Universo bambola

Di Diego Motisi

Dal Pigmalione (Metamorfosi di Ovidio) innamoratosi di una statua da lui stesso scolpita, ai marittimi che nel diciassettesimo secolo usavano accompagnarsi con sostituti vagamente femminili per i viaggi lunghi, a Adolf Hitler, che (da buon pallone gonfiato) nel 1941 pare abbia ordinato per le sue truppe una bambola gonfiabile ariana …, molti sono gli adulti che bazzicano in “bambole”. Checché se ne dica!!.

Nei secoli l’Europa è stata un importante centro per la produzione di bambole. I primi pezzi con articolazioni mobili sono stati creati … (manco a dirlo) in Germania.

Non è, infatti, un caso… che il commercio di bambole per adulti nasca in Germania con la Bild Lilli doll, fantoccio non penetrabile inventato negli anni 50.

Tracciamo una linea di margine, su questo segmento che sembra dover trascendere in cruda e triviale sfacciataggine trasgressiva.
Ciò che segue a questo accenno meramente (e volutamente) glissato sarà di altro tono. Come dice il titolo sarà in argomento l’universo bambola.

Perciò, cercherò di NON essere melenso nelle descrizioni, ben comprendendo l’imbarazzo del doversi mantenere vigili, dinnanzi a un argomento che (a naso) è foriero di crisi narcolettiche improvvise, associate a dispnea presso gran parte dei lettori di genere maschile. Io stesso confesso di avere storto il naso, la prima volta che mi sono accostato incuriosito all’universo rosa della bambola.

Sono però gli occhi della curiosità, quelli che aprono gli orizzonti.

A tal uopo sfatiamo un mito: La curiosità, non è donna!

L’interesse che mi ha fatto tornare il naso in asse, facendomi fiutare un argomento ricco di contenuti significativi, non era già quello dell’estimatore di bambole (a cui sono del tutto estraneo), bensì quello prepotentemente rampante che muove i bambini. La smania di sapere che determina i piccoli virgulti a voler penetrare il funzionamento dei giocattoli posseduti, al punto di smontarli.

PUPO, usato al maschile, NON È solo il nome d’arte del cantautore Enzo Ghinazzi. È anche un sostantivo, uno status, o anche una marionetta tipica (almeno in Sicilia) che ha radici narrative nella Francia dei Paladini. Da buon siciliano ne faccio menzione pretestuosamente, nell’intento di voler sottolineare la meravigliosa smania dei bambini più incalzanti che, dopo aver assistito all’affascinante teatrino dei “pupi” – mai paghi – scavalcano l’esteriorità scenica e ne vogliono penetrare i meccanismi, ficcando il naso moccioso dietro le quinte della giostrina.

C’è un PUPO della Mattel, a cui vorrei tanto scoperchiare la giostrina: si chiama Barbie.

Un nome arcinoto, tanto successo, ed un marchio di proporzioni planetarie… “Qual è la formula vincente?”

Sembra quasi la domanda classica sulla formula chimica segreta della Coca Cola.

Trasudante come la bibita (come, e meglio, più appresso si vedrà), nasce già con un’identità scenica corrispondente a tale Barbie Millicent Roberts di Willows, Wisconsin (USA).

Appaiono da subito dissociati tanto il cognome (che avrebbe dovuto essere Mattel) quanto la dichiarata provenienza (dal momento che, in principio, venne generata a Los Angeles – CA).

Un fantoccio irriconoscente anzitempo verso i due amici Mattson ed Elliot (da cui il nome Mattel) che nel 1945 posero le basi di un colosso internazionale capace di fare della bambola più di quanto nessuno avesse mai osato per un giocattolo.

Tornando alla bambola statunitense, nonostante la discendenza fittizia fornita da Mattel, se ne scorgono radici europee. Altro che Wisconsin!

Sono quattro le fasi salienti della sua genesi, e vale la pena di buttarci l’occhio (ed il naso):

1. Settembre 1939, la Germania invade la Polonia. Parallelamente alle attività di repressione i polacchi ebrei vengono dapprima isolati in ghetti, e poi inviati ai campi di concentramento dove in migliaia trovano la morte. La famiglia Molko è fra quelle che rischiano la stessa tragica sorte. A loro toccherà una destino ben più felice di tanti altri connazionali. Riusciranno a scampare, insieme alla piccola Ruth (loro decima figlia), ed a giungere negli Stati uniti. Ruth Molko crescendo sposerà Elliot Handler (uno dei fondatori della Mattel) e sarà persino presidente di MATTEL Inc.

2. 1952. Il fumettista tedesco Reinhard Beuthian riceve l’incarico di creare una vignetta. Nasce Bild Lilli, una fanciulla un po’ impertinente e dai grandi sogni.

1955. Tre anni dopo, MaxWeißbrodt crea, con discreto successo, una versione giocattolo del personaggio, per l’O & MHausser Toy Company in Germania. L’industria di giocattoli aveva fatto fortuna vendendo soldatini sotto il nazismo e creando Lilli si rivolgeva a un pubblico adulto, cui proponeva il modello di bellezza promosso dal defunto regime hitleriano e ancora giudicato ideale dal tedesco medio di allora.

3. Ruth Molko, già Signora Handler, torna in Europa per un viaggio. Nota Bild Lilli (in un negozio di giocattoli) e ne resta attratta. Scoppia la scintilla imprenditoriale che accenderà il mito Barbie.

