Non è il paese delle meraviglie

Confisca e sorveglianza speciale contro l’imprenditore Funaro, ecco le motivazioni dei giudici

Per i giudici del Tribunale delle misure di prevenzione, l’imprenditore Pietro Funaro, al quale è stato confiscato un patrimonio di 20 milioni di euro, ha caratterizzato la sua attività imprenditoriale come se fosse una sorta di facilitatore, cioè un imprenditore specializzato nel fornire “offerte di appoggio” nell’ambito di gare di appalto. Ossia favorendo l’ aggiudicazione “pilotata” di appalti. E questa attività i giudici l’hanno riconosciuta esistere in particolare nel contesto di appalti aggiudicati nel messinese, e nel trapanese, in un periodo temporalmente individuato negli anni ’90. Per gli appalti trapanesi i giudici Funaro ebbe precisa consapevolezza dello scenario mafioso, come per la gara dei lavori della galleria di Scindo Passo di Favignana, lavori che la sua impresa si aggiudicò: egli “aveva piena consapevolezza del cointeresse mafioso”. E questo per il rapporto stretto,individuato dai giudici attraverso i riscontri, che Funaro ha intrattenuto con l’imprenditore valdericino Tommaso “Masino” Coppola, il cosiddetto regista degli appalti pilotati, in particolare di quelle gare bandite dalla Provincia regionale, e ancora per i legami con un altro imprenditore, Vito Tarantolo, da lui agevolato anche mentre questi era indagato quale prestanome del capo mafia trapanese Vincenzo Virga. Funaro dinanzi ai giudici durante il processo si è presentato stupito e basito, ha parlato come a voler allargare le braccia, ma “Funaro – sottolinea il Tribunale – non operava nel paese delle meraviglie, ed era semmai un profondo conoscitore dei gangli in cui si muovevano le imprese edili nel trapanese. Affermare che egli non fosse a conoscenza dei comitati di affari tra mafiosi, funzionari corrotti e imprenditoria, che governavano gli appalti nella provincia di Trapani, sarebbe una negazione del suo ruolo”. I giudici hanno riconosciuto la pericolosità sociale di Pietro Funaro. Il pm aveva chiesto di non applicarla, il Tribunale l’ha pensata diversamente: c’è pericolosità sociale, Funaro sarà sottoposto per due anni alla sorveglianza speciale: “In quanto rientrante fra le persone appartenenti all’associazione mafiosa, inteso il senso di appartenenza in senso ampio”. “La proposta di sequestro prima, firmata dal questore di Trapani, e le odierne conclusioni dei giudici , hanno perfettamente fotografato, facendo riferimento anche a sentenze definitive, il quadro criminoso trapanese e gli intrecci tra mafia, politica e imprese, all’interno del quale per i giudici si muoveva abilmente, dove primeggiava “un complesso quadro di corruttela , riguardante il settore dei lavori pubblici della Provincia Regionale di Trapani, caratterizzato dalla sistematica turbativa delle relative gare di appalto, in conformità agli interessi di Cosa nostra”. Facilitatore, dunque, per i giudici Funaro lo fu permettendo all’ imprenditore sotto inchiesta per mafia, Vito Tarantolo, di continuare a partecipare all’attività edilizia, sia nel contesto di appalti pubblici che in una grossa lottizzazione privata. A riprova di questa circostanza i giudici hanno fatto riferimento a fascicoli relativi all’impresa del Tarantolo, la Cogeta, trovati nella sede dell’impresa di Funaro, al momento del sequestro che ha dato origine al procedimento per la misura di prevenzione. Secondo i giudici delle misure di prevenzione l’aiuto che Funaro ha garantito a Tarantolo rientrava “nell’alveo dell’appartenenza a Cosa nostra, in quanto tale sistema consentiva l’infiltrazione della mafia trapanese nel mondo degli appalti”. E anche quando non si voglia riconoscere questa prospettazione dei fatti, i giudici scrivono che comunque ci si trova dinanzi “ad una interposizione fittizia”. Il Tribunale nella sua decisione a sostegno della confisca contro Funaro ha messo in evidenza il caso di un appalto all’interno della base militare aerea di Birgi: la Cogeta, l’impresa di Tarantolo esclusa per le vicissitudini giudiziarie del titolare, di fatto