LA FAVOLA DELLE REGIE TRAZZERE DI SICILIA – CAPITOLO X – PARTE I

 

di Antonino Messana

 

Di recente un giurista titolare di cattedra che legge solo nella carta stampata mi ha chiesto l’intera rubrica che non ho ancora stampato. L’unica possibilità che mi resta è quella di elaborare una sommaria sintesi, stamparla e consegnarla assieme ai documenti cartacei in mio possesso. Purtroppo, anche questa volta come è successo per le tre puntate precedenti dedicate alla città di Palermo, ho dovuto allungare il programma delle puntate sostanzialmente ripetitive (a volta le cose ripetute giovano). Mi scuso con me stesso assieme ai miei cari lettori se sarò pedante e noioso; tuttavia assicuro che non mi sono divertito, però sono certo che ho aggiunto qualche nuova riflessione maturata proprio in questa occasione.

Inizio subito avvisando il giurista che mi ha interpellato (preferisco mantenere l’anonimato per accertarmi con sicurezza ciò che bolle nella pentola dell’Assessorato Agricoltura) che la mancanza di strade è stata interamente raccontata in tutto questo mio lavoro che inizia dopo un’introduzione, con la Sicilia primitiva e arcaica. Ho descritto i primitivi sentieri e le originarie strade armentizie a fondo naturale ed erboso (capitolo I-parte I e II, pubblicata il 30 maggio 2015) ed inseguito la colonizzazione greca che ha formato i primi insediamenti urbani che presto hanno prodotto la necessità dei contatti umani e degli scambi commerciali; promossero con il progresso cognitivo ed economico le prime vie di collegamento e così di seguito furono costruite vere e proprie strade. Infine  nascono le  strade belliche costruite dai Romani (Vedi capitolo I-parti IV, V, VI,VII).

Dopo le guerre puniche che si conclusero nel 146 a. C. la Sicilia è stata poco considerata dai governi romani, addirittura con Ottaviano (63 a.C.-14 d.C.) il granaio dell’impero non è più la Sicilia, ma l’Egitto. La Sicilia divenne così  provincia dell’impero Romano fino a Diocleziano (284-305 d.C.).

Solo con l’avvento di Costantino (324-337) la Sicilia ebbe un principio di sviluppo per l’ampliamento del latifondo  su Enna, Halesia (Tusa), Catania, Siracusa, e Phintia (Licata). Dopo Costantino la Sicilia soffre ancora la crisi: Roma ignora del tutto le strade. Infatti, prima Teodorico (498) e poi Narsete (538) prescrissero che in tutti i territori la comunità ed i proprietari dei terreni interessati dalle strade dovessero farsi carico delle necessarie spese per la loro manutenzione (Vedi capitolo I-parte VIII, pubblicato il 21 aprile 2015).

Cominciano adesso le prime avventure su strade e trazzere arrivando  dal Medioevo (476 a.C.- 1492) all’alto Medioevo con la conquista normanna e l’unificazione dell’Italia meridionale con la Sicilia voluta da Ruggero II intorno all’ anno 1.100. Brevemente, l’intera accreditata letteratura storica stradale ha scritto che con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 a.C.) nell’isola di Sicilia della viabilità antica si perse addirittura ogni traccia, in particolare delle arterie stradali che percorrevano le zone argillose. Ecco un passo del Villabianca.

“…Con tutto che nella città dell’antica Grecia fiorito ni avessero le Selciate di strade per salutar dalli fanghi i cammini pubblici pur tuttavia nella Sicilia li Primi che la introdussero furono i Cartaginesi. Li Romani ce le mantennero né loro tempi, cessati questi ni decaderono. Queste strade di fatto furono la Valeria, la Pompeja, la Elorina. Di esse  ma per disgrazia nostra non c’è ne rimane altro che la ricordanza del solo nome nè Romani

Crollano naturalmente i ponti e. man mano che non si fu più in grado di ricostruirli, si cercarono guadi e traghetti per l’attraversamento dei fiumi. Subentrano a pieno titolo il traghetto e la barca, come sul Simeto a Paternò, ma specialmente alle foci, come a Primosole, sempre sul Simeto, o a Licata sul Salso.

Col deterioramento del sistema stradale romano e il progressivo ridursi dell’uso del carro alla pianura ed al suburbio (quartiere di periferia di una città), prevaleva l’uso delle “redine”, ossia di carovane di bestie da soma, che permettevano il trasporto a basto (nel nostro dialetto a varda) delle derrate, in file formate perfino da otto muli o asini, guidati da un “bordonaro”.

La redina livellava progressivamente le esigenze di tutte gli itinerari, dalle grandi strade romane alle “trazzere” ed ai percorsi più modesti, ma pur sempre accessibili per rèdine e lettighe per muli.

 Fonte: Uggeri Giovanni – La viabilità della Sicilia in età romana. Galatina: M. Congedo 2004.Custodito dalla Biblioteca centrale della Regione Siciliana. Collocazione 3.46.9.15. Uggeri Giovanni – Il sistema viario in Sicilia e le sopravvivenze medievali, 1939. Custodito dalla Biblioteca centrale della Regione Siciliana. Collocazione PAL 0260516.

I letti secchi delle fiumare divennero strade maestre, come nel caso delle valli dell’Imera settentrionale e dei Platani. Della strada antica che conduceva a Taormina scomparve ogni traccia (Vedi capitolo II-parte I, pubblicato il 19 dicembre 2015).

         Siamo arrivati al X e XI secolo e la Sicilia non ha strade. Solo i Saraceni hanno costruito alcune strade nel Val Demone e due ponti importanti: il ponte dell’Ammiraglio a Palermo ed il ponte sul Simeto (Adrano) definiti in periodo normanno (1200). Tuttavia soltanto Ruggero II, tramite l’opera  del geografo Idrisi ci fa conoscere il mondo e le strade di Sicilia.

         Uggeri, argomentando sulla testimonianza di Idrisi, così scrive: “La conoscenza che abbiamo per ora del sistema viario siciliano tra alto e basso medioevo rimane affidata al quadro organico che ne ha tracciato alla metà del secolo XII (1154) il grande geografo arabo Edrisi. Ricostruendo gli itinerari si ricava un quadro sostanzialmente nuovo e tipicamente medievale di strade irradianti da tutti i centri attivi in un sistema polistellare, anche se vi risultano riutilizzate le antiche strade romane, delle quali si è perduta talvolta la continuità”.

         Dal libro di Ruggero che riporta i percorsi in miglia e i collegamenti fra le città, l’architetto Santagati ha riprodotto la sottostante carta dove ho indicato con il cerchietto di colore rosso  tutte le città. A tal fine ho assommato le distanze da paese a paese.

Ecco il risultato: La somma delle strade attraversate ammonta a miglia 1.440,50; assommando le vie costiere e vie interne occidentali, si ottiene il totale dell’intera rete viaria siciliana. Ecco lo sviluppo: chiunque può controllarlo e segnalare eventuali errori: miglia584+596,50+1.440,50=2.621X1.972,80:1.000=5.170,71 Km. Quindi, Idrisi avendo percorso in lungo ed in largo la Sicilia , ha attraversato strade di collegamento da città a città per complessivi 5.170,71 Km arrotondati sicuramente in eccesso (Vedi capitoli II-parti II e III, pubblicati rispettivamente il 9 gennaio 2016 e il 6 febbraio 2016).