4. 1964, la Mattel acquista i diritti per la produzione della bambola Bild Lilli. Viene diffuso un prodotto «ariano» grazie a una donna di origine ebraica del tutto inconsapevole della derivazione cripto-razziale di quella bambola. Bild Lilli scomparirà in favore di Barbie, ma la somiglianza fisica, fra le due bambole, le rende pressoché assimilabili. Si tratta di una sorta di mimesi, che la stessa Ruth confessa più volte in alcune interviste.

Sul nome “Barbie” ci sono almeno due contrapposte fonti.
1 – Quella ufficiale → che vorrebbe fosse un esplicito riferimento alla figlia degli Handler (Barbara).
2 – Quella insinuante ufficiosità → che attribuisce il nome al criminale nazista Klaus Barbie.

Il nome di Barbie (Klaus) è legato a varie ignobili prodezze, la più spregevole delle quali si consuma a Izieu (circa 80 km da Lione). Da qui, 44 bambini e adolescenti ebrei, deportati prima a Lione e poi ad Auschwitz finiranno tutti nelle camere a gas. A capo di quel plotone di nazisti c’era Klaus Barbie, scampato al processo di Norimberga e noto come il Boia di Lione.

Per una coincidenza, forse nemmeno tanto fortuita, dopo la seconda guerra mondiale, Barbie, ha partecipato ad attività di intelligence, lavorando per i servizi segreti americani. La voce di un accostamento del nome scelto dalla Mattel a quello del nazista non è mai stata ufficialmente smentita.

Tutto questa manfrina descrittiva per condurre il lettore a porsi alcune domande:

  • In ogni caso…, qualunque delle fonti fosse quella vera,… non c’erano altri nomi in lizza, fra le conoscenze dei due amici Mattel?
  • Non sarebbe stato meno disagevole pescare fra i parenti del socio Harold “Matt” Matson?
  • E a proposito di Matson…come mai se ne trovano pochissime tracce pubbliche? Giace forse inumato con l’esanime Bild Lilli?

Barbie, sin dai primi vagiti promozionali, è stata probabilmente la più famosa e discussa bambola del pianeta. A lei si sono interessati (per motivi a volte confliggenti) intere generazioni di genitori,bambini, adolescenti, industriali, pedagogisti, sociologi, opinionisti e tanti alti.

Attraverso tutta la seconda metà del ‘900, la storia del mondo occidentale si incrocia con quella della bambola fashion, posizionata in una fascia di marketing di ragazzine dagli 8 ai 12 anni ma concentrata più sulla loro evoluzione di adolescenti. Per questa “frenesia” come modello di riferimento appariva più vicina ad una ninfetta che ad una ragazzina. In tal senso si sprecano le polemiche e gli accostamenti. Se ne segnala addirittura un parallelismo con lo scandaloso romanzo di Nabokov, Lolita, accusato, all’epoca (solo 4 anni dopo la nascita della bambola), di ambiguità pedofile.

Negli anni parecchi sono i tratti salienti attraverso cui la bambola, fenomeno commerciale e sociale, attraversa mode e società. Sul suo cammino luci e ombre, connivenze e dinieghi, condanne e assoluzioni.
Comunque sia, forse per merito del fascino che il male esercita sulla psiche di chi manifesta carenza di neuroni, o più probabilmente per una funzionale coincidenza di elementi astrali nella costellazione dei mercati borsistici:Barbie, nel tempo, a dispetto dei catastrofisti, andrà molto lontano. In scia il “Marchio”, un’industria parallela che ha registrato il nome, cui cuore è la parola “Barbie”. Un Brand che ha spaziato per varie classi merceologiche nella quasi totalità dei Paesi del mondo. Una miniera di pepite in casa Mattel s.r.l. licenziataria esclusiva per l’utilizzo.

Di seguito una cronologia mirata di alcune delle tappe percorse dal mito:

1973 – Diversamente Barbie

Mattel lancia sul mercato Becky, la Barbie sulla sedia a rotelle colorata. In realtà non è proprio la Barbie, ma un’amica paraplegica, come lei biondissima e con i lineamenti perfetti.Per i bambini, un modello in cui identificarsi.

C’è da sperare che in Mattel non si siano identificati i futuri Ingegneri dell’epoca. Infatti, l’inabilità vera si dimostrerà a carico dei progettisti, incapaci di prevedere gli ingombri della carrozzina rispetto agli standard della dimora madre.

Numerosissime infatti si dimostrarono le barriere architettoniche presenti nella “casa di Barbie”, a partire dalla porta, troppo piccola per permettere alla sedia a rotelle di Becky di entrare. L’unica cosa che poteva fare agevolmente Becky con l’amica Barbie erano infatti i viaggi brevi, altrimenti detti “fuoriporta”.

Ravvedutasi, la casa costruttrice, presentava un rapido modello compatibile. Con tanto di scuse ufficiali.

Curioso: la legge quadro italiana che tratta il problema dell’accessibilità, con particolare attenzione ai luoghi pubblici, è del 1989. Forse, una volta tanto, andava seguito con zelo l’esempio del ravvedimento Mattel, piuttosto che aspettare 16 anni, prima di dare un concreto impulso alla lotta contro l’annosa questione delle barriere architettoniche.

1975–Barbie “telarca”

Compare sugli scaffali Growing Up Skipper (Skipper che cresce), la sorella adolescente di Barbie che, in questa versione, offriva alle bambine una velocissima panoramica sui principali cambiamenti del corpo femminile durante la pubertà.

