Libera e Castello Libero sull’operazione “Cemento del Golfo”: “Invitiamo i cittadini ad uscire dall’indifferenza”

1454023265-0-libera-giambalvo-deve-dimettersi-non-puo-rappresentare-i-cittadiniCASTELLAMMARE DEL GOLFO. A distanza di 24 ore dall’operazione “Cemento del Golfo” che ha colpito duramente la famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, arrivano i commenti dell’associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” coordinamento di Trapani, del presidio di Libera “Piersanti Mattarella” di Castellammare del Golfo e dell’associazione Castello Libero Onlus.

L’operazione “Cemento del Golfo” ha evidenziato le imposizioni della mafia sulle forniture di cemento e molte estorsioni perpetrate ai danni di imprenditori locali. Pubblichiamo interamente il comunicato congiunto inviato in redazione:

“In merito all’operazione “Cemento del Golfo” – dichiarano – che nella giornata di ieri ha portato all’arresto di 5 persone tra Castellammare del Golfo e Alcamo, ad opera della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani e della Compagnia dei Carabinieri di Alcamo, desideriamo esprimere la nostra riconoscenza agli uomini e alle donne della Magistratura e delle Forze dell’Ordine per l’egregio lavoro svolto nel contrasto alle cosche mafiose di Castellammare del Golfo e Alcamo. Per noi che cerchiamo di fare la nostra parte nella lotta alle mafie nelle nostre città, è motivo di soddisfazione percepire l’alta attenzione delle istituzioni sui nostri territori e la capacità dello Stato di contrastare l’azione di inquinamento, perpetrata dalle cosche mafiose, della vita sociale ed economica delle nostre comunità.

Tuttavia, – scrivono le associazioni antimafia – le notizie apprese dalle varie testate giornalistiche riportanti le informazioni emerse dall’attività d’indagine a carico di Mariano Saracino e dei suoi sodali, ci restituiscono un quadro quanto mai preoccupante benché non sorprendente della situazione che ogni giorno viviamo.

Non siamo sorpresi dei reiterati tentativi di cosa nostra di imporre con le minacce e la violenza la propria presenza dominante su tutto il tessuto economico e imprenditoriale locale; non ci sorprende che don Mariano, una volta uscito dal carcere, abbia ripreso a fare con gli stessi metodi le stesse cose che faceva prima di scontare la condanna per associazione mafiosa; non ci stupisce il coinvolgimento in attività dalle sembianze tipicamente mafiose di taluni personaggi vicini a Saracino.

Non siamo sorpresi perché chi vive la propria comunità senza voltarsi dall’altra parte conosce i personaggi, vede i loro movimenti, coglie i loro messaggi più o meno latenti, sente i mormorii sommessi di chi tra i denti accenna al ritorno “in grande stile” di don Mariano. Non siamo sorpresi dai fatti di ieri perché già sentivamo il puzzo sempre più intenso della mafia locale.

Ci sorprende parecchio, invece, il sodalizio affaristico tra la famiglia mafiosa e un imprenditore, Vincenzo Artale, che aveva in passato fatto una scelta coraggiosa come la denuncia dei suoi estorsori. Questa notizia ci stupisce e ci preoccupa, poiché ci impone degli interrogativi. In che modo il movimento antimafia, nelle sue varie espressioni, deve difendersi da chi tenta di infiltrarsi per darsi un’immagine di pulizia e continuare indisturbato a fare affari con quella mafia che dice di contrastare? Di quali strumenti di controllo interno dotarsi?

libera castellammareSono dubbi che ci coinvolgono direttamente e che ci impongono ancora maggiore attenzione alla comunità e al nostro interno, poiché vi è il fondato sospetto che l’infiltrazione di personaggi vicini alle cosche nel movimento antimafia per allontanare i sospetti da sé, non sia semplicemente un episodio sporadico e isolato di cui è stata vittima l’Associazione Antiracket di Alcamo, ma sia invece una precisa strategia di cosa nostra per camuffarsi e nascondere così la propria attività illecita. Strategia che avrebbe un duplice effetto: da un lato agevolerebbe l’inabissamento di cosa nostra sotto una maschera di pulizia del tutto fasulla, dall’altro delegittimerebbe tutto il movimento antimafia poiché presterebbe il fianco alle accuse di affarismo antimafioso che negli ultimi tempi vanno tanto di moda e che mettono tutti nello stesso calderone.

Noi continueremo – sottolineano – a distinguere per non confondere, ad evitare le semplificazioni in negativo spesso offerte da certo giornalismo più interessato a sollecitare le reazioni viscerali dei lettori – e quindi le vendite di copie o le visualizzazioni online che poi fruttano proventi in pubblicità – perché crediamo che le semplificazioni distorcano pesantemente la reale complessità delle vicende sociali, non permettendo una reale conoscenza.

castello libero onlusCi stupiscono altresì talune dichiarazioni pubbliche apparse ieri sui giornali, in particolare da parte del sindaco, il quale afferma di non essere a conoscenza di alcunché riguardante la vicenda del distributore di carburanti riconducibile al Saracino, neppure la sua ubicazione. Davvero ci risulta strano, poiché tale distributore non si trova certo in una zona scarsamente frequentata della città, anzi; sarebbe davvero incredibile se veramente il sindaco fosse all’oscuro di tutto! Forse il sindaco, nella foga di smentire di essersi messo a disposizione per agevolare l’iter amministrativo per la realizzazione del distributore, secondo quanto emerso dalle intercettazioni, ha esagerato un po’. Sarebbe più utile fare chiarezza sulla vicenda e spiegare pubblicamente se il sindaco e i funzionari comunali abbiano realmente subìto pressioni dai personaggi arrestati ieri, se siano stati da questi minacciati e come abbiano reagito alle pressioni; siamo fiduciosi che i chiarimenti arriveranno nelle prossime ore.

Gli arresti di ieri e, in generale, il quadro emerso dall’operazione “Cemento del Golfo”  – concludono – ci impongono di impegnarci ancora di più nella lotta alle mafie; perciò invitiamo tutti cittadini ad uscire dall’indifferenza e di scegliere da che parte stare, di opporsi quotidianamente ed apertamente alle pressioni di cosa nostra. Invitiamo gli imprenditori vessati dalle minacce mafiose a denunciare, come già hanno fatto e fanno diversi loro colleghi, rivolgendosi alle Forze dell’Ordine e alle associazioni che offrono supporto e aiuto alle vittime di racket e usura.”