I “fantasmi” del Palazzo

Trapani avrà presto il sindaco, ma se lo vorrà dovrà essere un ghostbusters. E l’ex sindaco Damiano ricorda…

Quanto si è parlato di mafia in questa appena conclusa campagna elettorale. Poco, pochissimo, quasi niente. A Trapani come negli altri Comuni chiamati al voto di oggi. E’ vero a Trapani qualcuno ci ha provato. Potremmo dire niente di nuovo sotto il fronte occidentale. E’ così da sempre, tranne qualche lampo, qualche guizzo, e poi solo…silenzio provocato anche da infamie e diffamazioni gratuite per tentare di spegnere quelle voci loro, davvero, in questa terra trapanese, così poche da essere fuori dal coro. Tutto questo a Cosa nostra piace tantissimo. E certi “colletti bianchi” lo sanno benissimo. A Trapani poi particolarmente di più. Qui resiste la roccaforte di quella mafia che dopo essere stata soggiogata dai mafiosi “viddani” venuti da Corleone, oggi rappresenta il potere, ritrovando suo capo il famigerato e sanguinario latitante Matteo Messina Denaro, da assassino a capo di una holding di imprese. Bravo a sparare e far sparare, quanto bravo a votare e a far votare. E’ la mafia borghese, quella dei professionisti, dei “colletti bianchi”, anche di certi uomini delle Istituzioni, quella che come ha appena detto a Bologna il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, partecipando a “la Repubblica delle idee”, è il nuovo e più efficiente sistema di infiltrazione. La mafia borghese è quella che storicamente ha saputo attendere nello scegliere referenti e momenti di agire, facendosi vedere quando è ora di farsi vedere, i mafiosi non hanno colore politico, la mafia si infiltra laddove è necessario infiltrarsi, di volta in volta sceglie il proprio referente, oggi abbiamo dinanzi una mafia” criminalmente intelligente” capace a utilizzare i sistemi leciti, per crescere, “ha tanti soldi – parole del procuratore De Raho – da investire”. “Le mafie – ancora De Raho – si legittimano anche non parlandone, oppure quando un burocrate non sta dando al cittadino quello di cui ha bisogno facendo il burocrate estremamente limitato a guardare le carte, rendendo le norme senza anima e forza, la mafia viene agevolata da una politica che non guarda le liste elettorali o non guarda i soggetti oppure quando li ha guardati non riesce a comprendere i voti da dove provengono. La mafia viene favorita dalla inerzia talvolta dalla complicità. Il suo costume è quello del malaffare, della corruzione, oggi la mafia riesce a infiltrarsi nel pubblico non con la minaccia o con la violenza, ma con il denaro o con la promessa di qualcosa di importante che può rendere grazie alle tele che riesce a tessere”. Il contatto con la mafia avviene attraverso protettori, schermi che proteggono la mafia, personaggi, insospettabili, puliti, senza precedenti penali, magari attraverso coloro i quali si dicono vittime delle mafie o addirittura perseguitati dalla giustizia, non sono mafiosi ma sono contigui. E’ vero, le parole di Federico Roberto De Raho sono state pronunciate secondo una concezione generale, ma in quelle parole bisogna dire che si riconosce molto del “sistema Trapani”. Mafia, politica, imprese, potere occulto, massomafia, corruzione. E guardando a certe inchieste vicine a noi, come quella denominata “Mare Monstrum” bisogna riconoscere che nel circuito familiare di qualche indagato lo si trova qualche parente mafioso, di quelli capaci a fornire importanti “lasciapassare”. Insomma ce ne era di materiale per parlare della “mafia borghese” e delle sue influenze malefiche sulla politica e sulla pubblica amministrazione, si è preferito usare l’arma della distrazione di massa. Palazzo D’Alì. Ancora poche ore e sapremo chi sarà il nuovo più importante inquilino. Lo deciderà il voto di oggi, oppure, se sarà necessario il ballottaggio, quello del 24 giugno. Chiunque sarà il sindaco se lo vorrà dovrà essere una sorta di nuovo ghostbusters. Si ci sono fantasmi a Palazzo, e chi eletto dovrà decidere se conviverci o cacciarli via. L’ex sindaco Vito Damiano ha provato a far capire dei “fantasmi” in giro nel Palazzo, certo fuori tempo massimo, lo ha fatto quando era sull’uscio pronto a lasciare il Municipio dove è stato sindaco dal 2012 al 2017, e ancora pochi giorni addietro durante un incontro casuale trasformatosi in una sorta di intervista. Certo resta però quel sindaco che esordì dicendo