Bastava farle girare un braccio e…Puff! …diventava più alta e dal petto di gomma concavo spuntavano improvvisamente due seni alti e sodi.

Inutile negare che ciò, a causa delle sue implicite connotazioni sessuali, suscitò scalpore e finì con spingere Mattel a ritirare il modello dal mercato. In un…Puff!

Nel decennio successivo, solo qualche anno dopo – pur in un ambito distinto – esploderà agli onori della cronaca uno scandalo che ricordava un po’ la Skipper. Ancora una volta, sotto i riflettori, un’anomalia dello sviluppo sessuale femminile, ma purtroppo, tragicamente vera. Era lo scandalo legato all’uso di omogeneizzati di carne addizionati di ormoni femminili come gli estrogeni. Si parlò di “telarca” infantile.

1978 – Barbie Kamasutra

Viene commercializzata Kissing Barbie (Barbie che bacia). Lo scalpore è immediato. Si trattava di una Barbie specializzata in…Baci con labbra più pronunciate ed uno speciale lucidalabbra con cui “stampare” impronte di baci. Quella sorta di bacio a stampo ammiccava alla più elementare forma di bacio descritta dal Kamasutra (il bacio inaugurale in cui le due bocche si toccano).

Look “allarmante” ed inviti ad esplicite cognizioni che creavano nelle bambine aspettative di comportamenti non pertinenti alla loro età. Il timore dei genitori era quello di avere a che fare con una bambola già, in un certo senso, sessualizzata.

1994 – Barbie fatwa

Kuwait
Questa volta ad allarmarsi è un intero stato. Contro la bambola viene pronunciata una fatwa (condanna religiosa). Qualcuno dice, con forza, NO!

1995 – Barbie “Sperticata”  

È tempo di Check-up. L’International Journal of Eating Disorders calcola che le proporzioni di Barbie sono incompatibili con il mondo reale.Una persona alta 1 metro e 75 centimetri e con quelle proporzioni avrebbe un “giro seno” di 99 cm, il “giro vita” di 53 e fianchi di 83; secondo l’Università di Helsinki sarebbe inoltre troppo magra per avere un regolare ciclo mestruale.

Lo psicologo australiano Michael Carr-Gregg invece sottolinea come le sue gambe, del 50% più lunghe delle braccia (la media nel mondo reale è del 20%) ostacolerebbero una normale deambulazione.

L’esame è allarmante. Pur tuttavia, visto di validità. Il mito marcia a testa bassa e continua a “fare strada”.

1997 – Barbie Metamorfosi

La gente di sinistra sostiene che le Barbie bionde perpetuano stereotipi razzisti di bellezza della ragazza bianca.
Buongiorno!!

Mattel e Nabisco realizzano la Oreo Fun Barbie, distribuita in due versioni (come da consolidata prassi, negli USA, per le Barbie speciali), bianca e nera. Oreo è un termine usato per indicare una persona di colore che si sente e si comporta come un bianco (nero fuori, bianco dentro, come un biscotto).

Immediato l’effetto di fare imbestialire la comunità afroamericana.

  • Viene prodotta ancora la Becky paraplegica. Questa versione sarà funzionale ad uno slogan pubblicitario in cui questa versione su sedia a rotelle sarà accompagnata dallo slogan «Tutti possiamo diventare disabili. Ma ognuno di noi può aiutare. Disabili, non diversi. Yes I Care». Ancora una volta sarà Becky a vivere il disagio, mentre alla Barbie VIP spetta il piacere di cavalcare l’entusiasmo che il messaggio sociale suscita.
  • Date le frequenti critiche, a Barbie, di promuovere l’aspirazione ad un corpo anoressico, da quest’anno, il corpo della Barbie è stato modellato affinché abbia un bacino più ampio.

2000  – Barbie tossica

Mentre Barbie, dallo scorso anno, compare nel mondo dei videogames, a marzo, nei media, si sono diffuse voci che calunniavano la plastica utilizzata per la fabbricazione di alcune Barbie. Sotto accusa alcune sostanze tossiche che trasudano dalle bambole, potenzialmente pericolose per le bambine utilizzatrici.

Ad occuparsi della questione addirittura WebMD, sito web USA dedicato a servizi di informazione sanitaria che pubblica contenuti relativi a temi di salute e assistenza sanitaria. La rete di siti web di WebMD ha ogni mese più visitatori rispetto a qualsiasi altro sito web di assistenza sanitaria privato o governativa, rendendolo l’editore principale di salute negli Stati Uniti. Se il timore fosse stato infondato, difficilmente la testata avrebbe trattato l’argomento.

Al banco dell’accusa Yvonne Shashoua, scienziato e chimico presso il Museo Nazionale di Copenaghen.

Alcune vecchie Barbie prodotte nei primi anni contengono cloruro di polivinile o PVC. Alcuni di questi elementi, nel tempo, sbavano una sostanza chimica che – in specie nei bambini molto piccoli – potrebbe interrompere lo sviluppo e interferire con il sistema riproduttivo. Nel giugno dello stesso anno la stessa ricercatrice dirà: «La degradazione della plastica è una bomba a orologeria».

In questo caso, non interverrà nessun salvifico personaggio Mattel nei panni dell’artificiere (o del supereroe)!

