Processo per il delitto Rostagno, depositate le ragioni della sentenza che ha condannato all’ergastolo i mafiosi Vincenzo Virga e Vito Mazzara.
La Corte di Assise di Trapani, presidente Pellino, a latere Corso, ha depositato oggi, attorno alle 17, in cancelleria le motivazioni della sentenza pronunciata a metà maggio 2014 con la quale per il delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno sono stati condannati i due imputati alla sbarra, i conclamati mafiosi Vincenzo Virga, capo della cupola mafiosa di Trapani, come mandante, e Vito Mazzara super killer della famiglia mafiosa di Trapani, accusato di essere stato esecutore.
E’ stato un lavoro immane, ma con le motivazioni raccolte in poco più di 3 mila pagine, i giudici hanno chiuso il cerchio attorno alle responsabilità del delitto che risale al 26 settembre del 1988. Hanno impiegato 18 mesi per scrivere le motivazioni perchè il materiale processuale era parecchio e sopratutto perchè c’erano da scrivere le ragioni per le quali è stato chiesto l’avvio nei confronti di 15 persone di procedimenti per falsa testimonianza. In qualche caso oltre alla falsa testimonianza le ipotesi d’accusa rappresenterebbero veri e propri episodi di depistaggio. Tra i personaggi sui quali si è appuntata l’attenzione dei giudici, il maresciallo dei carabinieri Beniamino Cannas. Molte le riserve sui comportamenti tenuti dall’Arma nella gestione delle indagini che sono sempre arrivate a punti morti e come si ricorderà furono passate alla Squadra Mobile di Trapani nel momento in cui la Dda di Palermo pensava a formulare una richiesta di archiviazione. Gli investigatori della Mobile, all’epoca diretta dal vice questore Giuseppe Linares, fecero notare l’assenza di riscontri balistici, e quelli eseguiti portarono immediatamente al killer Vito Mazzara anche per le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Milazzo.
In Corte di Assise quella perizia balistica è stata ripetuta discussa, ma ha sempre tenuto agli attacchi delle difese degli imputati. Nella fase finale del processo la perizia del Dna. Sul luogo del delitto erano stati ritrovati pezzi appartenenti al fucile usato per uccidere Rostagno, su quei resti i periti della Corte di Assise hanno trovato non solo il Dna di Vito Mazzara ma anche tracce di un Dna che poteva appartenere solo a parenti dello stesso killer. Una doppia firma che unita alla firma lasciata sulle cartucce (abilmente sovraccaricate come da abitudine di Mazzara) ha condotto alla condanna all’ergastolo per il killer. Contro Virga anche le accuse di diversi collaboratori di giustizia.
Se fosse stato vivo imputato nel processo sarebbe stato anche il padrino della mafia belicina, don Ciccio Messina Denaro, che “passeggiando in mezzo ad un agrumento” in un terreno alla periferia di Castelvetrano diede l’ordine di uccidere a “chiddu ca varva bianca”. Rostagno ucciso per le sue continua denunce dagli shermi di Rtc, la tv privata di Trapani dove lavorava e che aveva conosciuto da quando a Trapani era arrivato per gestire la comunità di recupero di tossicodipendenti Saman. Ma nella sentenza si fa riferimento anche ad altre piste che perchè oggetto dell’interesse giornalistico di Rostagno hanno armato la mano dei killer mafiosi. La sentenza è certamente il racconto di anni cruciali della mafia trapanese che come hanno dimostrato gli stessi pm, Francesco Del Bene e Gaetano Paci, non solo durante la requisitori, non è stata e non è seconda alla mafia palermitana, anzi la mafia trapanese è più potente perchè ha gestito e forse non ha finito di gestire le casseforti di Cosa nostra e gli intrecci con la politica e altre entità, come i servizi segreti e la massoneria. Interessi sui quali Mauro Rostagno aveva posto grandissima attenzione. Interessi che oggi altre indagini dicono restare attuali.