che “di mafia a scuola non se ne deve parlare” ma lui dice che non era proprio quello che voleva dire. “A Palazzo d’Alì – dice – ho impattato contro una sorta di entità, non so dire cosa fosse, certo il mio handicap è stato quello di essere tornato a Trapani (Damiano originario di Trapani, ufficiale dei carabinieri ha ricoperto incarichi in diverse parti d’Italia, concludendo la carriera da generale e capo di una sezione dei servizi segreti ndr) dopo anni di assenza”. Hanno tentato di sfiduciarlo per due volte, ha resistito, anche quando gli organizzarono una violenta manifestazione all’indomani dell’aumento delle tasse: “Oggi le tasse sono ancora aumentate – osserva Damiano – ma non c’è stata alcuna rivolta di piazza, allora non feci mancare di notare che sotto il Municipio arrivò, oppure venne fatta arrivare, gente da ogni parte, da Valderice, Alcamo, Castellammare del Golfo, c’era la curva Nord del Trapani Calcio, non protestavano erano provocatori mandati bella a posta”. “Andai in Procura, poi dovetti andare io in Tribunale per l’uso dell’auto blu che qualche anonimo aveva indicato essere fuorilegge, hanno usato l’arma della delegittimazione anche in sede giudiziaria”. Una cosa la dice fuori dai denti: “Una parte di Trapani non si è mai aperta alle istituzioni, preferisce la strada degli inciuci”. la burocrazia il primo avversario che ha gettato la maschera. Si proprio quella burocrazia che come dice Cafiero De Raho opera a stretto rigore di legge, che non anima le norme per aiutare il cittadino. “Un dirigente me lo disse un giorno a viso aperto – racconta Damiano – mentre lamentavo che non seguiva le direttive dell’amministrazione mi rispose dicendomi sindaco non ha dove andare, noi non ci sentiamo tutelati dalla politica“. E quale tutela cercava quel dirigente? “Forse cercava la tutela sulle cose fatte male o comunque fatte per favorire una parte e non la collettività”. Eccoli i fantasmi di Palazzo D’Alì. Certo non sono tanto fantasmi ma hanno carne ed ossa. Damiano non li ha potuti allontanare sono ancora lì. E’ la dirigenza dell’ente, “certo non tutti, ma tanti”. Solo un giudizio il suo, le sue sono parole di critica , null’altro. Parla bene della dirigente Caterina Santoro, boccia il numero uno della burocrazia, il segretario comunale Liotta. “Tante delibere di giunta bloccate attraverso ricorso a sotterfugi, profili tecnici che dovevano restare fuori e invece venivano a forza introdotti. Ricordo bene ogni giorno ce ne era una”. E’ quella dirigenza che invece permise, “durante la sindacatura di Fazio”, di far spendere 700 mila euro per un Palazzo che cadente era e tale è rimasto, Palazzo Lucatelli, “per far definire un progetto niente di più. Un progetto andato avanti nonostante il no della Soprintendenza”. Damiano adesso sorride e ricorda il rischio corso dopo aver rotto con i suoi “padrini politici”, D’Alì ma prima di tutto Fazio. “Mi chiese di nominarlo vice sindaco, ho dei sassolini da togliermi dalle scarpe, gli dissi di no , che non potevano essere due sindaci, o meglio uno che recitasse la parte e un altro che lo avrebbe fatto senza avere la carica, gli proposi di andare a fare il presidente del Consiglio comunale, la discussione malamente si concluse lì, fui io a mandarlo a quel paese, poi il trascorrere del tempo ha fatto venir fuori tanta verità, ma mi rendo conto che ancora a Trapani di questo non se ne parla bene e con competenza”. E l’entità? “Si la chiamo entità con la M”. “M” che può essere mafia o massoneria, oppure tutte e due cose assieme, e qui con Damiano ci salutiamo allarga le braccia, non so davvero, ma una entità a Palazzo D’Alì esiste”. In campagna elettorale di questi temi si è discusso solo per insinuare l’ombra di un imminente scioglimento per mafia del Comune. Gli investigatori hanno provato a cercare ma hanno trovato malaffare, chissà qualcosa se ne potrà sapere nei mesi a venire, e non inquinamento mafioso. Sul tavolo del prefetto Pellos non è arrivata alcuna richiesta di scioglimento, qualcuno per alzare polveroni, ha provato a dire che il rapporto era sul tavolo del ministro dell’Interno. Quante bugie in questa campagna elettorale e quanti silenzi sulle cose vere.
CONDIVIDI
Commenti Facebook
Articolo precedenteLa scuola “Giuseppe Montalto”
Articolo successivoSpazzatura dinanzi al comitato
Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.