In termini molecolari la plastica è costituita da polimeri, (gruppi di molecole) che si rompono man mano che vengono attaccati dall’ossigeno o dai raggi ultravioletti, o dal calore ambientale. Uno sfaldamento degenerativo inesorabile che può costituire un rischio per la salute. Il PVC, sostanza chimica trovata in migliaia di prodotti per mantenerli morbidi, è stato collegato al cancro e ai danneggiamenti del rene e del fegato, negli animali. La minaccia per l’uomo non è stata dimostrata.

Alcuni studi europei hanno dimostrato che quando il PVC inizia a deteriorarsi emette una sostanza chimica che può imitare l’estrogeno femminile (un ormone). Questo stesso ormone viene usato,nelle donne che accusano carenza di estrogeni,per contribuire a ridurre i sintomi della menopausa.

Le bambole più vetuste, spesso, danno una sensazione tattile appiccicosa in superficie. I proprietari di bambole d’epoca possono testimoniarlo.

Dice Sashoua: «Se hai una bambola Barbie degli anni ’50 ed è appiccicosa, occorre lavare sempre le mani e non lasciare mai che i figli la lecchino o mastichino. La cosa migliore è metterla in un sacchetto di plastica e evitare il contatto con la superficie».

Ed ancora…aWEbMD: «Le bambole non sono velenose – non è come veleno di topi.  Pur tuttavia occorre cautela. È qualcosa che si può accumulare nel corpo e avere effetti futuri. Gli effetti sono noti, ma non altrettanto le quantità che possono produrre un effetto». Ed ancora: «l’uso della sostanza nociva è stato generalmente vietato, e una nuova formula, ora utilizzata nei prodotti in PVC, non costituisce un rischio sanitario noto».

Chi, ancorché responsabile, non nutrirebbe un minimo di preoccupazione?

MattelInc., produttore della bambola Barbie, non ha risposto alla richiesta di commenti da parte di WebMD, ma nutre quella preoccupazione. Ovviamente…,ça va sans dire, per la bambola!

A sostenerne la difesa, tentando di fugare le preoccupazioni, due autorità:

1 – La collezionista Sarah Locker, presidente della Barbie Doll Club di Oklahoma orientale a Tuls, con alcune scontate affermazioni:

  • «La cosa non deve destare troppe preoccupazioni»
  • «La maggior parte di queste bambole sono nelle mani dei collezionisti adulti, dunque tenute in situazioni climatiche controllate, ben lontano dalla luce solare e non esposte agli elementi che causano la perdita dei plastificanti. Perciò anche se molte persone hanno Barbies d’epoca, non è probabile che le stesse costituiscano un rischio per la salute».
  • «Chissà quanti Barbies vintage o altri giocattoli contenenti PVC sono in circolazione, negli armadi, nelle cantine, nelle soffitte, ecc.»
  • «Le uniche due o tre bambole appiccicose che ho visto erano in una soffitta dove temperature estreme sono in grado di alterare il plastificante del prodotto. Per fare assorbire i plastificanti nella bambola potrebbero essereriempite di amido di mais». «Se le vecchie bambole verranno tenute lontano da fonte di luce solare, in una zona ragionevolmente controllata dal clima, la maggior parte di esse rimarrà in buone condizioni per diversi anni».

2 – Joseph Prohaska, all’epoca, professore e biochimico nel dipartimento di biochimica e biologia molecolare presso l’Università del Minnesota-Duluth:

  • «…credo che la relazione sia sovrastimata. L’estrogeno simile a quello trovato in alcune bambole di Barbie non è dannoso.  La Commissione per la sicurezza dei consumatori di Maryland non aveva alcuna specifica osservazione sul PVC nelle vecchie bambole di Barbie».

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In realtà una portavoce della commissione ha detto a WebMD:

«Rivedremo i lavori condotti dai ricercatori danesi per stabilire se sia il caso di nutrire preoccupazioni».

Gli unici che hanno continuato a nutrirsi, e con ingordigia, PARE continuino ad essere coloro che stanno con la trasudante bionda.

2002 – Barbie e Premaman

Midge, l’amica storica di Barbie (lanciata sul mercato nel 1963 come sua versione meno attraente per contrastare, insieme con Skipper, la sensualità dell’originale) viene proposta in versione Pregnant Midge (Midge incinta). La bambola, dalle sembianze di una ragazza molto giovane, aveva una pancia removibile, che al suo interno conteneva un feto. Nonostante questa trovata offrisse alle bambine (a detta della critica pro-Mattel) la possibilità di comprendere il mistero della nascita, sollevando tutti i genitori dallo scomodo compito, ne scaturì un vespaio di polemiche:

  • i potenziali clienti-genitori la consideravano troppo giovane per essere mamma e temevano che la sua versione incinta promuovesse le gravidanze adolescenziali.
  • era stata scelta lei anziché Barbie per portare avanti una gravidanza (dunque la bambola più attraente doveva mantenere alto il suo sex appeal, lasciando un’incombenza come la gravidanza alla bambola più bruttina). Sembra tanto un dejà vu…degli anni ‘70, in stile Becky.
  • il partner di Midge, al contrario di quello di Barbie, era inesistente. L’unico amico comune… era Ken. A fare due più due… era rapidamente spiegata la fedifraga paternità.

A meno che non salti fuori… che il figlio della colpa ha paternità di provetta!

Sarà forse un primo esempio di “famiglia allargata” (o famiglia estesa)?

Le forti reazioni hanno portato al ritiro della bambola in molte catene di negozi.