Ammesso e chiaramente non concesso che i km. 5.171 percorsi da Idrisi siano stati strade armentizie larghe quasi m. 38, sorge spontaneo chiedersi  dove erano e quali città o feudi attraversavano in epoca remota  gli eccedenti Km. 6.329 (11.500-5.171=6.329) di antiche trazzere per pareggiare gli 11.500 Km disegnate dall’Ufficio Trazzere? Dopo sei anni di avere sollevato il quesito aspetto ancora risposta.

Addentrandoci adesso nella storia delle trazzere, occorre tenere ben presente che con re Ruggero II si comincia ad elaborare una teoria demaniale delle strade. Secondo le dottrine dell’epoca, le strade appartenevano alla Corona, però a beneficio della popolazione e da qui nasce il concetto di “Regalia”. Con  Federico Barbarossa (1152) sono “REGALIE” sia le vie pubbliche che le trazzere armentizie (Vedi capitolo II-parte IV, pubblicato il 5 marzo 2016) .

Così arriviamo alle Costituzioni di Melfi (Liber Augustalis – 1231) di Federico II che costituiscono il punto di partenza della millenaria storia delle trazzere armentizie che solamente in Sicilia ancora continua e senza fine. Le Costituzioni sono state riconosciute i più importanti atti normativi prelevati dal corpus iuris civilis di Giustiniano perché formarono un insieme di atti di natura costituzionale. Per altro verso l’intera opera non fu emanata in base al potere imperiale, ma in base al potere regio.

Dette leggi sono state promulgate nel Parlamento di Melfi e furono poco dopo ripubblicate in Sicilia. E qui casca l’asino! Osservo subito anche in questa occasione che la “Costituzione degli animali da affidare ai pascoli” nasce per i tratturi della sola Puglia.  E’ scritto nelle Costituzioni che “Il Re in persona mentre viaggiavamo serenamente attraverso le regioni della Puglia, da ogni parte si rivolgevano alla nostra altezza reclami e lamentele, dal momento che i custodi arrecavano generalmente a tutti gravissimi fastidi e ingiusti e numerosi danni e con varie e diverse vessazioni opprimevano intollerabilmente tutto il territorio. Volendo pertanto modificare comportamenti offensivi di tal natura e provvedere con passione alla pace e serenità dei sudditi, per mettere freno alla malvagità e alle iniquità di costoro, stabiliamo. Che in ciascuna contrada, tanto relativamente al demanio nostro quanto alle terre dei conti e baroni, non siano insediati più di quattro custodi, ai quali non sia consentito, come fino oggi, o di impadronirsi o di prendersi cura degli animali di alcuno. Ma se greggi o altri animali siano condotti e trasferiti da una contrada ad un’altra e usufruiscano, per solo un giorno o una sola notte e non di più, del pascolo nella terra di qualcuno, non sia lecito al padrone della stessa terra o all’ufficiale regio (balivo) pretendere un qualche risarcimento, ma costui senza alcun impedimento e senza alcun dazio permetta il transito degli stessi animali…” (Vedi capitolo II-parte IV, pubblicato il 5 marzo 2016).

 Pertanto parificare i Tratturi con le Trazzere di Sicilia è assolutamente èassurdo e scorretto peraltro per le seguenti ragioni: 1) la Sicilia non ha un pascolo come il Tavoliere delle Puglie di 3.000 Kmq che può accogliere milioni di pecore; 2) non è mai esistita una dogana per la riscossione dei diritti sui pascoli; 3) delle poche arcaiche trazzere non vi sono tracce.

Da Federico II di Svezia la mano traditrice per le trazzere passa a Federico II aragonese (1296) e  poi a re Martino (1407). Dopo re Martino le trazzere state del tutto ignorate fino al 1785 (Vedi capitolo III-parte I, pubblicato il 2 aprile 2016). A partire da quest’ultima data il problema delle trazzere riemerge con alacrità infaticabile, tanto che continua sia con il regno d’Italia e con la nostra Repubblica democratica.

Nel 1266, quando lo svevo Manfredi di Sicilia, figlio naturale di Federico II di Svevia, venne sconfitto ed ucciso a Benevento da Carlo d’Angiò e con la morte del fratello Corradino di Svevia (1268) si estinse la casata degli Svevi-Hohenstaufen (i primi riformatori della storia) e dei Costanza d’Altavilla. La Sicilia è dominata della dinastia francese degli Angioini (Vedi capitolo III-parte I, pubblicato il 2 aprile 2016).

Il governo di Carlo contrastato a causa del fiscalismo e della subordinazione dell’isola a Napoli, fu messo in crisi dall’insurrezione dei Vespri Siciliani, iniziata a Palermo il 30 marzo 1282.

Seguì la sconfitta di Carlo d’Angiò con l’intervento dell’esercito di Pietro III d’Aragona (1239-1285), acclamato re di Sicilia. La dominazione aragonese terminò il 23 gennaio 1516, con la morte di Ferdinando II d’Aragona. I fatti più importanti sono stati, prima la pace di Caltabellotta (31 agosto 1302), e poi il trattato di Avignone (Vedi capitolo III-parte I, pubblicato il 2 aprile 2016).

Re Federico III aragonese essenzialmente per elogiare le vecchie Costituzioni, dopo circa un secolo le rispolvera con un duplice proposito di fiaccare quella sete di indiviso dominio del potere baronale che poggiando su soprusi finiva nelle angherie; cosa affatto incompatibile col desiato incremento della pastorizia di così utile e generale aspettazione (Vedi capitolo III-parte I, pubblicato il 2 aprile 2016). Da qui si avverte senza ombra di dubbio che le “Costituzioni delimitate agli animali da affidare al pascolo” sono valse solo per contrastare la nobiltà siciliana (Conti e Baroni),

Estirpando l’abuso dei guardiani forestali e di altri che tengono terre, ordiniamo che in futuro nessun guardiano forestale o sotto guardiano, conte, barone, feudatario e proprietario di terra, col pretesto del carnaggio o dell’erbaggio, presumano esigere prezzo dai transumanti per i boschi e per le stesse terre coi propri animali nelle terre di essi, o prendere animali, ma che essi permettano di liberamente transumare e, in transumanza, trattenersi due giorni e due notti e inoltre pernottare; e godano ulteriormente di un proprio diritto.

Andiamo avanti  ecco “Il capitolo LXIV del re Martino figlio in data 13 dicembre 1407.

IV.

Capitoli, costituzioni e prammatiche di re Martino.

Cap. LXIV. Prammatica sulla non riscossione di carnaggi dai transumanti.

