Danza, musica e cultura Sufi con la scuola Hator questa sera al Mongrel

Questa sera, la scuola Hathor ha l’onore di ospitare il grande artista Persiano Pejman Tadayon.

Si terrà un seminario di 3 ore sulla danza, la musica e la cultura Sufi aperto a tutti. Seminario introduttivo alla conoscenza pratica degli elementi basilari della musica e della danza rituale dei Sufi.

I partecipanti potranno apprendere alcuni ritmi eseguiti con i tamburi tipici della tradizione, conoscere gli strumenti musicali tradizionali ed alcuni brani di canti Sufi e della musica sacra persiana. Al tempo stesso l’incontro sarà concentrato sui movimenti e la tecnica primaria della danza spirituale Sufi dei Dervisci rotanti.

Il seminario e workshop è rivolto a musicisti e danzatori ma anche a semplici appassionati o curiosi. chi vuole sperimentare i ritmi che Pejman ci proporrà durante il workshop può portare qualsiasi strumento a percussione: darbuka,tamburello,riqq ecc..

L’artista che guiderà in questa esperienza è il Maestro Pejman Tadayon, musicista e pittore conosciuto iraniano che vive a Roma, esperto delle tradizioni Sufi. Pejman Tadayon Nasce a Isfahan (Iran) nel 1977. Inizia a studiare i radif e gli strumenti persiani (tar e setar) in giovane età, con i maestri: Kamran Keyvan, Behrooz Hemmati, Ostad Mohammad Reza Lotfi. Si esibisce in diversi concerti in Iran. Dal 2003 si trasferisce a Firenze, dove studia composizione musicale presso la “scuola di musica di Fiesole” e pittura presso “l’Accademia di Belle Arti”. Dal 2005 si trasferisce a Roma, dove studia presso “l’Accademia di Belle Arti” e collabora con diversi musicisti come: Massimo Ranieri ,Patty Pravo , Mauro Pagani, Andrea Morricone, Andrea Parodi, Andrea Guerra ,Paolo Vivaldi (con cui ha pubblicato il cd “Chador”).

Nel 2006 collabora con Andrea Morricone per la realizzazione della colonna sonora per il film “Inchiesta”. Collabora con la giornalista Veronica Suriano di RAI DUE per la quale realizza la colonna sonoro del documentario sull’Iran da lei realizzato. Nel 2005 partecipa, con il gruppo Sarawan, al Festival “Rainforest world music festival 2005” in Malesia.

Nel 2006 fonda il gruppo “Navà”, sperimentando la fusione tra la musica orientale e la musica occidentale, con il quale pubblica il cd “Viaggio nei colori” edito da Domani Musica. Partecipa a diverse trasmissioni televisive tra le quali : “Quelli che il calcio” e “Scalo 76” su RAIDUE accompagnando Patty Pravo nel brano “Salama ya salama”.

Partecipa alla colonna sonora del film: “L’ultimo Pulcinella” regia di Maurizio Scaparro con Massimo Ranieri e musiche di Mauro Pagani..
Collabora inoltre con diverse compagnie teatrali componendo musiche per spettacoli.

Attraverso i suoni dei suoi strumenti, le parole dei racconti della sua vita e delle poesie Sufi, vi accompagnerà in un percorso di conoscenza della musica, della danza e della cultura Sufi.

A conclusione del seminario verrà organizzato un momento collettivo, in cui gli stessi partecipanti, utilizzando la conoscenza pratica appresa durante l’incontro, potranno suonare e danzare i ritmi della musica Sufi.

I seminari si svolgeranno presso la scuola di danza, musica e cultura orientale asd Hathor di Alcamo, con la direzione artistica di Helena Russo. (per info 3290466390)

La jam session e il mini concerto si terranno presso il Mongrel Social Club, Castellammare del Golfo.

Le danze sufi hanno radici culturali molto antiche, provengono dai monaci Dervisci che propongono l’unione mistica con Dio mediante l’ascesi e la danza. La danza sufi è una danza circolare, il cerchio rimane il più antico simbolo sacro, simbolo di unità, di perfezione e ci rammenta il nostro contatto col Divino, col trascendentale, con la forza creatrice della vita. Dietro il cerchio sta l’idea che tutti i fenomeni del mondo siano compresi in un’unica sfera. Tutto è rotondo, la terra, le galassie, i pianeti e tutto si muove in senso circolare.

