Claudio e Giovanni fanno pace

Per il bene della Sicilia degli onesti

di Guido Ruotolo

Che bello essere riusciti a chiudere delle ferite che non avevano senso. Da alcuni giorni Claudio Fava e Giovanni Impastato si erano ritrovati su fronti opposti. Claudio Fava, storico rappresentante di una Sicilia politica antimafia, figlio di Pippo Fava, giornalista ucciso da Cosa nostra, ha deciso di candidarsi a governatore dell’Isola guidando un fronte critico della sinistra con la lista «Cento passi per la Sicilia».

Ora “Cento passi” è il film alla cui sceneggiatura ha partecipato Claudio Fava che racconta la storia di Peppino Impastato (fratello di Giovanni) il martire dell’Antimafia ucciso da Cosa Nostra, alla fine degli anni Settanta. Giovanni Impastato si è sentito scavalcato da questa scelta di Fava e l’ha criticata. Complice la conoscenza quasi trentennale dei due, ho rivolto loro un appello per chiudere una polemica che non ha senso. E la risposta è arrivata questo pomeriggio da Giovanni: «Ho ricevuto un messaggio sul cellulare da parte di Claudio. Mi ha emozionato. Molto bello. Per me le incomprensioni sono chiarite. Non intendo più alimentare polemiche che ritengo chiuse».

In questa Sicilia palcoscenico di tragedie antiche e moderne, è un piccolo segnale positivo alla vigilia della campagna elettorale.
La Sicilia del nuovo millennio ha maledettamente bisogno di trovare una identità. Antonello Cracolici, storico dirigente del Pci siciliano e oggi assessore del governo regionale più criticato degli ultimi secoli verrebbe da dire, la giunta di Rosario Crocetta, ragiona sullo scenario dell’Isola alla vigilia della campagna elettorale. «Ormai la Sicilia è una regione che da dieci anni vive una crisi economica. Smantellato il polo auto della Fiat di Termini Imerese, in crisi il polo chimico possiamo puntare sulla qualità della produzione agricola e sul turismo».

Vigilia di presentazione delle liste e dei candidati. Impressiona che nella terra del Gattopardo per un posto in lista, per un pacchetto di voti si è disposti anche a mettere in discussione la coerenza. L’elenco degli impresentabili è lungo. Ne scrivono i giornali locali arricchendo giorno dopo giorno il carniere delle sorprese. Anche nel fronte di Claudio Fava per esempio ci sono candidature inaspettate. Come quella di Francesco Aiello, ex sindaco comunista di Vittoria e soprattutto ex assessore regionale della giunta Lombardo. Aiello negli anni Novanta guidava il movimento di lotta degli abusivi.
Che sofferenza queste ore. Pochi posti disponibili in ogni collegio. Liste con liste d’attesa di candidati impazienti. E se si aprono delle porte, la bandiera di appartenenza può anche essere ripiegata. Chissà che farà il sindaco di Troina, Fabio Venezia, un bravo amministratore antimafia che doveva candidarsi con il Pd, che invece ha preferito optare per la deputata uscente Luisa Lantieri sostenuta dai vecchi notabili. Venezia potrebbe trasmigrare nella lista del sindaco di Palermo.

Che sofferenza per i grillini di Licata, che minacciano lo sciopero della campagna elettorale per il candidato a governatore, Giancarlo Cancelleri, il quale, per controbilanciare la posizione favorevole sull’«abusivismo di necessità», ha annunciato di voler nominare assessore della sua giunta l’ex sindaco di Licata, Angelo Cambiano, sfiduciato ad agosto per la sua posizione a favore delle demolizioni delle case abusive.
Cambiano viene dal centrodestra e ai Grillino d8 Licata convince poco. I sondaggi sono concordi nell’assegnare il primo posto al candidato Nello Musumeci, sostenuto dal centrodestra. Ma Musumeci deve fare i conti con gli indigesti che sono imprensentabili. La redazione palermitana di Repubblica ha scovato un probabile candidato di Forza Italia, il sindaco di Priolo Antonello Rizza, che ha vanta ben 22 capi di imputazione che gli vengono contestati.

Diciamo anche in premessa che quelli che vengono indicati come probabili candidati magari alla fine della maionese impazzita della presentazione delle liste, si accorgeranno di essere stati cancellati, o all’ultima curva decideranno di tagliare il traguardo con un’altra lista o schieramento. Del resto siamo nella terra del Gattopardo e non possiamo stupircene.
Per esempio Giovanni Di Giacinto di Casteldaccia, finito sotto processo per abuso di ufficio a Termini Imerese, per aver cancellato nel sistema informatico di Equitalia le cartelle esattoriali di quaranta concittadini per centoventimila euro. Forse si candiderà nello schieramento del rettore dell’Università di Palermo, Fabrizio Micari, candidato dal Pd, dal gruppo di  Leoluca Orlando e dai centristi di Angelino Alfano.
È ancora indeciso se andare con Micari o con l’Udc che sostiene Musumeci, Giambattista Coltraro, notaio che appoggiava Il governatore Crocetts, indagato per falso in atto pubblico. E poi c’è il giovane rampollo ventunenne della dinastia Genovese. Luigi, 21 anni, «sono abbastanza incensurato», figlio di Francantonio passato dal Pd a Forza Italia dopo essere stato arrestato e condannato per lo scandalo della formazione professionale.
È sempre con Forza Italia potrebbe essere candidato il consigliere comunale di Catania Riccàrdo Pellegrino, fratello di Gaetano condannato per i suoi rapporti con il clan dei Carcagnusi. E Roberto Clemente, già condannato a sei mesi con rito abbreviato per corruzione elettorale.
Insomma, presenze indigeribili. Ma che la Sicilia potrebbe tranquillamente metabolizzare. Il richiamo della foresta è la scommessa dei potentati, delle lobby, del vecchio sistema di potere siciliano. Anche i sondaggi raccontano d8 un cortocircuito evidente. Ovvero del consenso dei candidati che non tiene conto, invece, dell’attrazione delle liste che li appoggiano.

Per esempio i grillini saranno soli a sostenere Cancelleri. Mentre Musumeci, Micari e lo stesso Fava potranno contare su diverse liste che li sosterranno. Micari adesso punta a raccogliere il consenso al centro. È forse anche per questo che sorprendentemente si è dichiarato a favore del Ponte sullo Stretto («Opera fondamentale è strategica»), mettendo in difficoltà il Pd e lo stesso sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Su questo nervo scoperto si è scaraventato Claudio Fava: «Micari ha fatto tre autogol: da candidato, da ingegnere, da Rettore dell’Università».

fonte Tiscali.it

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