2003 – Barbie “Cornuta e Mazziata”

  • Arabia Saudita

La vendita delle Barbie è proibita in dal mese di settembre. Il Comitato per la Diffusione della Virtù e la Prevenzione del Vizio (tipo il MOIGE arabo) ha dichiarato che le “Bambole ebree Barbie, con i loro vestiti e le loro pose da sgualdrine, sono un simbolo della decadenza del perverso Occidente”, di una civiltà perversa. Si direbbe che gli arabi, oltre al petrolio, abbiano scavato scheletri dalle parti di Bild Lilli…

  • In Egitto (ma anche in Siria e Qatar)

Hanno studiato il fenomeno Barbie e si sono creati un prodotto analogo, capace di veicolare i messaggi espliciti e subliminali.

L’analogo di regime (chiamata, a torto, rivale di Barbie, laddove se ne vieta sistematicamente il confronto) si chiama Fulla e la società produttrice ha sede a Dubai, UAE (Emirati Arabi Uniti).Fulla è il nome di una qualità di gelsomino, ed èpressoché impossibile entrare in un qualsiasi negozio in Siria, in Egitto o in Qatar senza imbattersi nei cereali per la colazione Fulla o nella gomma da masticare Fulla, o nella bicicletta Fulla. Tutti articoli di un «rosa Fulla» regolarmente registrato, in pieno stile Mattel.

La bambola, avvolta, nella confezione base, in una nera abaya lunga fino ai piedi e con un velo sulla testa impazza sui canali via satellite del mondo arabo con un incessante richiamo alla conservazione di un’immagine femminile arcaica e predefinita.

Fulla si muove su guide abbastanza risicate. Recitale preghiere al sorgere del sole sul suo bel tappeto in feltro rosa, prepara una torta, o leggere un libro…

La sua scheda caratteriale prevede che sia onesta, dolce, premurosa, rispettosa del padre e della madre e giammai accostata a boyfriend come il Kendi Barbie.

Maan Abdul Salam, leader siriano delle donne, sostenitore dei loro diritti, denunciando una recrudescenza dell’integralismo afferma: «Se questa bambola fosse uscita 10 anni fa, non credo sarebbe stata molto popolare». La propaganda commerciale di regime, in pieno stile emulativo, prende in prestito persino la voce dell’innocenza. La voce di facciata sarà quella di Fatima Ghayeha, 15 anni, che,da navigata ex fruitrice,afferma: «… Spesso indossare il velo è difficile per le bambine. …….Fulla, …., dimostra che l’ hijab è una componente normale della vita di una donna».

2005 – Barbie Odio

Lo studio di una ricercatrice, tale Dott.ssa Agnes Nairn, dell’università di Bath in Inghilterra, rivela che le adolescenti spesso passano per una fase di odio verso le proprie Barbie, facendole diventare oggetto di diversi tipi di punizione (una sorta di rito di passaggio), fra cui la decapitazione o il metterle nel forno a microonde. Non suscita certo buoni sentimenti, la vicinanza a questa bambola. Somiglia tanto ad un inquietante legame a doppio filo con bambole malefiche del tipo di Shadow, o “Annabelle”,  (cimeli degni di angosciosa memoria custoditi nell’altrettanto  tormentoso museo dell’occulto degli Warren) .

 

2008 – Iran Vs Barbie

In una lettera al Vicepresidente, il Procuratore Generaledenuncia il “pericolo” che la bambola più nota al mondorappresenta per la gioventù iraniana, denominando la bambola “distruttiva”.

Ad essere “cestinati”, stavolta, anche Batman, Spiderman e Harry Potter.

Asianews.it del 29/4/2008

l’Istituto per lo sviluppo intellettuale dei bambini e dei giovani adulti mette a punto due versioni islamiche (Sara e Dara) identiche ai modelli americani ma con un guardaroba più sobrio. Un Istituto di tale calibro DEVE coltivare le menti. Anche a costo di purghe e plagi all’odiato occidente.

2009 – Barbie Oscena

Turchia

Anche la quasi europea Turchia ha deciso che l’immagine di Barbie non può apparire su zainetti e borse degli studenti, perché troppo oscena e non in linea coi dettami islamici.

Ovviamente, anche qui, la condanna è senza appello.

Al bando anche le immagini di super eroi occidentali, accusati di “inquinare” la cultura turca. In questo caso estrogeni e PVC non sono però citati.

Ovviamente gli studenti non saranno condannati ad avere zaini e borse privi di stampe.Saranno infatti consentite stampe con immagini di poeti ed imam turchi.

Ansa.it del 19/5/2009

2012 – Barbie Iran bis

Iran

La guerra alla “Barbie” è già stata dichiarata.

Secondo le autorità iraniane, infatti, la Barbie sarebbe un modello di donna occidentale e pertanto contrario ai dettami coranici. Decine di negozi di giocattoli vengono chiusi dalla polizia religiosa iraniana. Motivo: «…contravvenendo al divieto che vige in Iran dagli anni ’90, vendevano bambole della Barbie».

Tg1.rai.it del 20/1/2012

2015 – BarbieTattoo e “origliatrice”

Gli adolescenti hanno voglia di emanciparsi, sentirsi grandi, indipendenti, il prima e il più in fretta possibile. Molti di loro, spinti dal desiderio di sentirsi grandi o dall’esigenza di essere parte di un gruppo ammiccano alla trasgressione prima del solito, e cedono alla voglia di farsi tatuare il corpo. Mattel – in collaborazione con il brand Tokidoki– crea una Barbie ricoperta di tatuaggi e con dei tatuaggi stick aggiuntivi compresi nella confezione.

