Processo per il delitto di Mauro Rostagno: “I fatti e le suggestioni”

Mauro RostagnoAvviata nell’aula della Corte di Assise di Trapani la fase delle repliche dopo requisitoria e arringhe. Il 13 maggio ultime battute e poi la camera di consiglio per la sentenza sui due imputati Virga e Mazzara

La voce del pm Gaetano Paci si è alzata di tono dinanzi alla Corte di Assise di Trapani quando il rappresentante della pubblica accusa, che ha chiesto l’ergastolo per i due imputati Vincenzo Virga e Vito Mazzara per il delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, ha replicato alle arringhe. I difensori dei due imputati, Stefano Vezzadini e Giuseppe Ingrassia per Virga, Vito e Salvatore Galluffo per Mazzara, hanno chiesto l’assoluzione argomentando a lungo definendo inconsistenti le accuse e le prove presentate dai pm Paci e Del Bene, indicando altre piste, per la verità tutte battute in questi 26 anni trascorsi dal delitto, affermando che elementi a discolpa non sarebbero stati tenuti in debito conto o addirittura messe da parte, “nascoste”, come a proposito di un riconoscimento fotografico dell’imputato Vito Mazzara che, hanno sostenuto, perché sicuramente destinato a risultare negativo, non fu nemmeno verbalizzato.

Le difese non hanno nemmeno mancato di distendere ombre sul comportamento tenuto da Chicca Roveri, la compagna di Mauro Rostagno, costituita parte civile nel processo con l’avv. Carmelo Miceli, puntando il dito contro Monica Serra, la ragazza che la sera del delitto si trovava in auto assieme a Rostagno e che per le difese scampò all’agguato “perché complice”. Monica Serra come Chicca Roveri a metà degli anni ’90 subirono anche l’arresto per le stesse ragioni per le quali oggi le difese le hanno nuovamente tirate in ballo, arrestate e prosciolte. Per le difese degli imputati accusati del delitto Rostagno però queste archiviazioni non sono state sufficienti a convincerli a non riprendere i temi di questa indagine (denominata a suo tempo Codice Rosso) rimasta senza riscontri. Monica Serra fu sentita nel processo come Chicca Roveri. Circostanza emersa addirittura quella che nell’immediatezza del delitto i carabinieri che indagavano quasi nemmeno andarono a sentirle, una testimone oculare l’altra compagna di vita dell’ucciso. Monica Serra oggi non potrà più parlare perché scomparsa prematuramente qualche mese addietro.

Non potendosi difendere forse per questa ragione, semprecchè le difese sapessero di questa scomparsa, è stata prepotentemente citata e accusata di gravi responsabilità. L’innocenza di Vito Mazzara dal suo difensore Vito Galluffo è stata anche spiegata facendo notare come l’imputato senza obiettare alcunché si è prestato al prelievo del Dna, perizia questa che ha dato il risultato che inchioderebbe l’imputato: su tracce genetiche, e addirittura quelle di un suo parente, sono state trovate sui resti del fucile usato per l’agguato e trovato sulla scena del delitto perché la canna di legno è saltata durante le concitati fasi dell’omicidio. I difensori hanno contestato l’esito della perizia. Circostanza sulla quale ha ribattuto il pm Paci nella replica, lo stesso pm ha fatto anche notare che se Mazzara si fosse opposto al prelievo, lo stesso poteva farsi ugualmente utilizzando una norma del codice penale. “Noi – ha detto il pm Paci – abbiamo riferito fatti, la difesa solo suggestioni”. Quelle dei difensori sono state arringhe che hanno cancellato la pista e il movente mafioso per introdurre altre ipotesi: pista interna alla comunità Saman, vendette e corna, traffici di armi e pista Lotta Continua/Delitto Calabresi. Decine di volte l’avv. Vito Galluffo ha ribadito che “la mafia non c’entra nulla col delitto…nulla riconduce questo delitto al mio assistito. Dall’accusa solo passionali ipotesi probabilistiche senza movente o prove. Potreste condannare Vito Mazzara perché forse c’entra la mafia?”. Critico però il giudizio del pm: “Voglio smascherare il modo scorretto di procedere delle difese, che hanno attaccato l’ufficio del pubblico ministero e anche insinuato di aver estromesso i giudici da fonti di prova“.”Siamo profondamente delusi – ha detto il magistrato – per la qualità degli interventi dei difensori. Non per le interpretazioni diverse dalle nostre, condotta legittima, ma per il percorso che talvolta è stato adottato. S’è accusato i pubblici ministeri di avere volutamente estromesso fonti di prova alle valutazioni dei giudici. Falso”. Secondo Paci, “la difesa avrebbe volutamente travisato i fatti”.

Tribunale e Procura di TrapaniLa pista dei pm è stata notoriamente quella del delitto di mafia ordito per fermare l’attività giornalistica di Rostagno. Le sue denunce pubbliche sulle connessioni tra mafia (droga e appalti), politica e massoneria erano all’ordine del giorno. Ma c’è di più. Elemento che non è sfuggito alla pubblica accusa e nemmeno a chi ha seguito il processo e cioè quello che nella Trapani degli anni ’80 “addomesticata” dai poteri forti, la crescita giornaliera di consenso – politico e sociale – di Mauro Rostagno rappresentava un pericolo serio. Anni dopo, altre indagini, dimostreranno che proprio in quegli anni mafia e politica, mafia, politica e imprese diventavano un’unica cosa. E l’articolarsi di questa “piovra” è avvenuta nel tempo grazie anche all’assenza di una forte voce capace di denunciare come sapeva fare Rostagno. Eppure le difese hanno trasformato in bazzecole le pubbliche offese che Rostagno riceveva. Un giorno l’allora consigliere del Psi, Bartolo Pellegrino, affrontò Rostagno invitandolo “ad andare a zappare”: “era un invito affettuoso, uno scherzo, un modo di dire” ha chiosato l’avv. Vito Galluffo. Galluffo qualche anno fa si è trovato a difendere Pellegrino in un processo nel quale il politico, diventato intanto in quel periodo vice presidente della Regione, era accusato di corruzione e concorso esterno, prescritto per la prima accusa e assolto per la seconda. A replicare è stato anche l’avvocato di parte civile della Saman, Elio Esposito, anche lui oggetto di “chiose” da parte del difensore Vito Galluffo, a proposito di un intervento fatto in una trasmissione (telefono Giallo) nel quale lo stesso Esposito sosteneva la pista interna alla Saman: “era un tempo questo nel quale non avevamo altri elementi di valutazione, eravamo dinanzi alla stasi investigativa, oggi ho avuto modo di rivedere quella mia posizione dinanzi all’evidenza dei fatti portati in quest’aula dai pm” ha replicato con fare duro ma composto l’avv. Esposito. Il 13 maggio le altre repliche. Ha già detto che non parlerà l’avv. Carmelo Miceli, parte civile per Chicca Roveri e Maddalena Rostagno, “il processo – ha dichiarato ai cronisti – ha messo in chiaro la responsabilità della mafia e dei mafiosi alla sbarra. Loro hanno ucciso Mauro Rostagno”.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.