Martino ecc. Diamo [nostra] amicizia a Conti, Baroni, feudatari, e ad altri ai quali spetta, Consiglieri, familiari e nostri fedeli. Nostra Altezza ha recentemente appreso, da lagnanza di alcuni nostri sudditi, che alcuni Baroni o anche feudatari del nostro Regno di Sicilia, dai transumanti per i boschi e i loro feudi coi propri animali, pretendono temerariamente i carnaggi e, per di più, ciò che è peggiore, portar via animali di quei transumanti; e molestare ingiustamente gli stessi transumanti: che quelli che sopportano troppo molestamente, quando si riguardi – per costituzione dell’illustrissimo Principe signor Re Federico Terzo, eccellentissimo re di Sicilia di sovrumana memoria che inizia [con le parole] Abuso dei guardiani forestali ecc. – che Conti, Baroni, Feudatari, tenutari di boschi o proprietari di terra, col pretesto del carnaggio o dell’erbaggio, non debbano esigere, dai transumanti per i boschi e per le stesse terre coi propri animali nelle terre di essi, prezzo o togliere animali, ma che essi permettano di liberamente transumare e, in transumanza, trattenersi due giorni e due notti e inoltre pernottare; e questa costituzione vogliamo che sia integralmente osservata, per come per costituzione dello stesso Serenissimo Principe Re Federico Terzo ricordiamo sia stato confermato, nel Parlamento Generale convocato a Siracusa, ingiungendo a voi e a ciascuno di voi, raccomandiamo che, secondo il tenore della stessa costituzione, permettiate che possa transitare in tutti i modi senza alcuna molestia per il transitante, ogni animale per le vostre terre, contee, baronie e feudi; e se sarà utile, trattenersi due giorni e due notti e inoltre pernottare; e perciò non esigendo affatto dagli stessi animali, per ragione di carnaggio, o erbaggio o di altro diritto comunque, nulla opponendo sia che per caso osserviate in contrario qualunque altra osservanza che piuttosto possa dirsi alterazione. E se quindi avrete fatto altrimenti, cosa che non crediamo, chiunque, in maniera insolita contravvenendo, incorra nella pena [dell’esborso] di cento onze da applicarsi alla nostra [Regia] Camera. Vogliamo tuttavia che se qualcun pretende di avere qualche diritto contro quanto si è premesso, compaia dinanzi alla nostra Maestà allegandolo; e per lui comanderemo di provvedere al compimento della giustizia, pur tuttavia rispettando frattanto integralmente la forma delle presenti ordinanze; e, nella situazione di questo caso, abbiamo quindi ordinato che si eseguano le presenti ordinanze, munite nel dorso col nostro maggior sigillo regio. [Capitolo] promulgato a Lentini nel giorno 13 Novembre 1407, prima Indizione. Re Martino.

Questo provvedimento di Re Martino è una pura formalità (non fa riferimento a reclami di sorta) per tenere sveglio l’argomento della transumanza ed il libero passaggio degli armenti in qualsiasi luogo pubblico o privato. Peraltro, vuole essere, pure, un elogio onorifico ai precedenti Re che hanno emanato simili provvedimenti (Vedi capitolo III-parte I, pubblicato il 2 aprile 2016).

  Già con gli Aragonesi si deduce con chiarezza, seguendo gli storici del tempo, che sepolti la Baronia e il Borbone, le trazzere non hanno alcun titolo di entrare nel Regno d’Italia e poi nella nostra Repubblica.

Adesso risulta chiaro che  tutti i provvedimenti esaminati non sono altro che semplici ordini impartiti dal Re di far transitare gli animali in transumanza sia in terre demaniali che baronali. Da questi dettati reali  già ricaviamo a partire da Federico II una duplice distinzione di trazzere: quelle che attraversano le terre demaniali chiamate Regalie e quelle baronali che sono le trazzere private.

Riassumo brevemente che la transumanza è il passaggio migratorio stagionale di animali dalla pianura alla montagna e viceversa. Questo passaggio stagionale determina la seguente riflessione: ammesso che in Sicilia anche in epoca normanna esisteva grande emigrazione di animali per la transumanza estiva dalla pianura verso la montagna;  l’ordine impartito dal Re di lasciare passare gli animali in terre baronali solo due volte all’anno a mio giudizio non crea neanche una “servitù di passaggio”. Infine per altro verso  nessuno dei Re si è espresso sulla larghezza di strade, tratturi o trazzere vuoi demaniali o baronali.

Dal 1412 dopo la morte di re Martino II (1410) cessa la plurisecolarità dell’indipendenza della Sicilia che passa alle dipendenze dalla Spagna e così ascendono al governo i vice-Re. I governi Aragonesi sicuramente non migliorarono le condizioni economiche e sociali della Sicilia. La popolazione con i commerci, l’agricoltura, la pastorizia ed altre attività economiche  è rimasti pressoché in miseria. Solo Federico III d’Aragona aprì qualche spiraglio di ripresa economica.

Dopo gli Aragonesi il dominio spagnolo iniziò il 23 gennaio 1515 con Carlo V d’Asburgo e si concluse il 10 giugno 1713 con la pace di Utrecht.

Il 17 agosto 1535 l’imperatore volgeva le sue navi verso la Sicilia, dando inizio a un lungo e memorabile viaggio cerimoniale attraverso la penisola italiana.

IL 20 AGOSTO 1537 CARLO SBARCA A TRAPANI PROVENIENTE DA TUNISI DOPO IL SACCHEGGIO DELLA CITTA’.

Da Trapani, prima tappa siciliana, Carlo V raggiunse Palermo, dove sostò un mese; si diresse quindi verso Messina, seguendo la strada delle montagne, che passava dall’entroterra toccando Polizzi, Nicosia, Troina, Randazzo e Taormina. Ai primi di novembre Carlo ripartì da Messina alla volta di Napoli.

LA MAPPA INDICA IL VIAGGIO CON LE TAPPE DELLE CITTA’ VISITATE PERCORSI A CAVALLO

Fonte:www.guidasicilia.it/ita/main/storia/storiaSpagnoli.htm

La Sicilia ha avuto un forte progresso tra XV e XVI secolo, per il rinnovamento della struttura sociale e urbana causato:1) dall’aumento del numero dei paesi che provocò una forte crescita della popolazione soprattutto nelle grandi città; mentre quella rurale diminuiva in proporzione. I feudatari ottennero così nuovi privilegi e titoli; 2)dall’abbandono delle campagne che fu combattuto con la concessione ai nobili di “licentia populandi” per la fondazione di nuovi insediamenti nei feudi spopolati e mettere a coltura maggiori terre con lo scopo di aumentare la produzione dei grani.

Le nuove città che sorsero soprattutto nel XVII secolo sono stati: Santo Stefano di Camastra, Vittoria, Piedimonte Etneo, Paceco, Cattolica Eraclea, Casteltermini, Palma di Montechiaro, Cinisi, Aliminusa, Leonforte, Francavilla, Delia, Riesi, Barrafranca, Niscemi, Valguarnera, Mazzarino, Cattolica etc..

A chiudere la storia antica della Sicilia ci rimane solo poco più di un secolo e mezzo che inizia dal 1700 e si chiude con il 1860 con la proclamazione del Regno d’Italia. Questo lungo periodo dopo il 1713 (pace di Utrecht che chiude la conquista Spagnola) è costituito dai seguenti domini: dai Savoia ( 1713-1720), dagli Austriaci (1720-1734) e dal Borbone (1735-1860).

Amodeo II nel quinquennio di governo ama la Savoia e la città di Torino e abbandona la lontana Sicilia e la città di Palermo (Vedi capitolo IX-parte III, pubblicato l’11 maggio 2019).

Nel successivo quindicennio del governo Austriaco il sud d’ Italia diviene stato italiano indipendente. Gli Austriaci, appena entrati, ci hanno donato la Carta del barone Samuel Von Schmettau del 1720, custodita dalla Biblioteca nazionale di Vienna e realizzata dal 1719 al 1721 in 25 tavole.

         L’intera era borbonica è caratterizzata da due periodi: il primo periodo con il re Carlo Borbone  poggiava su due regni-al di qua e al di là del faro – ognuno del quali era geloso della propria autonomia. Re Carlo inaugurò un lungo periodo di rinascita politica ed economica in tutto il regno.