Questa Barbie, dal look più trasgressivo e con uno sbarazzino bob rosa, è stata presa d’assalto da tantissimi genitori che la accusavano di poter “corrompere” i loro figli, ispirandoli alla pratica prematura dei tatuaggi.

Forse…gambe smisuratamente lunghe ed ossute, accostate ai due femori del marchio, devono essere stato un riferimento troppo forte.

Hello Barbie. La versione hi-tech della beniamina platinata adesso interagisce con i più piccoli grazie all’intelligenza artificiale. Il suo corpo di plastica,ora più formoso, fa spazio ad alcuni sensori che la trasformano in un prodotto tecnologicamente avanzato. Un microfono nascosto nella collana capta le domande dei bambini, e un modulo Wi-Fi invia i suoni ai server di ToyTalk, (azienda californiana specializzata in intelligenza artificiale) che trasforma i suoni in testo, li analizza, ed elabora la risposta corretta tra ottomila frasi preimpostate. Insomma, la Barbie ascolta e registra tutto.

Commercial-Free Childhood (CCFC), associazione statunitense per i diritti dell’infanzia, ha creato una petizione online contro la «Barbie origliatrice», come la chiamano loro. Questa versione impertinente di Barbie chiede consigli, indaga sulle preferenze,pone continue domande circa gli interessi, la famiglia d’appartenenza e le attività quotidiane dei bambini, più di una pettegola vecchio stampo (e su scala più ampia). Le risposte vengono registrate, salvate, trasferite su server esterni e analizzate. Il potente strumento di marketing, pur di entrare nelle case a curiosare, si è fatto “piccolo piccolo”, nel prezzo, offrendo tutto quell’hi tech al mero prezzo di 74,99 dollari.

Si ricorda un simile cyber scandalo in Germania, per una bambola di nome Cayla. Il prodotto, virtualmente soggetto ad essere hackerato da qualsiasi estraneo al fine di carpire dati personali, spiare le conversazioni dei bambini o addirittura entrare in contatto con loro, fu censurato per la dotazione di unmicrofono, collegabile via Bluetooth con qualsiasi smartphone nel raggio di 10 metri.La compagnia che produce la bambola (Genesis Toys) nel 2016 sarà citata in giudizio da un gruppo di consumatori statunitensi che sostengono la tesi della raccolta illecita di dati,poi trasmessi a una società chiamata Nuance Communications (multinazionale con sede in Massachusetts, Stati Uniti), autrice dell’applicazione che accompagna il giocattolo.

Cayla, sarà più colpevole di Barbie? L’unica certezza, in tal senso, è chele vere vittime possono essere i bambini, di sponda manovrati come PUPI, attraverso il subdolo tramite del giocattolo.

2016 – Barbie Connotati

La spinta perfezionistica è il sintomo più evidente di un disturbo del narcisismo? Può essere una tara ossessivo-compulsiva di personalità? Si inneggia al politicallycorrect anche per i giocattoli?

Nessun problema. Mattel si attrezza con un restyling adeguato. Il prodotto farà rotta “verso il basso”, al meno inarrivabile e dunque più vicino al consumatore medio. Chiaramente non si tratta di contenuti, ma di immagine. Nel pieno ossequio del Dio apparire (e vendere).

  • La critica sostiene che le bambole magre danneggino l’autostima delle giovani ragazze, propagandando un’immagine di donna poco realistica e spingendo le bambine verso i disturbi alimentari?
  • Mattel lancia Curvy Barbie(una Barbie conla vita più larga).
  • Insorge una fazione di scontenti che agitando il c.d. “rovescio della medaglia” si oppongono alla “Fat Barbie”, sostenendo che rappresenti un modello di vita non sano?
  • Fanno capolino i contestatori delle proporzioni poco armonizzate?

Nessun problema. Mattel proporrà una versione per ogni appetito.

  • Nella serie Fashionista la Bambola può essere (oltre che Curvy)Tall (Spilungona) e Petit (più bassa), a misura delle diverse corporature femminili.

2017 – Barbie in Picchiata

Il restyling evidentemente non ha funzionato. Pur ritoccata – raggiunta l’età della menopausa – Barbie non vende più, non piace più, non ipnotizza più.

Scendono drammaticamente le vendite di Barbie, addirittura del 15% per cento nei primi tre mesi di quest’anno, uno scivolone per la Mattel soprattutto negli Usa e in Europa, mercati evidentemente saturi. Un tonfo micidiale, proprio alla vigilia dell’uscita della sua autobiografia multimediale.

Alla Mattel tentano ogni espediente per rianimare quella che potrebbe tranquillamente essere accostata al mitico “Re Mida”, nel mondo delle bambole.

Dopo la Curvy Barbie” si pensa allora ad una Barbie di diverse etnie, con differenti tonalità della pelle. Mattel pensa persino alla Barbie musulmana, con tanto di hijab, nonostante la minaccia di ostilità ISIS (a cui, magari,in cambio, sarà costretto a vendere armi giocattolo…).

Le vendite calano vertiginosamente.Il tentativo di recuperare mercato è un c.d. “buco nell’acqua”. Le bambine sembrano ormai affascinate da bambole più ciniche e sguaiate, magari con un “buco nel braccio”.Gli interessi delle attuali bambine sono comunque indirizzati ai giochi virtuali, al mondo della rete, ai social.  La Barbie ormai è arcaica e adesso gli anni si sentono tutti, nonostante l’assenza di rughe o zampe di gallina. Mattel stessa dichiara, in un comunicato stampa, che le vendite di Barbie sono scese ai livelli più bassi degli ultimi 23 anni.

