Don Giovanni in Sicilia

Di Antonella Lipari

“Don Giovanni in Sicilia” è un romanzo scritto da Vitaliano Brancati e pubblicato per la prima volta nel 1941. Il testo restituisce l’atmosfera della Catania fascista.

Il libro è suddiviso in quattordici capitoli e la vicenda si svolge nel 1939 a Catania, una città dove <<i discorsi sulle donne davano un maggior piacere che le donne stesse>>.

Protagonista è il quarantenne Giovanni Percolla, che vive con le tre sorelle zitelle. Nel 1927, spinto dall’esigenza di conoscere meglio le donne, si reca a Roma con i suoi due inseparabili amici. Il soggiorno romano è fatto da continue e vane corse verso donne che sembrano interessate, ma che in realtà deludono le loro aspettative. Così i tre catanesi fanno ritorno a casa.

Giovanni è impiegato presso il negozio di tessuti di uno zio, ma, effettivamente, egli non lavora affatto, preferisce poltrire a letto fino a tardi e godersi lunghe sieste.

Però, ad un tratto, qualcosa interrompe il suo torpore, quando <<la signorina Maria Antonietta, dei marchesi di Marconella, lo aveva guardato>> e quindi il protagonista decide di cambiare casa e vivere da solo. E’ innamorato, ma non riesce a dichiararsi perché troppo impacciato. E’ Ninetta a prendere l’iniziativa. I due si fidanzano, si sposano e si trasferiscono a Milano. Lì Giovanni cambia vita: comincia a lavorare presso una ditta di tessuti e si converte ad un vivere più attivo concedendosi <<pochi minuti di riposo durante il giorno e poche ore durante la notte>>. Intanto Ninetta rimane incinta. I coniugi decidono, così, di fare un viaggio e tornare in Sicilia. Dopo un abbondante pasto Giovanni riprova il piacere della siesta nella sua camera da scapolo; ritrova la sua vecchia natura, per tutto il tempo del soggiorno a Catania rimane nella sua casa senza la moglie.

“Don Giovanni in Sicilia”, romanzo di poco più di cento pagine, si caratterizza come sintesi di quella peculiare comicità che permette a Brancati di fare un ritratto basso e minore della Sicilia, dell’Italia a metà del XX secolo. Il comico diventa l’unico approccio con cui si può guardare un esistere gramo, l’unica forma con cui è possibile rappresentare un universo insoddisfacente. In tale contesto emergono anche pagine liriche, come quando Brancati, con una profonda capacità descrittiva, parla dello scirocco, grazie al quale tutto sembra sia avvolto da una battuta d’arresto <<quando il cielo di Catania è fosco di scirocco, la luna vi si stempera come un’arancia sfatta; una polvere appena luminosa avvolge gli uomini e gli edifici, e l’intero universo sembra disegnato da un vetro sporco>>.

La lettura risulta scorrevole e piacevole, perché il testo, in modo semplice ed ironico, descrive l’esistenza di un simpatico protagonista che all’inizio della storia si caratterizza come un inetto, poi si converte ad una vita attiva, ma alla prima occasione sprofonda tra le coltri del passato.

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