Il secondo periodo dopo la “Restaurazione” stabilita dal Congresso di Vienna del 1815 la monarchia borbonica compie anch’essa la sua restaurazione, ma non ripristina l’unione dei regni di Napoli e Sicilia non status quo ante 1789, bensì fa un balzo indietro  di cinque  secoli e mezzo e restaura il Regno di Carlo I d’Angiò dandogli il nome di Regno delle due Sicilie (Renda Francesco). Re Ferdinando terzogenito di Carlo, appena pose piede a Napoli lasciando Palermo e la Sicilia, l’otto dicembre 1816 promulga la legge con la quale annulla l’indipendenza politica della Sicilia (cioè il dualismo voluto da Carlo) e viene annessa al Regno delle due Sicilie costituendo sette valli: Palermo, Messina, Catania, Siracusa, Agrigento, Caltanissetta e Trapani. Ogni vallo è retto da un Intendente (questi abbiamo già visto che con la successiva legge del Contenzioso del 1917 ha incaricato di reintegrare le Trazzere usurpate assieme ai Sindaci-Vedi capitolo IX-parte I, pubblicato il 23 febbraio 2019). Palermo non è più capitale del regno, ma capovalle. Agli affari regionali dell’isola e delle sette valli provvede un Luogotenente con residenza a Palermo (Vedi capitolo IX-parte III, pubblicato l’11 maggio 2019).

Sul finire del ‘700 riemergono due grossi rompicapo: 1) la mancanza assoluta di strade; 2) ricomincia ex novo la storia delle strade armentizie.

La mancanza di strade rotabili è testimoniata in primo luogo dai seguenti viaggiatori stranieri del “Gran Tour” europeo: Jean Houel e Hermann von Reideler 1766, Patrick Brydone 1770, Dominique Vivan Denon e Richiard Saint Non 1778, Wolfgang Goethe 1787, Carlo Gastone Torre di Rezzonico 1793, Paolo Balsamo 1808 (Vedi capitolo IV-parti I,II,III,V,VI) . Questi illustri personaggi descrivono a chiare lettere le disavventure ed i rischi, addirittura vitali, dei percorsi nel visitare templi e città.

Proprio in quell’anno 1777 Vincenzo Emanuele Sergio un suo saggio “LETTERA SULLA PULIZIA DELLE PUBBLICHE STRADE IN SICILIA”. A pagina 22 riporta il seguente brano: Il Sig. Melon al cap. XXIII del suo Saggio Politico confessa ingenuamente che la Sicilia, tuttoché paese fertile, per mancanza di circolazione lascia marcire i suoi abitanti in miseria.

         Carmelo Trasselli, nel riproporre le opere pioneristiche di Emanuele Sergio e di Giuseppe Perez così scrive: Tutti i governi siciliani di cui conosciamo pressa a poco la politica finanziaria, scaricarono sui comuni o sui feudatari i servizi pubblici, compreso quello sanitario, compresa perfino la difesa passiva. Il concetto, espresso in termini volgari ma efficaci, era questo: chi vuole il servizio lo paghi.  A chi ed a che cosa avrebbero dovuto servire le strade se le costiere erano ottimamente sostituite dalle navi? Per i viaggiatori e per le merci non ingombranti o di grande prezzo (stoffe, pochi arnesi metallici, spezie, poche medicine) erano più che sufficienti i muli (Vedi capitolo IV-parte I, pubblicato il 30 aprile 2016).

Segue LA DELIBERA DEL 5 APRILE 1778 DEL PARLAMENTO SICILIANO. Nello stesso contesto venivano specificati i seguenti itinerari preferenziali:

1) Palermo-Girgenti, con un braccio per il caricatore di Siculiana;

2) Palermo-Sciacca;

3) Palermo-Mazara con due bracci, uno per il caricatore di Castellammare e l’altro per la Piazza d’Armi di Trapani;

4) Palermo-Messina, per le Montagne con un braccio per il caricatore di Tusa  ed un altro per Cefalù;

5) Cafalù-Messina, ricomponendosi  con la Strada delle Marine e rendendola carrozzabile nei passi e tratti ove abbisogna;

6) da Palermo a Piazza e Caltagirone con due bracci per i caricatori di Licata e Terranova (Gela) e per il Contado di Modica;

 7) da Caltagirone a Noto con un braccio per la Piazza d’Armi di Siracusa ed        Agosta (Augusta);

  8) da Palermo a Catania.

Dopo le testimonianze dei coraggiosi viaggiatori di Sicilia, inglesi, tedeschi, francesi (anche con ritardo gli italiani) che elogiarono con i loro scritti e resero l’Italia e la Sicilia famose nel mondo, i nostri regnanti restavano insensibili e impassibili nel costruire le strade, nonostante la delibera del Parlamento. E’ la volta di Carmelo Guerra e la sua opera: Memoria sulle strade pubbliche della Sicilia, pubblicata a Napoli nel 1784 a sollecitare la costruzione delle strade.

La lettura è chiara ed evidenzia la devozione nei confronti del viceré Caracciolo, e promuove sommessamente la costruzione di strade ed altri benfatti, onde rimediare i mali ereditati dai passati governi ( Vedi capitolo IV-parte IV, pubblicato il 23 luglio 2016).

Dopo la delibera del Parlamento del 1778 tra le primissime strade costruite è stata la Palermo-Vallelunga.

MAPPA PALERMO-VALLELUNGA

Mappa di Giuseppe Tesoriere – Rielaborata dall’Architetto VERA MESSANA

Fino al 1824 le strade costruite arrivavano a 252,5 miglia raggiungendo Roccapalumba (Vedi capitolo IV –parte I, pubblicato il 30 aprile 2016).

Fonte: Vincenzo Emanuele Sergio, Giuseppe Perez– UN SECOLO DI POLITICA STRADALE IN SICILIA.     A cura di Carmelo Trasselli- Salvatore Sciascia Editore-Caltanissetta – Roma 1962. Custodito dalla Biblioteca Dipartimento Città e Territorio collocazione 542-8.2.20 della facoltà di Ingegneria di Palermo.

PERIZIA DEL 7 MARZO 1800 DELL’AGRIMENSORE GIACOMO CUSIMANO LIMITATA AL TRATTO DI STRADA CARROZZABILE GIA’ DEFINITA DA MISILMERI FINO A POCA DISTANZA DA VALLELUNGA.

         Scorrendo la perizia della suddetta strada leggeremo che è stata costruita con una larghezza di canne 18 e palmi 2 al fine di lasciare spazio per la metà al passaggio del bestiame. A tal fine sono state reintegrate canne 9.1 dalle proprietà limitrofe alla strada del Conte San Marco che ha ceduto il terreno usurpato. I documenti dimostrano che quella strada è la strada Consolare romana Palermo-Agrigento larga pertanto m. 10,32. Anche la Deputazione delle strade e lo stesso perito Cusimano hanno riconoscono strada Consolare.  A tal fine riporto qui sotto la preziosa mappa del catasto Mortillaro ove tra le altre notizie leggeremo che la strada che entra ed esce da Misilmeri è una “Via Consolare”.

