurizio Santangelo. Si dice che sia rimasto affascinato dall’ipotesi di lavorare per fare saltare il ballottaggio. Ma non ci ha messo mano e lascia che siano altri a farlo. Ma perché questo avvenga dovrebbero esserci le rinunce dei candidati, prima quella di Fazio, a seguire quella di D’Alì, poi Maltese e infine Marascia. Solo i 5 Stelle garantiscono che questo avverrà per la loro parte. Per Fazio bisogna solo aspettare le prossime ore. E se tutti e tre rinunciassero, Savona, che non è proprio di questa idea, dovrebbe affrontare da solo e unico candidato il voto del 25 giugno con il pericolo del doppio quorum, quello dei votanti e quello dei consensi, da affrontare. Marascia però ha scritto su Facebook un post e ha chiuso la porta a questa eventualità. E’ dentro questo scenario che avvertiamo la sensazione che tutto quello che appare non è la realtà dei fatti. I 5 Stelle sembrano in buona fede, inseguono il sogno di destabilizzare il quadro politico, e la cosa ci sta. Può non piacere ma è la strategia dei grillini. Li vorremmo magari più attenti a guardare certe trappole ma almeno loro si muovono nascondendo poco circa le loro intenzioni. E gli altri due, Fazio e D’Ali. C’è vero disinteresse? Fazio forse oltre al pericolo giudiziario può avere avvertito un possibile crollo di consensi tanto da mettere in forse il fatto di riuscire a doppiare la vittoria? E quindi ha scatenato il putiferio certo che i 5 Stelle avrebbero fatto da sponda? O c’è altro? Savona di colpo è diventato scomodo o pericoloso per qualcosa, e quindi bisogna afflosciarlo? Mettendo su la sceneggiata, da una parte c’è chi scappa e dall’altra parte c’è chi piange ma non sul latte versato. I 5 Stelle hanno invitato Savona a un gesto di responsabilità perché, hanno sostenuto, queste non sono più elezioni normali. Ma elezioni anomale lo sono state dall’inizio con due dei cinque candidati che si sono incaponiti pure dinanzi alle notifiche giudiziarie. E non ci sembra che poi alla fine su questo si è fatto gran casotto. Fazio e D’Alì hanno cercato probabilmente l’elezione a primo turno e Fazio lo ha anche detto, contestando che l’obiettivo non è stato raggiunto a causa del suo arresto, “arresto di un innocente, non sono un corrotto” ha ripetuto anche nella scena finale di martedì scorso. Obiettivo non raggiunto e quindi…muoia Sansone e tutti i filistei? Mai crederci fino in fondo, Fazio potrebbe recitare, ritiro fittizio per indurre alla tentazione Savona nell’allentare la campagna elettorale? Scenario non incredibile. Diciamolo (e ci scuserà per l’intercalare La Russa) a Trapani sebbene in questi giorni non c’è stato gran vento, soffia una brutta aria, un vento che porta burrasca, lo abbiamo già scritto e per fortuna non da soli da apparire dei visionari, questo è un territorio tornato a essere presidiato dalla mafia e si sa se la mafia vede in pericolo i suoi affari la reazione solitamente non è tenera. La commissione nazionale antimafia ha programmato per metà luglio il suo ritorno a Trapani, probabilmente è tempo che la missione venga anticipata, qualche commissario antimafia forse è utile che venga in avan scoperta e parli col prefetto, per capire quello che si sta muovendo nei sotterranei della politica. Magari convochi anche Fazio e D’Ali e chissà non venga fuori la ragione del loro divorzio. Se lo Stato si dimostra lontano da Trapani, la mafia potrebbe decidere di passare all’assalto. I cittadini oggi per difendersi hanno solo il voto, e allora che si vada a votare regolarmente il 25 giugno. Lavorare per non far votare o far saltare ogni cosa, significa riconoscere che senza i due pezzi da 90 perfettamente in campo, D’Alì e Fazio, uno bocciato l’altro con la giustizia addosso le elezioni non contano nulla. Si vada al ballottaggio, Trapani scelga tra Fazio e Savona. Noi tifiamo per Trapani perché sia capace una volta e per tutte di chiudere con  l’era dei rais, tanti ne abbiamo visto in giro , vorremmo una città in grado di mettere fine all’epoca delle apparenze e del gioco delle parti.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.