Il movimento circolare è perfetto, immutabile, senza inizio né fine, né variazione; questo fa si che esso possa rappresentare il tempo, il quale, a sua volta, può essere definito come una successione continua e invariabile di istanti tutti identici gli uni agli altri.

La danza circolare dei dervisci è ispirata a questo simbolismo cosmico: imtani il giro dei pianeti attorno al sole, il vortice di tutto ciò che si muove, ma anche la ricerca di Dio, rappresentato dal sole. Le rotazioni realizzate dai dervisci sul terreno (o sul palco) individuano i movimenti dei pianeti intorno al sole, impersonato dal Semazen, il leader. Punto di contatto tra l’amore divino e la terra

Il termine sufismo deriva dall’arabo suf “lana”; originariamente si dava questo nome agli asceti che portavano un vestito di lana ordinaria, in segno di rinuncia alle vanità del mondo.

L’idea fondamentale del sufismo ha per origine non soltanto alcuni passaggi del Corano, ma anche le numerose tesi più gnostiche, panteistiche, ecc. che circolavano nel mondo bizantino, e anche il buddismo. La dottrina sufista è una dottrina dell’unità: la totalità delle cose create, compreso l’uomo, non è che un’immensa manifestazione della divinità. Questo panteismo condiziona il destino umano. Lo scopo del saggio sufista è quello di raggiungere una completa immersione dell’io individuale nella sostanza universale.

Jalaluddin Rumi chiamato poi Mevlana (nostro Maestro 1207-1273), saggio nato in Persia, poi stabilitosi a Konya è universalmente noto per aver fondato, verso i quarant’anni d’età, il corpo dei Dervisci Rotanti: vale a dire quei mistici, vestiti di un’ampia tunica bianca, lunga fino ai piedi, che piroettano vorticosamente su se stessi, spesso in stato di trance, per raggiungere l’estasi. Aiutati, in questo, da una musica ipnotica, impalpabile, costantemente uguale a se stessa: che somiglia da vicino a una preghiera. Perché anche questa (non mancava mai di ricordare Rumi, straordinario uomo d’azione e d’inazione, rigoroso fino al parossismo e burlone fino ai limiti della clownerie) “possiede una forma, un suono e una realtà fisica”. Tutto ciò che si può esprimere con una parola possiede un equivalente fisico, e tutti i pensieri hanno un’azione”.

Tra i precetti che di lui si ricordano, ce n’è uno fondamentale per la diffusione dell’insegnamento dei Dervisci, il cui addestramento duro e faticoso: “Molte strade portano a Dio. Io ho scelto quella della danza e della musica.” Ciò che colpisce di Rumi è la rivoluzione che fece il suo pensiero, che andava oltre la religione, che considerava Dio in quanto dio, dio in quanto amore, slegato dalla religione.

Rumi morì il 17 dicembre 1273, una domenica al tramonto a Konya, all’età di 66 anni. Al suo funerale parteciparono genti di religioni diverse e di varia estrazione: musulmani, ebrei, cristiani, poveri, ricchi, ignoranti e letterati, a porgere l’estremo omaggio e a lamentare la perdita di questo grande saggio e poeta. La sua tomba a Konya è oggi un tempio per tutti coloro che amano e cercano la pace e la verità. La poesia di Rumi può oggi costruire un saldo ponte tra il mondo islamico e quello occidentale, perché egli parla il linguaggio dell’amore che aiuta tutti noi ad allontanarci dalla politica dell’odio per avvicinarci alla divina compassione e comprensione che sono nei nostri cuori.

Il biografo di Rumi, Aflaki, riporta le parole di un prete greco ortodosso che disse: «Il maestro Rumi è come il pane. Piace a tutti». E in effetti la poesia di Rumi è un cibo spirituale delizioso, preparato con amore. Per questa ragione, a sette secoli di distanza, le dolci poesie di Rumi restano vive sulle nostre labbra in molte lingue.

“Io sono la Luna,
dappertutto e in nessun luogo.
Non cercarmi al di fuori;
abito nella tua stessa vita.
Ognuno ti chiama verso di sé;
io ti invito solo dentro te stesso.
La poesia è la barca
e il suo significato è il mare.
Vieni a bordo, subito!
Lascia che io conduca questa barca!”

La scorsa estate, Helena Russo insieme al violinista Danilo Artale, al percussionista Vito Amato e la lettrice Federica Lefons, sono stati ospiti presso il Festival “Visioni Notturne” di Gibelline e hanno interpretato la danza e la musica Sufi, introdotte dalla lettura delle poesie di Rumi, sul Cretto di Burri.

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