Fonte: Caruso Enrico e Nobili Alessandra

 

         LA DEPUTAZIONE DELLE STRADE E PONTI OBBEDIENTE AL REAL ORDINE DEL 12 NOVEMBRE 1799 REDIGE APPOSITE “ISTRUZIONI” FORMATE DA OTTO CAPITOLI. IL PERITO CUSIMANO SEGUENDO LE SUDDETTE ISTRUZIONI RELAZIONERA’ SUI SEGUENTI PUNTI: LE PERCORRENZE, LE VENDITE DELLE PORZIONI DELLE ANTICHE TRAZZERE SPECIFICANDO LE PARTICELLE E PROPRIETARI; GLI ACQUISTI DELLE PORZIONI DI TERRE; LE LARGHEZZE COMPLESSIVE DELLE STRADE CON RIFERIMENTO  ALLA VIABILITA’ DELLA VIA CARROZZABILE E DELLA VIA LASCIATA AL PASSAGGIO DEL BESTIAME.

Ecco gli stralci dei territori.

In basso leggiamo l’incarico

(Vedi capitolo VII-parte I, pubblicato 23 giugno 2018,parte II e III)

Con il 1824 la storia stradale antica si chiude con l’indicazione dell’unica strada consolare Palermo-Vallelunga  allargata a strada armentizia. Tuttavia devo continuare la storia delle trazzere lasciata ai capitoli  di Federico II d’Aragona (1296) e di re Martino (1407 e 1414). Detta storia inizia col Dispaccio a firma Domenico  Caracciolo del 21 aprile 1785.

E’ una storia lunga senza soste e senza interruzioni tanto che resta ancora aperta. Il Maestro Segreto Marchese Francesco Buglio inizia a scrivere il 7 aprile 1787 e termina dopo quasi trenta anni di infaticabile lavoro nel 1806 con le Istruzioni per regola e governo dei Sopraintendenti per la esazione dei diritti spettanti all’erario (Vedi capitolo VIII-parte III, pubblicato il 22 dicembre 2018).

L’Istruzione in parola chiude l’aspetto giuridico normativo confortato da un ultimo Dispaccio Reale dell’11 marzo 1811 (Vedi capitolo IX-parte I, pubblicato il 23 febbraio 2019) e dalla legge 21 marzo 1817 che incarica l’Intendenza e i Sindaci che hanno il compito di ricercare e far pagare le trazzere usurpate e contemporaneamente giudicare in caso di contenzioso.

Il discorso si è fatto lungo e necessariamente devo abbreviare, anche per evitare infinite ripetizioni. Nel far ciò, mi soffermo su due documenti  che hanno sviluppato l’intero processo di ricerca, catalogazione, reintegra, vendita e cessioni di trazzere e non ho idea di che cosa altro aggiungere che tutt’oggi esiste. Di seguito riporto gli essenziali  documenti.

Il Dispaccio sotto riportato in originale che crea la rincorsa alle trazzere. Invito il lettore a leggerlo con la dovuta attenzione.

   Il lettore ha certamente capito che il reclamo del Marchese Moleti è una lagnanza diretta agli Ufficiali del Re (Secreti, Giudici, Sindaci, ect.) per l’arrogante pretesa del carnaggio. Riporto le testuali parole: “…nel transito dè medesimi (animali: pecorini, caprini, cavalli…) in più paesi del Regno e nelli loro rispettivi territori degl’ostacoli perché pretendono quei rispettivi Regi Secreti, Capitani, Giudici Fiscali, Baioli, Erbaggeri ed altri l’ingiusti abusivi dazii ed angherie di baglio, di passaggio, di guardia, di viosion di patenti ed altri…che sarebbe il di loro obbligo far forza con impertinenza e violenza vogliono esigere  tali ingiusti abusivi dazii… espressamente vietati dalli capitoli del Regno…”   

 Risulta chiaro che  ricercare le trazzere, accertare le usurpazioni  e stabilire la loro larghezza non trova riscontro con il reclamo del Moleti. Il Moleti non vuole pagare i carnaggi richiesti dai pubblici Ufficiali del Re. Tuttavia quel reclamo fa scattare una intramontabile sete di denaro da far pagare a innocenti usurpatori di inesistenti trazzere armentizie. Il Borbone è in stato di allerta per rincorsa del denaro proveniente dalle trazzere a causa della costruzione delle strade.

Alla distanza di due anni conseguono ben due pepati provvedimenti: 1) una lettera del 17 aprile 1787 del Maestro Segreto diretta al vice re Caracciolo; 2) il conseguenziale Dispaccio del successivo 24 giugno dello stesso vice Re.

Ecco la lettera del punto 1)

Con la citata lettera del Segreto inizia la grande guerra dell’usurpazione che ancora colpisce gli sprovveduti, indifesi e innocenti usurpatori di porzioni di trazzere, vie pubbliche e quant’altro. (Vedi capitolo V-parte II, pubblicata il 13 maggio 2017).

Abbiamo letto sopra a chiare parole che le usurpazioni riguardano non solo le Regie Trazzere  e le Vie pubbliche ma tutte le vie e viuzze già distinte e catalogate come Regalie. Osservo, che ciascuna catalogazione sopra citata è riferita a strada come sono i passaggi e le entrate ed uscite. Purtroppo natura vuole che tutte queste strade, come particolarmente le Trazzere, si differenziano per la loro importanza nel traffico viario e per la loro rispettiva larghezza. Adesso per queste ragioni rigenerare un ufficio pubblico con la denominazione DEMANIO TRAZZERALE senza nominare le origine delle trazzere, la loro importanza e le loro larghezze vuole solo ingannare la fede pubblica e gli innocenti usurpatori. Infatti, sia i decreti Assessoriali che le “Relazioni di Demanialità”, dichiarano per ciascuna delle 690 trazzera solamente la rispettiva demanialità, ma mai la loro origine (escluse le strade consolari che sono state costruite dai Romani per motivi bellici e quindi non sono trazzere) e la loro larghezza canonica di metri 37 e centimetri 68.

Riporto in basso i seguenti documenti originali con bollo che mi hanno fatto pagare per ogni quattro fogli fotocopiati per scoraggiare la mia richiesta: A) Il Decreto Assessoriale della trazzera Trapani-Palermo

Nel preambolo del Decreto abbiamo letto: ”VISTA la relazione dell’Ufficio Tecnico per le trazzere di Sicilia dalla quale risulta, in base a numerosi ed inoppugnabili titoli probatori che la trazzera Trapani-Palermo (Km.84)…è di pertinenza del demanio regionale”.

Un organo squisitamente politico che scrive  titoli probatori inoppugnabili in un atto che ha valore di legge con la pubblicazione in gazzetta ufficiale è asineria giuridica se ha scritto in buona fede perché sconosce vergognosamente alcuni articoli elementari della Costituzione in particolare l’articolo 113 che riporto in basso:

Fonte: Codice civile e di Procedura Civile-a cura di Fausto Izzo e Marcello Iacobellis (Magistrati), Editore Simone 2009.

Per altro verso, avvisare i proprietari di terreni limitrofi alla trazzere che quell’Ufficio Trazzere possiede titoli inoppugnabili vuole solo spaventare per evitare una procedura contenziosa.

Mutatis mutandis dichiarare la demanialità e la pertinenza della “TRAZZERA” ( strada particolarmente diversa della via pubblica per la sua larghezza) al demanio regionale è solo ignoranza e sconcertante stupidità perché la demanialità della trazzera è stata sempre riconosciuta fin da Ruggero II (anno 1130) come dimostreranno i numerosi documenti che produrrò più sotto. In questo caso il Decreto Assessoriale vuole solo aggiungere un comma all’articolo 822 del Codice Civile che parla di strade e non di trazzere e peraltro prescrive un titolo di proprietà per tutte le strade che appartengono allo Stato. Riporto qui sotto l’ articolo in parola.