Per rianimare Barbie occorre uno shock defibrillante.

Sarà proprio shoccante il nuovo spot della campagna pubblicitaria in cui capeggia lo slogan “Dadswhoplays with Barbie” (papà che giocano con la Barbie). Il video mostra una serie di papà che giocano a Barbie con le proprie bambine, mostrando la pazienza e il garbo di una mamma premurosa. Nella performance gli attori hanno un aspetto molto macho e dimostrano di potersi divertire giocando a Barbie.

La Mattel, additata per decenni come creatrice di un modello femminile sessista e fortemente condizionante per le bambine, mostra di cambiare rotta:

  • prima con l’introduzione di modelle curvy,
  • poi con la creazione di modelli di bambole di diverse etnie,
  • successivamente scardinando l’accusa di sessismo.

Funzionerà?

L’ultimo escamotage a cui è ricorsa la casa statunitense (dopo i videogiochi, i social network, ecc.), per correre ai ripari, è statala creazione di un universo parallelo, online e interattivo, un cyberspazio naturalmente rosa, luccicante e impeccabile dove è possibile creare abiti, accessori, case, castelli, ville, piscine, città, basi spaziali, pianeti, mondi.

Barbie è la property numero 1 nel settore delle bambole negli Stati Uniti.

L’impero economico di questa sovrana del mercato globale e del merchandising ha contribuito a fare di Mattel un indiscusso colosso del marketing societario.

Eletto, dalla Marketing Society britannica, marchio più rappresentativo per ogni anno fra i 50 marchi più importanti degli ultimi 50 anni, annovera a suo carico fiumi d’inchiostro, tesi universitarie, saggi, racconti, video, blog, siti, community, film, videogiochi, fanzine, musiche, jingles…e si direbbe …a ben guardare, persino uno spazio in questo modesto articolo. Ma ciò che ha fatto la differenza è la mole di profitti, che ha garantito. Fantastiliardi, in un business che ha superato ogni previsione di scadenza e si è portato avanti nei decenni, a strati, come le sedimentazioni. Solo facendone un carotaggio ci si può rendere conto della sua storia (ed un po’ anche della nostra). Ha guadagnato tanto, ma ha anche speso…per accaparrarsi spazio, lastricare di tappeti rossi alcuni tratti del cammino in cui la bambola rischiava di inciampare e non ritirare la sua “Compostela” itinerante.

Dentro la Barbie ha pulsato un cuore fatto di analisti, di affamati professionisti pronti,senza lesinare energie, a cogliere ogni minima opportunità per rendere “cool” la bionda effige. Fiumi di investimenti e (a detta dei maligni) piccoli mazzi di verdi dollari che oleavano il fascino glamour di Barbarella. Un’attenzione particolare il team Mattel l’ha rivolta alle esigenze modaiole ed ideologiche, intervistando centinaia di bambini ed adolescenti per scoprire i cambiamenti del loro mondo e adattare l’universo parallelo di Barbie. La bambola, per sopravvivere, ha dovuto evolversi, trasformarsi, intrufolarsi, stupire. Odiata, amata e temuta, la bambola è stata una cartina al tornasole di alcune mutazioni sociali,precorrendo – ed anticipando, talvolta – persino quella stessa realtà che intendeva riprodurre in miniatura:l’hanno voluta astronauta nel 1965 (prima che una donna venisse lanciata nello spazio, e persino prima che ci arrivasse Armstrong il 21 luglio 1969); sergente del corpo dei Marine (ben prima del soldato Jane); candidata presidenziale (ancor prima di Geraldine Ferraro), ecc.

Per questo – e per la suggestione di una bombardante ed onnipresente campagna mediatica – giovani e meno giovani si sono identificati in lei, arrivando a credere persino ad una sorta di FORMULA BARBIE, come fatua filosofia di vita.

Un fruitore soddisfatto, del resto, sarebbe una catastrofe per la società dei consumi. Per questo mondo i bisogni devono essere sempre risorgenti, non devono avere mai fine; i consumatori devono essere insaziabili, alla perenne ricerca di nuovi prodotti, avidi di nuove soddisfazioni in un mercato che sforna continuamente prodotti nuovi e inediti.Il Barbie “Shopping”, la filosofia di vita di una bambola nata nel pieno del sogno americano, è il prototipo della perfetta consumatrice, attentissima ai consumi e ai cambiamenti della moda. Una massima a lei adatta sarebbe “Consumo, dunque sono!”.Decisamente diversa dalla “Window shopping” che tradotta in massima potrebbe essere: “guardo le vetrine prima di – o piuttosto che – comprare; dunque, ci penso”. Quest’ultimo, leitmotiv popolare è appannaggio di una realtà che il prodotto Mattel artatamente rifugge, come letale ristagno.

Barbie spendacciona non bada a spese. Uno studio di settore ha stimato necessario alla creazione di un guardaroba Barbie uno staff di più di 100 persone in tutto, composto da stilisti professionisti, espertissimi sarti d’alta moda,make-upartiste ecc.

I più grandi stilisti del mondo hanno disegnato modelli dedicati a Barbie scialacquatrice: da Moschino a Ferrè, da Versace a Dior, da Gucci a Calvin Klein, da Vivienne Westwood a Prada, a Givency, fino a The Blonds e Louboutin, Yves Saint Laurent, Versace, Armani.

