Il cerchio si stringe intorno a Matteo Messina Denaro. I dettagli dell’operazione “Visir” 

TRAPANI. L’operazione di questa mattina nei comuni di Marsala e Mazara del Vallo, denominata “Visir”, nome di fantasia che non ha alcun tipo di legame con località o attività commerciali, da parte dei Carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di Trapani ha permesso stringere ulteriormente il cerchio intorno al latitante Matteo Messina Denaro. L’operazione ha dato esecuzione ad un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, diretta dal dott. Francesco Lo Voi, nei confronti di 14 persone indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione illegale di armi e munizionamento, con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose. (GUARDA IL VIDEO).

Il provvedimento costituisce un’ulteriore fase dell’articolata manovra investigativa sviluppata dal ROS, con il coordinamento della Procura di Palermo, per la cattura del latitante Matteo Messina Denaro, mediante il progressivo depotenziamento dei circuiti di riferimento e delle risorse economiche a sostegno del latitante sempre meno invisibile e sempre più presente nel territorio trapanese. Tutt’altro che morto o fuggito all’estero.

Al centro dell’odierna indagine il mandamento di Mazara del Vallo e la sua articolazione territoriale rappresentata dalla famiglia mafiosa di Marsala, capeggiata dall’uomo d’onore Rallo Vito Vincenzo ed operante secondo le espresse direttive del latitante Matteo Messina Denaro. (GUARDA IL VIDEO)

Le indagini sull’aggregato mafioso marsalese, dirette dai Sostituti Procuratori dott. Carlo Marzella, dott. Pierluigi Padova e dott. Gianluca De Leo, hanno permesso di individuare gli assetti di vertice ed i delitti perpetrati dalla famiglia lilibetana, fornendo importanti elementi sulle relazioni criminali tra le province di Trapani e Palermo.

Le indagini sul Mandamento di Mazara Del Vallo e sulla famiglia di Marsala.

Nell’ambito della manovra investigativa sviluppata dai Carabinieri del R.O.S. per la ricerca e la cattura del latitante Matteo Messina Denaro, nel maggio del 2011, è stata avviata un’attività investigativa sul mandamento di Mazara del Vallo, storica roccaforte ed influente realtà di cosa nostra trapanese.

Tale aggregato mafioso, secondo le risultanze indagine “Visir”, continuava a rappresentare una entità strategica nelle dinamiche criminali tanto da costringere l’indiscusso capo di cosa nostra, Matteo Messina Denaro, a diretti pronunciamenti. Era proprio il latitante, secondo quanto acquisito dalle intercettazioni, ad impartire direttive volte al mantenimento degli equilibri mafiosi interni ad una delle più importanti articolazioni territoriali del predetto mandamento, ossia la famiglia mafiosa di Marsala.

L’aggregato criminale lilibetano, capeggiato da RALLO Vito Vincenzo e caratterizzato da pericolose conflittualità interne tra gli affiliati, veniva sostanzialmente “pacificato” dall’intervento del latitante. Nel gennaio del 2015 Matteo Messina Denaro, attraverso gli ordini comunicati ai sodali da Sfraga Nicolò (capo decina marsalese e luogotenente di Rallo) e rivelando di fatto la propria presenza nell’area trapanese, minacciava di essere pronto a risolvere “manu militari” eventuali inosservanze ed inadempienze dei locali “uomini d’onore.

Le attività d’intercettazione (ambientali, telefoniche e veicolari) svolte, supportate dai servizi di video – sorveglianza e dinamici, consentivano, infatti, di individuare con precisione ruoli, gerarchie, dialettiche e controversie della famiglia mafiosa marsalese, nonché di documentarne le relazioni mandamentali e ultra provinciali,dato questo ultimo particolarmente significativo in quanto indicativo della solidità di cosa nostra, intesa come associazione mafiosa a carattere unitario e regionale.

Le indagini, attraverso uno stretto monitoraggio di alcuni affiliati di quella che può essere definita a tutti gli effetti come la “decina” di Petrosino-Strasatti (segnatamente Lombardo Michele, D’Aguanno Vincenzo ed il figlio D’Aguanno Alessandro).

La “Decina” Di Petrosino-Strasatti

Gli elementi raccolti e le dinamiche documentate consentivano quindi di individuare un primo aggregato criminale complessivamente inquadrabile come “decina” di Petrosino-Strasatti, facente capo alla famiglia di Marsala e composto a sua volta da due sottogruppi di affiliati riferibili: l’uno a Sfraga Nicolò, vero e proprio luogotenente imposto dal capo famiglia marsalese Rallo Vito Vincenzo, che annoverava tra le proprie fila Centonze Domenico, D’antoni Calogero, Gentile Giuseppe Giovanni e Licari Simone;  l’altro a D’aguanno Vincenzo che, sostenuto da Lombardo Michele, D’Agunno Alessandro e Alagna Andrea Antonino, seppur sempre sottoposto agli ordini del predetto Rallo, mal sopportava le autoritarie ingerenze di Sfraga Nicolò nell’imposizione di quella che veniva ritenuta un’iniqua spartizione delle risorse economiche del territorio di competenza.

