“E’ severamente vietato pentirsi”. Retroscena dell’operazione “the witness”.

francesco_devita_boss_N-2L’ex capo della cosca di Marsala, Francesco De Vita, è stato obbligato dai familiari a interrompere la collaborazione con la giustizia. Il clan marsalese fa riferimento ad un “vice sindaco” , il nome è quello di Michele Milazzo

Intercettazione e filmati. Ma non solo. Anche le dichiarazioni dell’ex capo della cosca di Marsala, Francesco de Vita, arrestato nel 2009 dai carabinieri dopo nove anni di latitanza, sono state utili per scompaginare il vertice del clan marsalese che da qualche tempo si era riorganizzato grazie al ritorno in libertà dell’anziano boss Nino Bonafede di 78 anni.

Oggi nel corso dell’operazione denominata “The Witness” i carabinieri hanno arrestato oltre a Bonafede altre tre persone, due delle quali incensurate, Vincenzo Giappone e Sebastiano Angileri, pastore il primo fabbro il secondo, rispettivamente di 53 e 47 anni, nonché il pluripregiudicato Martino Pipitone di 65 anni. Erano loro a comporre il “comitato di gestione” della mafia marsalese. Incaricati di fare affari e far giungere “il malloppo” (così identificavano le somme di denaro introitate e destinate ad essere suddivise) alla cassaforte del mandamento mafioso di Mazara. Soldi destinati alle famiglie dei detenuti, prima fra tutti la famiglia dell’ergastolano Giacomo Amato, di fare da service a diversi malcapitati, anche importanti commercianti, soggetti a furti, commercianti che risultano avere loro pagato ingenti somme per rientrare in possesso della refurtiva, che si davano da fare per impedire che nuovi negozi potessero aprirsi a Marsala, così da impedire l’emergere di nuova concorrenza per gli esercenti in qualche modo “protetti”. E proprio in riferimento a quest’ultimo passaggio le intercettazioni hanno offerto uno spaccato clamoroso. Ci sarebbe stato un politico, un amministratore pubblico, in grado di agevolare la cosca perchè non venissero rilasciate le licenze commerciali “non gradite”. Anche autorizzazioni come quella relativa all’apertura di una palestra, una scuola di danza.

“Quella è una stronza e arrogante” hanno sentito dire i carabinieri che seguivano le intercettazioni a proposito della “concorrente” al titolare della palestra che amico del Giappone aveva preoccupazione dell’apertura di un’altra palestra, titolare tale Evelina Ferretti.

“Compà un’aggualata gliel’ho data…qui per il culo non mio deve prendere nessuno”. Questa ancora la voce di Giappone che fa capire di essersi recato presso un ufficio del Comune di Marsala.

“Stamattina – ancora la voce di Giappone – devo parlare con un altro…ti pare che mi fermo drocu”. E a questo punto l’interlocutore di Giappone gli chiede: “…compare mio senti ma con il vice sindaco…con Michele…ci hai parlato?”. “Compare no….magari se quello mi diceva mezza parola capce che mi avrei abbattuto contro di lui”. Il colloquio risale al settembre 2010. Il vice sindaco (annotano i carabinieri) sarebbe stato Michele Milazzo, vice sindaco per un periodo quando il sindaco di Marsala era Renzo Carini. Contro Michele Milazzo però non sono emersi ipotesi di reato e non è toccato in alcun modo dall’odierna indagine.

Si diceva delle indagini che per un certo periodo sono andate avanti con la collaborazione dell’ex capo mafia Francesco De Vita. Il boss ad un certo punto mise nero su bianco la sua decisione a ritrattare ogni sua dichiarazione. In carcere aveva ricevuto la visita dei figli, Leonardo ed Emanuele, che perentoriamente gli hanno ordinato di starsene zitto. “Che stai combinando? Ma tu ragioni più con la testa? Come cazzo sei combinato? Ma che dovevi fare? Ma stai scherzando? Ma tu ci pensavi a noialtri? Tu ti dovevi sacrificare per noialtri. E si fanno queste cose? Meglio farsi ammazzare… ”.

“Con quale coraggio l’hai fatto? …perché non lo facevi venti anni fa quando avevi tutti piccoli… se avevi intenzione di fare questa cosa… adesso tutti grandi, chi fidanzato, chi sposato… lasciamo ogni cosa per venircene appresso a te…tu devi fare una cosa, noi ti mandiamo l’avvocato e parli con l’avvocato… tu devi ritrattare papà… ritratta tutto quanto… se tu non ritratti tutto quanto ti scordi di noialtri …ti scordi di noialtri e della mamma…ma con quale coraggio hai raccontato le cose dei cristiani… ma con quale coraggio vuoi far rovinare i cristiani?”.

Nell’ordinanza c’è il capitolo di una serie di furti “risolti” per l’intervento del clan. Si tratta dei furti patiti dai fratelli Anselmi, specialisti in impiantistica, o ancora dall’imprenditore agricolo Roberto Caruso, si fa riferimento a “pizzo” perr 5 mila euro pagato dai titolari dell’hotel Palace di Marsala, la tentata estorsione al negozio Sport Shop, il progettato incendio dell’azienda di Salvatore Mangiapane. Le indagini hanno permesso di individuare coloro i quali sarebbero state le ramificazione del clan, tra questi c’era Baldassare Marino, detto “occhi caddusi” ammazzato nell’agosto del 2013.

Marino sarebbe stato un uomo d’onore, appartenenza che si ritiene è da attribuire a Carlo Loretta di Mazara del Vallo, condannato dal G.U.P. presso il Tribunale di Palermo alla pena della reclusione di anni 4 perché riconosciuto colpevole dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa ed estorsione, con sentenza divenuta irrevocabile il 17 maggio 2007; a Ignazio Lombardo , detto “capitano”, nipote di Antonino Bonafede, condannato dalla Corte di Appello di Palermo alla pena della reclusione di anni 12, in continuazione con quella inflitta con la condanna del 18 luglio 2005 della medesima Corte di Appello, perché riconosciuto colpevole dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti, con sentenza divenuta irrevocabile il 24 giugno 2008; e Michele Giacalone, imprenditore edile, arrestato il 12 ottobre del 2007 in relazione alla cattura dell’allora latitante Nino “Vito” Rallo, a seguito del quale veniva poi condannato con sentenza definitiva per averne favorito la latitanza.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.