PokemonGo: pregi e difetti di un fenomeno sociale

Pokemon Alcamo 3Il fenomeno del momento, soprattutto per i più giovani, è PokemonGo. Quest’applicazione che sfrutta la realtà aumentata, le coordinate Gps, la passione per degli animaletti fantastici nati negli anni ’90, per “attirare” giocatori in tutto il mondo è spopolata sin dal suo arrivo in commercio.
Mentre cominciano a sorgere i primi pareri negativi, di genitori ed esperti preoccupati, c’è chi ha cominciato a studiare con attenzione questo fenomeno travolgente che sembra aver preso anche tanti meno giovani e soprattutto moltissimi curiosi.

Volendo fare una panoramica a tutto tondo del gioco e delle sue conseguenze, infatti, non sono solo gli aspetti negativi a prevalere ma anche qualche margine di positività pare essere insita in questo fenomeno e più in generale nelle basi su cui poggia.

Realtà virtuale, dunque, qualcosa che coniuga una parte del vero con qualcosa che non esiste affatto, si sfrutta la tecnologia per rendere potenziale anche la visione di mostri palesemente irreali, il rischio che si corre è che questo inseguimento di qualcosa che non esiste si trasformi in un isolamento sociale e nel perseguimento di scopi fittizi. D’altra parte è stato studiato anche il potentissimo effetto della realtà virtuale in patologie come la depressione. Andare per obiettivi, raggiungerli in maniera tutto sommato semplice, e porne altri può migliorare l’umore, purchè non diventi unica ragione di vita, ma può avere una sua valenza terapeutica se coniugata ad altri fattori. La forza del gioco sta, infatti, nel far giocare gli utenti attraverso la competizione, dove ti confronti con l’altro e dove più ti alleni più migliori e scali le classifiche.

Il confronto con l’altro, appunto, la connessione con località del mondo reale e il bisogno di muoversi da un luogo ad un altro per ottenere personaggi e punteggi sono altri aspetti ambivalenti, ovvero con una duplice valenza, da un lato possono rappresentare una fuga dalla realtà ma dall’altro sono una forte spinta a uscire di casa, anche per i più pigri appassionati di giochi che solitamente non si muovono dalla propria abitazione o ancor meglio dalla propria poltrona. In questo caso il gioco ha senso proprio, e solo se, c’è un reale spostamento dai luoghi soliti, e la ricerca di altri personaggi spinge agli spostamenti, muovendo anche chi solitamente tende ad isolarsi per giocare. Anche le “palestre” dove avvengono le sfide presuppongo la presenza contemporanea in un luogo altro dalla propria casa per competere. Presenza e vicinanza con altri giocatori che diventa proprio un fattore di coesione, benchè non possa essere considerato sufficiente alla socializzazione.

Demonizzare, ancora una volta, a poco serve se non a porre ulteriori distanze da chi trova in queste modalità, talvolta, una ragione per fare qualcosa di diverso. Comprendere, o accostarsi ai fenomeni può invece rivelarsi utile a trovare terreni altri per dialogare, per entrare nel mondo di quei ragazzi talvolta considerati più difficili, meno accessibili. Per qualcuno, poi, comincia e finisce come un semplice gioco/passatempo e come tale (non) va trattato.

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Simona De Simone
Simona De Simone, psicologa e psicoterapeuta. Divoratrice instancabile di libri e del buon cibo. Appassionata di scrittura e mamma di Alqamah sin dal principio.