“L’Italia è uno stivale pieno di merda”

Dopo morte Riina e Provenzano, Matteo Messina Denaro “adorato come un santo” e l’Italia “uno stivale pieno di merda”

CASTELVETRANO. In molti in questi mesi, dopo la morte di Riina e Provenzano, si sono chiesti chi prenderà il posto del “Capo dei Capi”, ovvero chi prenderà in mano le redini di cosa nostra. Si sono interrogati storici, magistrati, giornalisti e politici. Ma una cosa sembra ormai essere chiara: “Non esiste più la cosa nostra di una volta”. Quella mafia, per esempio, che andava a braccetto con il Sindaco del paese per raccogliere consenso sociale o con il prete della parrocchia sotto casa per “battersi la mano sul petto” liberandosi di ogni peccato. Anche il “Dio su misura” creato fino ad oggi da cosa nostra sembra essere diventato quasi secondario.

In questi anni abbiamo assistito al cambiamento della mafia. Come un serpente ha cambiato pelle, ritornando, come più volte affermato anche da autorevoli giornalisti, alla sua vera natura: nascosta “alla luce del sole” e più forte di prima. Niente scruscio vuol dire grossi affari. All’ombra dell’ultimo super latitante rimasto a piede libero: Matteo Messina Denaro. Ma per molti non è lui l’erede dei due boss corleonesi. Anche se era il “pupillo” di Riina.

Dalle recenti indagini è emerso come Matteo Messina Denaro veniva addirittura adorato, da alcuni che secondo gli inquirenti sarebbero molto vicini al pericoloso latitante, come un santo. A rivelarlo sono gli stessi affiliati che intercettati durante l’ultima operazione antimafia denominata “Anno Zero” parlano tra di loro di “lu siccu”. Non sono certo parole nuove. Qualche anno fa qualcuno disse di “essere disposto a farsi anche il carcere per difendere il boss.”

Matteo Messina Denaro è quel boss che ha traghettato la mafia da stragista a “liquida” ed è passato dallo scruscio delle bombe alla sommersione, lui che ha intensificato i rapporti con i “colletti bianchi” per gli affari che contano. E contano parecchio non solo in Sicilia ma anche all’estero. Le intercettazioni di meno di un mese fa rivelano dei fatti inquietanti: “u siccu” sarebbe osannato e venerato come un Santo. E loro ci tengono molto alla preghiera. La religione costruita ad hoc “a loro immagine e somiglianza” è ormai una cosa rodata, anche se va contro i principi del Vangelo come più volte sottolineato da Papa Francesco.

Due degli arrestati, mentre si trovavano a Triscina, parlavano di “u siccu”: … una statua gli devono fare… una statua… una statua allo zio Ciccio che vale …. una statua… Padre Pio…. ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto… quelli sono i Santi… i Santi… appena dice… e che minchia vuoi? …io ho le mie vedute… che cazzo vuoi?”

Capito? Chi parla non ha niente da nascondere o da vergognarsi. Non sta scherzando, secondo lui “u siccu” va santificato e basta. E ancora: “Significa essere colpevole? Arrestami… Che fa… non posso dire quello che penso?”. Viene invocato pure il “sacrosanto” diritto di espressione.

Ma c’è di più: “[…] è potuto essere stragista… cosa minchia sia…a me… le cose giuste… mangia e fai mangiare… voi altri tanto mangiate… state… state facendo diventare un paese… l’Italia è uno stivale pieno di merda… uno stivale pieno di merda… le persone sono scontente… questo voi fate… e…  glielo posso dire? Arrestami… Eh… sino alla morte come diceva quello… […]”.

Quindi anche secondo loro Matteo Messina Denaro è stato uno stragista (sono loro stessi a definirlo come tale), ma non ha importanza. Il latitante viene addirittura paragonato all’attuale classe politica italiana, a loro dire “sporca e corrotta” che pensa solo alle proprie tasche. Quindi il vero problema del paese è la politica. Una politica “sporca” che non merita di essere seguita e che sta facendo diventare l’Italia “uno stivale pieno di merda”. Matteo Messina Denaro, secondo loro, invece, si deve seguire “sino alla morte”.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.