attraverso Funaro ha potuto partecipare a quei lavori, ammontanti a 15 milioni di euro. Scrivono i giudici: “la Funaro costruzioni era la naturale sponda cui il Tarantolo poteva rivolgersi…La Cogeta (di Tarantolo ndr) per il tramite dell’intervento della Funaro costruzioni, pur essendo stata estromessa per carenza di requisiti antimafia, ricevette la somma di 130 mila euro (appalto base aerea Birgi ndr)”. I giudici hanno censito tutti gli affari tra Funaro e Tarantolo, attraverso le società Elimi costruzioni, Consortile Caltagirone, Consorzio Montevago, quest’ultimo su iniziativa di Funaro risulta avere fatto ricorso al nolo a freddo di mezzi della Cogeta proprio mentre Tarantolo era sotto inchiesta. Tutto questo è avvenuto anche in un periodo in cui Funaro era il presidente del sindacato degli imprenditori edili trapanesi, l’associazione Ance collegata a Confindustria, attività spesso segnata da suoi interventi finalizzati a indicare incongruenze nel mondo degli appalti. L’analisi giudiziaria ha evidenziato un andazzo che per i giudici non può essere presentato come normale, come ha fatto l’imprenditore nel corso del procedimento e cioè la circostanza di appalti assegnati ad imprese riunite o consorziate che di fatto poi sono stati condotti da una sola l’impresa; nel caso della Funaro costruzioni vengono citati i lavori del Bastione dell’Impossibile a Trapani (dove la Funaro ha eseguito per intero i lavori a fronte di una percentuale assegnata del 20 per cento) o ancora i lavori nell’area archeologica di Capo Boeo a Marsala, ad Erice per l’ex complesso Igea, per la discarica di Campobello di Mazara o i lavori sul ponte Biro di San Vito. Il pronunciamento dei giudici del Tribunale delle misure di prevenzione fa riferimento anche ad una vicenda che già nel corso del percorso giudiziario era venuta fuori e parecchio stigmatizzata dallo stesso Funaro, e e anche da incauti e improvvidi giornalisti che subito si impegnarono a dargli ragione. Anche con giudizi poco eleganti nei confronti di chi aveva dato la notizia. La cosa mi riguarda personalmente, perché al lettore, pur se in modo generico e senza far nome, sono stato indicato come pataccaro anzi…cazzaro, addirittura di “giocare sporco” e di aver dato “una mano d’aiuto alla mafia”. Tutto scritto senza remore o titubanze. Non ho mai giocato con questo mestiere, men che meno ho dato aiuto alla mafia. La vicenda venne fuori dall’esame di un consulente d’ufficio, il dott. Luigi Furitano. Al momento della deposizione dinanzi ai giudici raccontò di un file trovato nel pc dell’imprenditore Funaro nominato “gruppi onorevoli da sistemare”. Il file faceva parte di una mail inviata da altro imprenditore, Salvatore Candela, al Funaro. Il file conteneva l’elenco di tutti i deputati all’Ars, incarica nel luglio 2014, alcuni con a fianco il nome di un imprenditore o di qualcuno che aveva l’incarico di avvicinarli per convincerli a votare la legge regionale sugli appalti che fu approvata ma poi dichiarata incostituzionale nel 2016. I giudici svelano che la Procura ha avviato una indagine, “che non ha avuto alcun esito noto”, ma adesso a stigmatizzare sono i giudici senza poca tenerezza: “c’è una matrice fortemente lobbistica nel settore degli appalti, capace di mobilitare l’intera classe politica siciliana…sfaccettatura che fa parte di una manuale di comportamento non scritto…non è dato sapere cosa abbia fatto Funaro dopo avere ricevuto la mail ma una cosa è certa: se Candela indirizza la mail a Funaro è perché gli riconosce un potere o una capacità di infiltrazione o capacità a trovare una rappresentanza politica”. La circostanza all’interno del pronunciamento dai giudici non è stata posta a margine. Già nell’introduzione delle motivazioni infatti l’imprenditore Pietro Funaro è stato indicato come una persona protagonista delle pressioni lobbistiche all’interno del mondo degli appalti. E nelle lobby locali si sa, Cosa nostra non è mai stata in disparte. Mafia sempre in compagnia anche di altri,noti, poteri occulti.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.