Quelli che…protestano

Castelvetrano: il corteo di sabato 16 giugno “sono castelvetranese e non sono mafioso” e gli equivoci non risolti

Cominciamo dalla fine. Da quell’appello genuino letto da due giovanissimi scout. Hanno fatto la storia della loro città, Castelvetrano, pronunciando nomi importanti. Ne mancavano alcuni. Ci vengono in mente quelli di Pasquale Calamia, di Giuseppe Cimarosa, di Elena Ferraro, di Nicola Clemenza. Ma ci sovvengono anche altri nomi, quelli di Michele Allegra e Francesco Geraci. I primi quattro i testimoni più recenti della violenza mafiosa che ha fatto da padrone nella città del Belice. Gli altri due collaboratori di giustizia di vecchia e nuova stoffa. E si perché se la manifestazione voleva essere, come si è anche detto a spizzichi e bocconi a corteo in corso di svolgimento, una rivolta contro la mafia, quei nomi dovevano essere fatti e non sottoposti al silenziatore. Quei nomi non sono stati fatti, nessuno ci ha pensato, perché il coraggio di chi ha denunciato le malefatte mafiose continua a non interessare ovviamente a certuni, ai burattinai di quel corteo, che hanno giocato con la buonafede di tanti. E’ cosa nota, lo slogan della manifestazione era quello del famoso astag, sono castelvetranese e non sono mafioso. Ci attendavamo che qualcuno in piazza prendesse la parola per fare i nomi e i cognomi di chi nel tempo ha detto o scritto che tutti i castelvetranesi sono mafiosi, o che Castelvetrano è una città mafiosa. Non è stato fatto perché nessuno ha mai detto una idiozia del genere, la strumentalizzazione della quale si è sentito dire durante il corteo non va cercata nel mondo dell’informazione, come si è fatto intendere, forse doveva essere cercata in mezzo a quel corteo. Gravissimo che giovani scout e giovani studenti siano stati fatti sfilare “a loro insaputa”. Una improvvida quanto rivelatrice lettera appena inviata al ministro dell’Interno Salvini ha ancora di più confermato la ragione di quel corteo.  Il corteo come ha ancora confermato il candidato sindaco ed ex consigliere comunale Luciano Perricone era e resta come un atto di sfida alla commissione straordinaria che si è insediata in Municipio dopo lo scioglimento per inquinamento mafioso. In Italia per fortuna c’è vigente l’articolo 21 della Costituzione: vale per tutti i cittadini e quindi anche per i commissari straordinari del Comune di Castelvetrano, vale per i funzionari pubblici, come vale per tutti coloro i quali hanno sfilato a Castelvetrano che hanno parlato e stra parlato. Se una lettera al ministro Salvini andava scritta dopo quel corteo, dopo la voce degli scout unici ad avere avuto pronunciato il nome di Matteo Messina Denaro prendendone le distanze dal boss e dai suoi complici, doveva essere una lettera nella quale si poteva chiedere di dare uomini e strumenti per aumentare la capacità dello Stato a dare la caccia a Matteo Messina Denaro. Sarebbe stata cosa utile anche per consegnare a quel corteo quella finalità che solo in modo ambiguo è stata tirata fuori oramai fuori tempo massimo. Qualche sprovveduto ha anche detto che allo scioglimento per in inquinamento mafioso non sono scattati procedimenti penali e condanne. Ci pare che un paio di amministratori hanno ricevuto il sigillo della incandidabilità, un paio di imprenditori sono stati condannati per le loro collusioni con la mafia. Durante il corteo, ci pare alla fine, c’è stato chi ha dichiarato: attendiamo che adesso i commissari straordinari vogliano collaborare con noi. La questione è un’altra semmai, sono semmai i commissari straordinari che attendono collaborazione dalla cittadinanza. Non è stata una rivolta sociale contro la mafia, d’altra parte sin dall’avvio della sua fase preparatoria questa circostanza è emersa tanto chiaramente che alcune associazioni si sono ritirate e poi ci sono stati i comunicati chiari e mai equivoci della “Sinistra per Castelvetrano”, del Pd, del movimento 5 Stelle, c’è stato un comunicato sindacale della Cgil e infine le dichiarazioni del presidente della commissione regionale antimafia, tutti fin troppo chiari, come a dire che il bluff del corteo dei “non siamo mafiosi” era stato scoperto.  Nel tempo ragioni per protestare per davvero e per davvero contro l’unica associazione criminale che ha infangato Castelvetrano, cioè la mafia, ce ne sono state moltissime. Potevano essere organizzate dinanzi all’arresto di colletti bianchi e consiglieri comunali, un nome per tutti quello di Santo Sacco, oppure quando venne arrestato il re dei supermercati Giuseppe Grigoli e invece allora scattò addirittura una raccolta di firme di solidarietà con Grigoli. Oggi di Grigoli non se ne interessa più nessuno, certo è diventato un dichiarante e quindi…va dimenticato e non ricordato. Ragioni per protestare ce ne sono stati di recente, quando si è scoperto di insospettabili professionisti perquisiti per l’ipotesi di favorire la latitanza di Matteo Messina Denaro. Loro e non altri hanno calpestato quella storia di Castelvetrano letta dagli scout a fine manifestazione. La ragione per protestare c’è stata quando la commissione nazionale antimafia è venuta a Trapani a dire della avvolgente presenza della massoneria in città. Dicono che la massoneria è una organizzazione che produce opere di bene, attendiamo che ci rendano conoscenza su quante opere di bene sono state compiute a Castelvetrano. Le parole di padre Undari ci hanno colpito allorquando ha parlato di uno Stato malandato: se a Castelvetrano c’è stata come c’è stata una istituzione malandata, certo la colpa non è dei commissari di oggi, ma di chi ha malamministrato in precedenza, forse questo padre Undari avrebbe dovuto riconoscerlo e indicarlo alla piazza. Peccato che lui lo abbia fatto. Poi ha anche detto che si è manifestato per difendere le vittime della mafia,lo ha fatto lui, ascoltando altri non ce ne siamo accorti. Su una cosa concordiamo con padre Undari: ” In un momento difficile come quello che stiamo vivendo, forse si poteva valutare con maggiore libertà, l’onestà dell’iniziativa e delle intenzioni evitando di lasciarsi travolgere da una contrapposizione che spesso ci caratterizza e che preclude ogni possibilità di confronto e di crescita”. Infine. L’impegno pronunciato è stato quello di far insediare un tavolo di confronto con i commissari, si eviti però di tornar a far sedere davanti ai commissari qualche noto pregiudicato, perché anche questo è accaduto, se davvero dopo tante discussioni si vuol mettere da parte la commedia degli equivoci

 

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.