La memoria ritrovata

Se un tempo la mafia era un tabù, oggi nelle scuole c’è maggiore consapevolezza

CASTELLAMMARE DEL GOLFO. In questi giorni alcuni volontari delle associazioni Libera e Castello Libero Onlus sono andati in giro per le scuole di Castellammare per incontrare gli studenti su temi che riguardano la legalità e le iniziative in occasione del 21 marzo scorso. Incontri importanti, che hanno permesso a studenti delle scuole medie e superiori di ascoltare le storie delle vittime innocenti delle mafie e le attività dell’associazione Libera. Incontri che negli anni sono stati sempre più frequenti perché, come affermano i ragazzi di Libera, è da lì, dalle aule scolastiche, che si costruiscono le nuove coscienze. Per poter sperare in un futuro migliore occorre cambiare il presente. Non è un luogo comune. I ragazzi non sono solo il futuro, sono soprattutto il presente.

La cosa che più ha colpito è la conoscenza, da parte di molti studenti, delle storie dei castellammaresi vittime innocenti delle mafie. In ogni scuola, il nome di Gaspare Palmeri, ucciso nel 1991, non è nuovo. “Si lo conosciamo, ne abbiamo parlato in classe” – ha dichiarato un ragazzo della scuola media. “Era amico di mio padre, gli hanno intitolato pure una via qui a Castellammare” – spiega un altro. E finiscono per spiazzare i relatori. Un tempo era impensabile, non si parlava di mafia, figuriamoci delle vittime innocenti delle mafie. Perché Gaspare Palmeri è una vittima innocente e, come ha giustamente sottolineato un socio di Libera, non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Erano i mafiosi nel posto sbagliato. E in realtà lo sono ancora.

Anche nelle scuole superiori il discorso non cambia: “Si, conosciamo la storia di Gaspare, abbiamo incontrato il figlio Giovanni qualche settimana fa”. È molto significativo. Sicuramente testimonia il gran lavoro che viene fatto nelle scuole da pare di insegnanti e dirigenti, sempre più attenti, negli ultimi anni, alla diffusione di certi valori. Ma di pari passo si registra anche l’interesse crescente di molti ragazzi per queste storie. E questo si ripete anche quando si fa il nome del capitano Paolo Ficalora, anche lui un castellammarese vittima innocente di mafia. I ragazzi annuiscono, lo conoscono. Oggi la famiglia Ficalora vive a Palermo, ma a Castellammare in molti si ricordano e i ragazzi conoscono la via a lui intitolata. “Si, sappiamo chi è, anche lui è stato un innocente ucciso dalla mafia” – spiega qualcuno. Paolo Ficalora era un Capitano di lungo corso che aveva iniziato la sua attività di affittacamere nei pressi di Scopello. È stato ucciso nel 1992 davanti casa, a pochi passi da Guidaloca. Chi lo ha conosciuto descrive un uomo buono, gentile, sempre disponibile, in poche parole “un ottimo vicino di casa, ho davvero bei ricordi di lui” – spiega chi lo ha conosciuto da vicino. E i ragazzi conoscono queste storie, annuiscono. Sorridono.

Questo avviene anche per Barbara Rizzo e i suoi gemellini Salvatore e Giuseppe Asta, uccisi dalla mafia nel 1985 a Pizzolungo mentre andavano a scuola. I ragazzi conoscono anche questa storia. “A Castellammare la biblioteca comunale porta i loro nomi” – dice qualcuno. È vero. Castellammare gli ha dedicato la biblioteca. Un luogo di cultura in memoria dei gemellini Asta, 6 anni, e la madre Barbara, tragicamente spazzati via dalla ferocia stragista della mafia. Mutuando il concetto di prima, Giuseppe, Salvatore e Barbara non erano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non hanno “accidentalmente” fatto da scudo all’auto su cui viaggiava il magistrato Carlo Palermo. No. Loro erano nel posto giusto, stavano andando a scuola come tutti. Era la bomba ad essere fuori posto. Non doveva esserci proprio. Perché chi piazza una bomba in quel posto e a quell’ora conosce bene le potenziali vittime. I mafiosi non dovevano esserci proprio sul quel tratto di mare a pochi chilometri da Trapani.

Poi c’è Piersanti Mattarella, il castellammarese Presidente della Regione Siciliana ucciso dalla mafia nel 1980. I ragazzi conoscono anche questa storia. In alcuni casi hanno anche la scuola intitolata a lui. “Era il Presidente gentiluomo dalla carte in regola” – dice qualcuno. La memoria, quindi, è stata ritrovata. A distanza di moltissimi anni, finalmente, sempre più si parla di queste storie. Sempre più se ne parla nelle scuole. È segno di una generazione che sta cambiando in positivo. Non sono più fatti lontani oltre un quarto di secolo, sono attuali, e i ragazzi hanno acquisito consapevolezza. Lo dobbiamo a chi ha perso la vita. Lo dobbiamo a Barbara Rizzo, Salvatore e Giuseppe Asta, Piersanti Mattarella, Paolo Ficalora, Gaspare Palmeri e tutti gli altri. Ma soprattutto lo dobbiamo a quelle persone, come Ficalora e Palmeri, per anni etichettati come “vittime di serie b”, quindi vittime una seconda volta del meccanismo diabolico della “diffidenza”, del “mascariamento”. “Sono stati uccisi? Beh, ci sarà stato un motivo, saranno stati vicini a qualcuno…”, si diceva un tempo. No. Non lo sono stati. Dopo tanti anni è stato dimostrato: sono vittime innocenti della mafia. Non avevano nulla a che fare con i mafiosi. Questa memoria ritrovata serve a restituire, in minima parte, l’affetto della società civile che per anni è mancato. Un affetto per troppi anni negato. Dalla mafia prima, dall’indifferenza poi. Lo dobbiamo a loro e ai loro familiari. Coltiviamo questa memoria, non perdiamola di nuovo.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.