E’ impossibile dimostrare che la non appartenenza allo Stato delle 690 trazzere, anche se Federico II nelle Costituzioni di Melfi dispone di far passare gli armenti in terre demaniali o baronali (distinguendo le trazzere pubbliche da quelli privati). Pertanto è scontata la demanialità di tutte le trazzere Siciliane ritenute dal nostro Codice (non escluso il Codice del Borbone 1819) strade pubbliche.

Concludendo il Decreto necessariamente doveva dimostrare che la trazzera nominata era una strada larga quasi metri 38, cioè strada armentizia diversa dalla via pubblica (larga solo m. 4). Per converso dichiarare la semplice demanialità della trazzera è solo idiozia fraudolenta.

Andando avanti con il Decreto leggiamo quanto appresso:

Mi preme soffermarmi sulle seguenti parole di chiusura del suddetto decreto: l’Ufficio Tecnico Speciale per le trazzere di Sicilia “ è autorizzato ad accertare la consistenza delle trazzere medesime”. Adesso occorre capire il significato di “accertare la consistenza”. Escludo a priori che trattasi di accertare ancora una volta la demanialità. Ho visualizzato alcuni vocabolari ed i significati ricorrenti sono i seguenti: compattezza, densità, durezza, fittezza, resistenza, solidità, tenacia. L’argomento è la trazzera e tutti i significati poco si adattano a capire l’accertamento che deve provvedere quell’Ufficio.

Un chiarimento ce lo fornisce l’articolo 2 della legge del 1917 istitutiva dell’ Ufficio Trazzere di cui riporto in basso solo lo stralcio:

Abbiamo letto che l’accertamento della trazzera deve essere eseguito su titoli, carte, elenchi e tracce sui terreni. Intanto, quando l’ex Ufficio Trazzere  nomina una prova o testimonianza per accertare la demanialità della Trazzera, non racconta niente di nuovo  e  non ha alcun senso perché nel 1929 il Catasto aveva già completato la rete stradale denominata dallo stesso Catasto “ rete trazzerale” che si evince dalla mappa sottostante. Quindi la demanialità di tutta la rete stradale era già provata da 23 anni rispetto al 1952. Inoltre le tracce sul terreno che abbiamo letto nell’articolo 2  forniscono certamente la prova della demanialità, ma essenzialmente pure la qualità della strada. Queste tracce prescritte dalla legge già nel 1917 sono state del tutto ignorate dall’Ufficio Trazzere. Infine sostenere, con la scusa della demanialità,  che l’intera rete stradale di tutto il territorio della Sicilia rappresentata da 690 trazzere di larghezza quasi metri 38 non è solo un’assurdità, ma una pazzia. Le tracce prescritte dall’art. 2 sono state ricavate a tavolino dall’Ufficio Trazzere utilizzando e copiando a pappagallo la carta catastale del 1929. Ecco la mappa tratta dalla rivista del catasto del 1941.

Fonte: Rivista del Catasto e dei Servizi erariali-anno VIII n. 1 gen. feb. 1941 custodito dalla

Biblioteca regionale di Palermo, collocazione PER.IT. 871.

Ad ulteriore prova nei fogli unificati di ciascun Comune figurano le Regie Trazzere distinte dalla vie pubbliche con le larghezze accertate sui luoghi. Ecco un esemplare tratto dal quadro unico del foglio catastale di Alcamo.

Il Catasto, come abbiamo visto, le ha denominate Regie Trazzere perché conosceva le proprietà stradali studiate dai Normanni è denominate Regalie perché destinate all’uso del pubblico. In questo territorio di Alcamo il Catasto riconosce solo quattro Regie Trazzere (certamente come Regalie perché la pastorizia non è attività prevalente e sicuramente non esiste la transumanza), l’Ufficio Trazzere ne ha disegnate diciannove, cioè l’intera rete stradale urbana e fuori le mura.

Riprendo la lettera del 17 aprile 1787 del marchese Buglio alla quale ricevette finalmente la risposta nei mesi di agosto, settembre e ottobre da 17 città e paesi con le varie misure delle strade distinte in trazzere e strade pubbliche che riporto in basso in originale (Vedi capitolo V-parte II, pubblicato il 13 maggio 2017).

La risposta è chiara e leggibile: sono state segnalate le larghezze delle trazzere e delle vie pubbliche. Solo 8 città  hanno comunicato la larghezza di canne 18.2. Da evidenziare che solo Randazzo e Tortorici non erano città demaniali; Corleone, Mistretta, Naro, Termine e Troina erano città demaniali, cioè erano di proprietà del Re. Il Re, essendo il proprietario, poteva allargare e stringere le trazzere a suo piacimento. Da osservare ancora che Mistretta, Naro e Troina erano e sono ancora città prevalentemente pastorali. Queste risposte, anche di un numero esiguo di 17 Comuni, prova con certezza che in Sicilia non tutte le strade erano trazzere armentizie.

Brevemente, quale altra prova occorre per stabilire che le trazzere erano ben distinte dalle vie pubbliche e non abbracciavano l’intera rete stradale di tutta la Sicilia? Dico con immediatezza: nessuna altra prova. Quindi il Demanio Trazzerale che riporta 11.500 Km di trazzere larghe metri 38 dimostrando solamente la banalità della demanialità, senza dimostrarne la larghezza, non ha ragione di esistere, ma deve necessariamente morire.

 Infine, con la comunicazione della città di Agosta viene confermato il percorso a redina già sopra accennato di larghezza metri  2 o 3 (il passaggio di due cavalli carichi nei due sensi).

Punto 2) -Lascio il decreto e il Maestro Segreto e passo alla RELAZIONI DI DEMANIALITA’

A titolo di esempio, riporto in basso la Relazione della trazzera Trapani-Palermo che attraversa la città di Alcamo. Avendo letto altre relazioni, ne confermo la validità  per tutte le 690 Relazioni di demanialità.

Riporto lo stralcio originale degli atti probatori del solo territorio di Trapani (per l’intera documentazione dei percorsi di tutti i territori da Trapani a Palermo invito i lettori a ripassare il capitolo X-parte I, pubblicato il 28 settembre 2019)

Nello stralcio sopra riportato la demanialità è provata dalla STRADA CONSOLARE e dalla ANTICA STRADA. Antica strada non prova assolutamente l’appartenenza della strada al demanio perché non chiarisce l’anno di costruzione e chi l’ha costruita. Invece “strada consolare” prova la demanialità perché  indica la strada costruita proprio dai Romani che corrisponde alla Via Valeria (Vedi capitolo I-parte IV, pubblicato il 25 luglio 2015). Prova peraltro che non è una strada armentizia larga canne di 18,2 ma di palmi 40, come evidenziata dalla perizia dell’ingegnere Vairo nella relazione citata del 1802 in basso riportata.

Sottolineo subito che la “Relazione” dell’Ufficio Trazzere che riconosce la via Consolare costituisce una vera e propria confessione, nonostante ciò, l’intero percorso della strada consolare denominata Via Valeria che parte da Messina e arriva a Marsala è strada armentizia usurpata nei due lati.