La diva del PVC a caro prezzo non disdegna i gioielli, che pare non siano SOLO i migliori amici delle donne in carne e ossa.

Qualche numero a conforto.

  • Il designer di gioielli australiano Stefano Canturi, per una raccolta fondi,ha realizzato un corredo Barbie che, nel 2010, ad un’asta, ha fatto schizzare il valore della bambola alla stratosferica cifra di 302.500 dollari.
  • Bob Mackie ha disegnato un abito per Barbie che recava 5.000 paillettes d’oro cucite a mano.

Mai vista una Barbie ai Saldi o in Outlet?

Barbie ne fa di tutti i colori, ed ha addirittura monopolizzato una tinta della tavolozza internazionale. Se Edit Piaf è famosa per la “vie en rose” Barbie lo sarà per Il PMS 219 (rosa Barbie). Un esempio di sobrietà.

Fra i tanti artisti che hanno visto Barbie come “vetrina” gli eccentrici Andy Warhol e Peter Ma

La Mattel ha dedicato al pupazzo edizioni a film famosi, ad attrici e cantanti, a serie televisive, a modelli di vita discutibili: AmyWinehouse, Grace Kelly, Madonna, Lady Gaga, Hitchock, Star Trek, la Famiglia Addams, The Munsters.

Sono esposte Barbie con costumi tipici di tutto il mondo, Barbie in versione Marlyn o Cher, o anche in versione coppia reale Wiliam e Kate.

La virtù più amata in casa Mattel è il clamore della popolarità, a tutte le latitudini. Costi quel che costi. Tanto…paga Mattel!

In casa Mattel il tasso di disoccupazione si vuole pari a zero, così come inconsistenti sono le difficoltà di accesso a qualunque ruolo. A Barbie piace vincere facile (Ponci, ponci, popopo)!

Barbie ha svolto negli ultimi 53 anni 79 mestieri, il che fa una media di 1,49 lavori all’anno. Nessuna défaillance o periodo di malattia … a meno di non trovare un’amica cavia cui addossarla, si capisce (magari a Becky).

Dietro le quinte, per gli scaffali, la Barbie insegnante (da che pulpito…),a quella atleta, non paralimpica (nonostante le anomalie/incongruenze fisico strutturali),la pediatra (di cui è lecito nutrire dubbia inclinazione verso la salute dei piccoli ed il giuramento di ippocrate), il chirurgo plastico (e di plastiche e PVC, lei sì che se ne intende..), ecc. Impieghi di ogni tipo, senza rivali o prove da superare (Ponci, ponci, popopo)! Può essere astronauta, pompiere (nonostante la sua lega PVC lo sconsigli), hostess e pilota o eroina e supercriminale. Per l’esercito americano ha rivestito 6 diversi ruoli (da paracadutista a pilota di caccia, fino a ufficiale deimarine), ha ricevuto 4 incarichi politici di alto profilo (ambasciatrice mondiale per la pace, ROTFL, delegata dell’UNICEF e candidata alla presidenza USA per CINQUE volte tra il 1992 e il 2012). Nel 2000 è stata eletta Presidente degli Stati Uniti d’America.

Questa moltitudine di ruoli ricorda, a noi italiani, una serie di sagome, succedutesi sul palcoscenico internazionale, tutte con la tendenza innata di sfoggiare il proprio excursus lavorativo. Personaggi che sarebbero stati ottimi soggetti di un “quadro”Mattel.

Giusto per citarne due, potremmo accennare a personaggi di un certo calibro (benchè al maschile).

Il primo, più vicino all’era della Bild Lilli ed anch’esso come lei ritratto in molte vignette, è un Duce di antica memoria,che vantava nel secolo scorso un curriculum lavorativo da vetrina, come le tante foto che lo ritraevano nelle varie pose e versioni.

Più sornione, in tempi di altre “libertà”, decenni dopo, giunse ai fasti del potere anche un tale Silvio, macchietta da vignetta,che amava definirsi “self made man”.A ben vedere… assolutamente in linea con il Mattel Style!

Lo sfaccettato mondo di risorse berlusconiane sposa assolutamente bene con l’eclettica ricchezza curriculare di una Barbie monopolista.

Tra i vari Silvio proponibili da Mattel per spunto tematico:

  • Il piccolo Silvio – novello Oliver Twist – che vende carta per accendere il fuoco,
  • Il Silvio contadino che raccoglie le patate e munge le vacche
  • Il Silvio imbianchino e fotografo per matrimoni
  • Il Silvio animatore, cantante e guida turistica,

e poi la serie Silvio Presidente

“Presidente operaio”, “Presidente pompiere”, “Presidente ferroviere”, “Presidentepanettiere”, il “Presidente BungaBunga”ecc., per non citare il post presidenziale “Silvio assistente geriatrico” e il “Silvio pensionato”.

Lampante un’ulteriore vocazione di entrambi i prodotti: Finire sempre col far parlare di se.

Frustrante invece, per l’utenza, crescer ee scoprire che nella cruda realtà è dura fatica trovare anche solo un lavoro precario che riesca a conciliare il pranzo con la cena e le utenze domestiche.

Chissà come sarebbela Barbie precaria con tanto di voucher da aggiungere al curriculum?

Ma forse è il momento di pensarla in versione geriatrica, quiescente, in una struttura per vecchie glorie… “stinte”!

 

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