Quando la massoneria ordinò

L’arresto di Baffi e Sarcinelli ieri, e oggi…

Era il 24 marzo 1979, mentre a Roma moriva uno dei più grandi politici ed economisti italiani, Ugo La Malfa, Paolo Baffi, governatore della Banca d’Italia e Mario Sarcinelli, vicedirettore generale con delega alla vigilanza, si trovarono i carabinieri nei loro uffici di via Nazionale. I militari dovevano notificare contro di loro un atto di accusa mandato dalla Procura capitolina. Venivano accusati di interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento personale per non aver trasmesso all’autorità giudiziaria le notizie contenute in un rapporto ispettivo sul Credito Industriale Sardo, istituto di credito che aveva largamente finanziato il gruppo chimico SIR del finanziere Nino Rovelli, già intanto finito sotto inchiesta. In Banca d’Italia arrivarono i carabinieri, Sarcinelli fu arrestato, Baffi ricevette l’ordinanza con la quale gli veniva tolto il passaporto e veniva incriminato con le stesse accuse che stavano portando in carcere Sarcinelli. Baffi evitò il carcere per la sua età. I magistrati della Procura di Roma avevano approfittato , per mettere in piedi le accuse , della presenza di Paolo Baffi nel consiglio di amministrazione dell’IMI (finanziatore delle numerose società di Rovelli) , per costruire un castello di accuse pretestuose, come in seguito veniva dimostrato. Non occorse molto tempo , infatti, per far dire a tanti che quelle accuse erano frutto di una macchinazione affaristico-politico giudiziaria, ma il proscioglimento non arrivò subito. Per dirla con le parole di Mario Draghi,  si trattò di un «attacco intimidatorio all’autonomia della Banca d’Italia». I segnali di attacco in via Nazionale c’erano stati: quando nel febbraio 1978 il Ministro del Tesoro Gaetano Stammati (poi risultato iscritto alla P2) e Franco Evangelisti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e braccio destro di Giulio Andreotti, convocarono per due volte Baffi e Sarcinelli sollecitando la sistemazione dei debiti Caltagirone nei confronti dell’Italcasse. Ma all’epoca c’era anche altro. Imperava il caso Sindona. Mario Sarcinelli, finì in carcere mentre lavorava  a smascherare i trucchi di Sindona e dei banchieri d’assalto. Per l’impegno preso su diversi fronti l’azione di Baffi e Sarcinelli era vista dai “nemici” come “sovversiva”, il nuovo corso della Banca d’Italia dava fastidio. Il potere politico era impegnato a risolvere affari privati e personali, da Sindona a Caltagirone, Banca d’Italia aveva invece fatto sciogliere il cda del potente feudo Dc “Italcasse”, facendo scoprire i debiti del potente imprenditore Caltagirone, aveva ordinato l’ispezione al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, si opponeva al salvataggio delle banche di Sindona. Alle sollecitazioni per andare in senso opposto, Sarcinelli rispose: “Noi non guardiamo cose che ci provengono dagli avvocati di persone che secondo noi sono dei bancarottieri, perché dobbiamo guardarlo?». A ballare facendo festa di quell’indagine che colpisce Baffi e Sarcinelli non furono solo Sindona, Calvi e Caltagirone, ma il banchetto fu più ampio: vi parteciparono giornalisti di alcune testate, finanzieri vaticani e dirigenti di qualche istituto centrale di credito,  uomini politici e loro feudatari, alti funzionari dello Stato e magistrati. Il 24 aprile 1979,  150 economisti firmarono una dichiarazione a favore di Baffi e Sarcinelli e contro l’ignobile attacco: «Conosciamo da anni la dirittura morale, l’impegno intellettuale e civile e la competenza tecnica di Paolo Baffi e Mario Sarcinelli; siamo certi delle loro assoluta correttezza nello svolgimento dei compiti del loro ufficio. […] Il Paese ha bisogno che uomini retti come Baffi e Sarcinelli ed istituzioni di alto prestigio ed efficienza quali la Banca d’Italia possano operare serenamente per il bene di tutti». In massa vennero convocati in Procura a Roma, per essere sbeffeggiati dal pm Alibrandi. Baffi si dimise da Governatore nel 1979 e nel suo ultimo intervento disse: «Ai detrattori della Banca, auguro che nel morso della coscienza trovino riscatto dal male che hanno compiuto alimentando una campagna di stampa intessuta di argomenti falsi o tendenziosi e mossa da qualche oscuro disegno. Un destino beffardo ha voluto che da questa campagna io fossi investito dopo 43 anni di servizio». Baffi nel luglio del 1979 si trovò a partecipare ai funerali del liquidatore della banca di Sindona, Giorgio Ambrosoli, ucciso dalla mafia ancora una volta pronta a comportarsi da service per i poteri occulti e della massoneria. Giorgio Bocca scriveva «Non sembra casuale che Paolo Baffi, l’unico a capire, a sentire che bisognava esserci al funerale di Ambrosoli, sia a sua volta sottoposto ai ricatti e ai messaggi di una giustizia che vede le pagliuzze e non i tronchi». Baffi e Sarcinelli furono prosciolti da ogni accusa l’11 giugno 1981, Baffi così scrisse in quell’anno: «il naufragio di Rovelli ha offerto a talune cerchie il destro per far rimuovere dall’ufficio un governatore sgradito». Lo scenario di quell’indagine che mostrò quanto allora, in quegli anni 80,  la Procura di Roma era davvero “il porto delle nebbie” fu svelato ne 1986 dal faccendiere Pazienza: affermò, davanti ai magistrati, che l’incriminazione di Baffi e Sarcinelli era stata decisa dalla Loggia P2 capitanata da Licio Gelli. La massoneria si era mossa trovando porte aperte nel Palazzo di Giustizia di Roma.  E poi mise in piedi il circo dei detrattori. Non erano ancora gli anni dei “professionisti dell’antimafia”, ma lavoravano già bene i detrattori per professione, i “professionisti della maldicenza” che ancora oggi assieme alla massoneria sanno restare in campo.  Perché abbiamo ripreso dagli archivi questa storia per raccontarvela quasi fosse una puntata di Diario Civile che va in onda sul canale di Rai Storia? Fateveli voi due conti, lettori attenti. Chissà poi tra qualche giorno approfondiremo.

fonte dalla quale si sono tratte le notizie: http://www.econopoly.ilsole24ore.com/

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.