Adesso l’Ufficio Trazzere nominando il perito Girolamo Vairo  mi invita proprio in questa occasione a celebrare il suo funerale. Infatti conosco bene l’agrimensore Vairo perché il professore Vincenzo Perugini con i suoi scritti e ricerche su Valderice mette in luce un rogito del Notaio Vincenzo Salerno di Erice che ci racconta il seguente abbreviato episodio:

…Egli Sud.o Sig.r Segreto sotto li 24 maggio dell’anno 1788 fu incaricato in forza di circolare in stampa relativo ad altra de 3 luglio 1787 a dover riferire a detto Ill.e Sig.r Segreto tutte le vie publiche e Regie trazzere che si trovassero nel proprio territorio e ciò con intervento del Sindico e Regio Proconservadore. Ne fu prescielto per questo effetto il perito agrimensore D. Girolamo Vairo per atto di elezione sotto li 6 luglio 6 Ind. 1788 e costui dietro un diligente esame riferì agl’atti  dell’officio segreziale, ed il Sig. Segreto a quell’Ill.re Mastro Segreto, che lo avea incaricato qualmente dalle Croci di Castellammare del Golfo, da parte di oriente, sino alla tonnara di S. Giuliano, da parte di occidente trovandosi questo territorio circumvallato del mare, l’unica regalia o sia trazzera e via publica era quella della Spiaggia. Tra questa estensione e circonferenza trovasi il territorio di Pizzolongo, dunque questa relazione autenticata dallo stesso Signor Segreto nel suo rapporto e discarico formano l’eccezione più chiara dell’attuale importuna istanza risultando da questa iscusabile premessa che nel territorio di Pizzolongo non vi è stata mai trazzera ne via publica, salva la spiaggia del mare ove questo territorio confina come ben lo distingue la seguente relazione di detto di Vairo nella forma che siegue… Ecco alcuni stralci  della perizia originale con le relative trascrizioni per agevolare la lettura .

Ecco la relazione originale.

Dal Ponente e dalla Tonnara di S. Giuliano inclusive, contigua un miglio della città di Trapani, e questa così dal ponente, per tutta

(Vedi capitolo VIII-parte-IV, pubblicato il 26 gennaio 2019)

Archivio di Stato di Trapani-Perizia Vairo, Notaio V. Salerno di Erice, atto 19.07.1800

Vincenzo Perugini-Valderice: La Terra, i Giorni – Editore R.C.A, Ericina 1994. Pagine 128 e 129. Custodito dalla Biblioteca comunale di Valderice, collocazione 945.824.S.4.

La perizia è stata scritta con zelo e con chiarezza e ci informa che nel circondario trapanese che comincia dal mare che lambisce Castellammare, girando a cerchio ad Ovest,  investe la montagna di Erice, abbraccia Trapani, Calatafimi e Alcamo.  In questa circonferenza esiste un’unica   Regia Trazzera originariamente larga di palmi 40 misura corrispondente alla Via Valeria perciò strada consolare.  

Nella Relazione dell’Ufficio Trazzere che riporto in basso, per facilitare la lettura, il Vairo conferma la strada consolare e la sua larghezza di palmi 40 corrispondenti a metri 10 e centimetri 32  anche dopo circa 24  anni dalla prima perizia già ordinata dal Maestro Segreto nel 1788 che quest’ultimo allora ricercava con accanimento le trazzere intese come vie armentizie.

Infine. restando nella città di Trapani e di Monte S. Giuliano quest’ultimo territorio, come abbiamo visto, già incriminato dal Maestro Segreto è sconfitto dalla perizia Vairo, la pagina dell’elenco delle strade di Monte S. Giuliana del 1867 ci conferma che l’intero percorso della Via Vecchia per Palermo fino a Calatafimi  è Via Consolare  con una larghezza originaria di metri 25,80.

Archivio Storico Municipale Erice-Elenco e classificazione delle Vie comunali di Monte S. Giuliano 1868

La Relazione in discorso nomina anche questo “Elenco”.

         Andando avanti con la Relazione della Regia Trazzera Trapani-Palermo redatta nel 1952  dell’Ufficio Trazzere, in territorio della provincia di Palermo – Villaggio di Boccadifalco che riporto in basso – leggiamo le seguenti testuali parole: STRADA CONSOLARE CHE DA PALERMO CONDUCE AL MONASTERO DI SAN MARTINO.

L’Ufficio Trazzere, pur riconoscendo la Via Consolare, conoscendo anche l’Elenco delle strade di Monte S. Giuliano, conferma per tutto il percorso da Trapani a Palermo la strada consolare, ciò nonostante la certifica come strada armentizia larga quasi metri 38.

Forse le prove  della perizia del Vairo e l’Elenco delle strade di Monte S. Giuliano non offrono l’opportunità, come ho sopra anticipato, di celebrare il funerale del nuovo Demanio Trazzerale? Quale  altro documento occorre per far ciò?

Chiudo definitivamente la storia delle Regie Trazzere, avendo messo in luce l’inesistenza assoluta e assurda dell’intera rete stradale della Sicilia formata da 11.500 Km. di strade armentizie fin dai tempi remoti e larghe metri 37 e centimetri 68. Sempre con i documenti alla mano e pubblicati in originale in questo sito si dimostra l’assurdità, l’insussistenza, l’infondatezza e la nullità delle Relazioni di Demanialità seguite dai Decreti Assessoriali (meglio decreti assassini). Detti Decreti Assessoriali e Relazioni di Demanialità pur provando la inutile demanialità delle 690 Trazzere  Regie non accertano e neanche nominano la larghezza canonica di quasi metri 38 delle stesse TRAZZERE. Da non dimenticare che la storia stradale e i provvedimenti legislativi antichi della Sicilia distinguono le strade armentizie denominate Trazzere dalle vie pubbliche, che queste ultime purtroppo sono state del tutto cancellate arbitrariamente da detto Ufficio Trazzere, ma esistono solo nelle carte catastali del 1929.

Con queste mie documentate ricerche pubblicate per circa sei anni in questa rubrica giornalistica e che mi hanno coperto almeno dieci anni di lavoro e di studi, la politica regionale Siciliana invece di sopprimere l’ex Ufficio Trazzere che non ha mai dimostrato la larghezza di quasi m. 38 delle 690 trazzere disegnate, di recente riorganizza quel centenario vecchio Ufficio denominandolo “Demanio Trazzerale”.

Quest’ultimo Ufficio si è riorganizzato creando sedi dislocate nelle Province chiaramente per avvicinare chi ha usurpato e così agevola chi deve pagare;  ha creato di recente il sito Demanio Trazzerale per raccontare e divulgare le sue ingegnose favole, per esempio: “Che cos’è il Demanio Trazzerale; investe pure  in pubblicità giornalistica e continua però a certificare la proprietà delle trazzere armentizie allargando le strade delle carte catastali. Tutto ciò è solamente una chiara dimostrazione aberrante ed eccentrica di perseguitare meglio innocenti proprietari che non hanno usurpato neanche un granello di terra.

Nella prossima puntata, a chiusura definitiva delle trazzere armentizie se non ci saranno altri intoppi, pubblicherò tutte le usurpazioni rilevate dalla Statistica del 1854 e dal Collettivo dei terreni di tutto il territorio di Alcamo. Le città interessate e rivelate in detto Collettivo custodito presso l’Archivio di Stato di Palermo sezione Gangia possono seguire questa traccia.

Il prossimo incontro verrà pubblicato Sabato 21 marzo 2021.

Antonino Messana

BIBLIOGRAFIA

Francesco Maria Emanuele, Marchese di Villabianca – Manoscritto- Diari Palermitani 1788. Custodito dalla Biblioteca Comunale di Palermo, Casa Professa. Collocazione QqE 90-97; QqD 10700339-340-341-342 (cartina)-342.