La conflittualità tra i citati schieramenti generava singolari criticità negli assetti associativi, cagionando innumerevoli interlocuzioni tra gli indagati che consentivo progressivamente di delineare la struttura dell’associazione criminale marsalese al cui vertice figurava Rallo Vito Vincenzo, che si avvaleva, per esercitare le proprie funzioni, principalmente dell’ausilio del nipote Rallo Aleandro, nonché del fattivo contributo di Giglio Massimo Salvatore e di Giacalone Michele.

Le intercettazioni hanno permesso agli inquirenti di monitorare i dissidi interni delle due fazioni e i momenti di forte tensione sfociati quasi in uno scontro violento. A fare da “pacificatore” e a scongiurare una “faida” interna Matteo Messina Denaro in persona.

Proprio in tale ambito sono stati acquisiti risultanze di assoluto rilievo sull’attuale presenza nel territorio trapanese del latitante Matteo Messina Denaro, che nei primi mesi del 2015, secondo quanto affermato da Sfraga Nicolò, impartiva ordini per il rispetto delle gerarchie interne alla famiglia di Marsala, nonché per il mantenimento degli equilibri mafiosi dell’area.

Importanti in tale senso le conversazioni intercettate che facevano inoltre emergere lo svolgimento di veri e propri summit  volti, tra l’altro, a dirimere le insorgenti conflittualità tra gli affiliati, per garantire il mantenimento di un sostanziale status quo dell’organizzazione criminale.

Secondo il racconto di Sfraga, le tensioni all’interno ella famiglia mafiosa erano state lette dal latitante, in quel momento rifugiatosi nell’area trapanese, come un ulteriore possibile minaccia per l’intera associazione, già gravemente colpita da indagini che avevano portato all’arresto di esponenti della famiglia di Castelvetrano, quali Messina Denaro Anna Patrizia, Guttadauro Francesco e Bellomo Girolamo (arrestati nelle operazioni EDEN I e II), nell’ordine sorella e nipoti del latitante.

Secondo Sfraga, il ricercato, seppur pronto a risolvere “manu militari” le nominate controversie mediante l’eliminazione fisica dei presunti responsabili delle criticità, era stato ricondotto a “congelare” i dissidi interni per non tornare a insanguinare la provincia trapanese.

I profili Economico-Imprenditoriali delle attività d’indagine

La scelta dell’obiettivo investigativo, sin dalle prime fasi dell’attività, ha permesso di documentare sia l’appartenenza all’associazione mafiosa che il peculiare dinamismo economico dell’imprenditore edile mazarese Vinci Fabrizio, anche lui tra i 14 arrestati. Quest’ultimo con il “lascia passare” della mafia locale ha avviato svariate iniziative economiche volte all’acquisizione di una posizione di sostanziale predominio nel mercato delle forniture di conglomerati cementizi nell’area marsalese (in particolare con l’acquisizione della FOR.EDIL. ed il controllo della Calcestruzzi Romano).

Con una nota interviene anche l’associazione “Libero Futuro” sull’operazione di questa mattina: “Oggi a Marsala Cosa Nostra ha subito l’ennesimo duro colpo da parte delle Forze dell’ordine e della DDA di Palermo. L’indagine che porta fino a Messina Denaro è scaturita anche dalla denuncia che il presidente dell’associazione antiracket di Partinico Francesco Billeci fece nel lontano 2014 accompagnato alla Squadra Mobile di Trapani da Enrico Colajanni di Libero FUTURO. Ci sembrava che si fossero perse le tracce di quella denuncia – spiega Billeci – ma adesso capiamo che c’era un’indagine più importante che ha richiesto ai Carabinieri tempi lunghi per definirsi.
Ci auguriamo che il numero degli imprenditori disposti a denunciare aumenti anche in provincia di Trapani – sottolinea invece Nicola Clemenza di Libero FUTURO Castelvetrano – perché noi siamo pronti a consigliarli ed assisterli. Non bastano le operazioni pur efficaci delle Forze dell’Ordine per sradicare il cancro mafioso. Ci vuole, anche, una rivolta sociale collettiva e soprattutto servono le denunce pronte e convinte dei tanti imprenditori che ancora subiscono in silenzio le imposizioni dalle cosche”.

In merito a tali arresti anche il sindaco di Petrosino, Gaspare Giacalone, in una nota dichiara: “È sconcertante quanto è emerso dalla conferenza stampa dei carabinieri sugli arresti di oggi. Davano rifugio a Matteo Messina Denaro ed eseguivano i suoi ordini. Stavano preparando degli omicidi e gestivano pure i lavori pubblici.  Chiedevano soldi alle imprese e sapevano essere feroci. Si scopre che erano riusciti ad estorcere un’impresa che eseguiva lavori pubblici per una Piazza a Marsala. Quante occasioni e quante opportunità hanno tolto a questa terra. Ai giovani e alla gente onesta, alle imprese e alle istituzioni. Mi rendo sempre più conto – sottolinea il Sindaco Giacalone – che abbiamo intrapreso la strada giusta. È gravissimo affermare  che la mafia non esiste e che devono pensarci solo le forze dell’ordine e la magistratura. Noi politici e amministratori locali dobbiamo fare la nostra parte, dare messaggi chiari e tenere gli occhi aperti.  L’unico modo per creare seriamente sviluppo e lavoro è dire NO ALLA MAFIA”.

Le foto degli arrestati:

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.