-Uggeri Giovanni – La viabilità della Sicilia in età romana. Galatina: M. Congedo 2004.Custodito dalla Biblioteca centrale della Regione Siciliana. Collocazione 3.46.9.15.

prossima puntata che verrà pubblicata Sabato 22 dicembre.

 

Santagati Luigi (a cura di) – La Sicilia di al-Idrisi ne Il Libro di Ruggero, Salvatore Sciascia Editore-Caltanissetta-Roma 2010;

Lo Presti Antonino– Monografia di DIRITTO PUBBLICO SULLE TRAZZERE DI SICILIA. Palermo Stamperia di G.B. LORSNAIDER 1864

Ruggero II-Fonte: Grande Dizionario Enciclopedico Utet – terza edizione Torino 1969, volume XVI pagg. 391-39);

Crociata Michele Antonino – Sicilia nella Storia – La Sicilia e i Siciliani dalla Dominazione Saracena alla fine della lotta separatista (827-1950), Primo Tomo Dallo sbarco saraceno alla morte di Re Ferdinando II, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2011.

Renda Francesco Storia della Sicilia dalle origini ai nostri giorni-Sellerio editore Palermo 2003, volume II.

Vincenzo Emanuele Sergio, Giuseppe Perez– UN SECOLO DI POLITICA STRADALE IN SICILIA.     A cura di Carmelo Trasselli- Salvatore Sciascia Editore-Caltanissetta – Roma 1962. Custodito dslla Biblioteca Dipartimento Città e Territorio collocazione 542-8.2.20 della facoltà di Ingegneria di Palermo.

Guerra Carmelo-Memoria sulle strade pubbliche di Sicilia, Napoli 1784, presso i Raimondi con licenza dei Superiori.

Tesoriere Giuseppe-Viabilità Antica in Sicilia. Dalla colonizzazione greca all’unificazione(1860), Editore  Zedi Palermo 1995, pagina 86. Custodito dalla Biblioteca dell’università di Palermo Istituto Costruzioni Stradali, collocazione 422.P2.26.

Archivio di Stato di Trapani-Perizia Vairo, Notaio V. Salerno di Erice, atto 19.07.1800

Caruso Enrico e Nobili Alessandra– Le Mappe del Catasto Borbonico in Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena (1837-1853), Assessorato Regionale Siciliano ai BB.CC.AA., Palermo 2001. Custodito dalla Biblioteca Sebastiano Bagolino di Alcamo.

-Archivio di Stato di Palermo-Maestro Segreto busta 275

Archivio di Stato (Gancia) di Palermo- Trazzere-Rami e Diritti Vari Volume 1630

*Codice civile e di Procedura Civile-a cura di Fausto Izzo e Marcello Iacobellis (Magistrati), Editore Simone 2009.

-Rivista del Catasto e dei Servizi erariali-anno VIII n. 1 gen. feb. 1941 custodito dalla

-Biblioteca regionale di Palermo, collocazione PER.IT. 871.

 

APPENDICE

FONTE: Lo Presti Antonino-Monografia di DIRITTO PUBBLICO sulle TRAZZERE DI SICILIA  per l’avvocato Antonino Lo Presti, STAMPERIA DI G. B.LORSNAIDER-Palermo 1864.

A 16 febbraio 1505  Istruzioni della Regia Secrezia di Licata Li Trazzeri divinu essiri di terreni forti una corda, e mezza di caricari et non più, et divinu essiri longhi li di Trazzeri per passari ivi a pasciri la bestiami per jorni di lu demanie e di passari andari e viniri. Fonte: ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO (Catena)-Fondo: MAESTRO SEGRETO-busta 275.

La carta catastale dei terreni foglio 40 del Comune di Ispica qui sotto riportata la cui strada  è stata allargata dall’Ufficio Trazzere fino a raggiungere la larghezza della arcaica trazzera armentizia di metri 37,68 attesta di certificare la proprietà appartenente al Demanio Pubblico Armentizio. E’ risaputo che il catasto non ha funzione probatoria della proprietà e dei diritti reali su terreni ed edifici, ma solo fiscale.

Questa carta catastale pretende di provare la strada armentizia che per legge non è prova.  Prova sicuramente la demanialità della strada con la larghezza attuale e non la larghezza della strada armentizia. Allora l’Ufficio Trazzere di Palermo oggi Demanio Trazzerale non ha altre carte topografiche o documenti idonei ad attestare e comprovare la strada armentizia larga metri 37,68. Abbiamo visto ampiamente che sia i decreti che le Relazioni provano semplicemente la demanialità delle strade non le loro larghezze. Infatti in assenza di idonee carte o documenti ricorrono alla carta catastale che non fa fede. Peraltro questa certificazione catastale ci da la certezza che le 690 trazzere sono proprio tutte quelle del catasto che non sono vie armentizie.

Trazzere distinte dalle vie Pubbliche (circolare del Maestro Segreto)

Archivio di Stato(Catena) di Palermo-Maestro Segreto busta 275

Archivio di Stato(Catena) di Palermo-Maestro Segreto busta 275

Archivio di Stato(Catena) di Palermo-Maestro Segreto busta 275

Risposta di Castellammare al Maestro Segreto

Qui non vi sono state mai regie trazzere perché vi hanno e si chiamano che vie che conducono sui collegati paesi, or se queste vie debbonsi ridurre a trazzere bisogna che diversi luoghi di stabili particolari con tutti gli alberi restassero fuori con notabili interessi de detrimento dei singoli”.

Archivio di Stato(Catena) di Palermo-Maestro Segreto busta 275

Archivio Storico Municipale Erice-Elenco e classificazione delle Vie comunali di Monte S. Giuliano 1868

 

Per chiudere “La Consulta” che rappresenta una   lettera propedeutica di una miriade di futuri provvedimenti. E’ necessario tenere ben presente i seguenti concetti fondamentali che il Maestro Secreto ha scritto al fine di verificare le sincerità o le contraddizioni dei futuri provvedimenti. Essi sono:

  1. a)perfetta distinzione delle trazzere e vie pubbliche e relative definizioni (le trazzere collegano due Università, le vie pubbliche portano ai mulini o fiumi; restano indeterminate le vie cittadine);
  2. b)La larghezza delle trazzere che è una autonoma decisione del Regiustificata dalle istruzioni di Licata e dai bandi Troina, Mistretta e Capizzi, poiché dove c’è pastorizia le trazzere sono larghe e negli altri luoghi ove la pastorizia è scarsa le trazzere sono assai ristrette , quindi è opportuno creare uniformità di misura per tutta la Sicilia applicabile anche dove non ci sono allevamenti di rilievo.
  3. c)la perfetta conoscenza della larghezza delle vie pubbliche tale fa fare transitare due vetture nei due sensi opposti, cioè m. 4.
  4. d) l’inesistenza nella Real Segreteria di documenti di sorta che stabiliscono le larghezze delle trazzere con esclusione dei Bandi di Troina, Capizzi e Mistretta.
  5. e) L’ampia larghezza è giustificata dal passaggio di mille pecore nei due sensi.

 

Come risposta del Re segue il motivo fiscale.

MOTIVO FISCALE CHE FA SEGUITO ALLA CONSULTA DEL MAESTRO SEGRETO

Napoli 15 aprile 1788

FONTE: ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO-MAESTRO SEGRETO BUSTA 275

Archivio di Stato (Gancia) di Palermo- Trazzere-Rami e Diritti Vari Volume 1630

 

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