“Un uomo di squadra”

Il saluto della Questura di Trapani al dirigente della Squadra Mobile Giovanni Leuci trasferito a Varese. Ancora una volta una giusta doverosa promozione priva però il territorio di un altro investigatore attento e capace

IMG-20160304-WA0004Le parole del Questore Maurizio Agricola espresse in occasione del commiato dal vice questore e prossimo primo dirigente della Polizia, Giovanni Leuci, per 20 anni investigatore di punta della Squadra Mobile che poi ha diretto sino ad oggi dal 2011, non erano frutto di retorica e non erano frasi di circostanza. Il questore Agricola nel salutare il suo Capo della Mobile ha voluto esaltare le sue qualità, indicandolo ad esempio a tutti, tanti i presenti, dirigenti, funzionari, poliziotti semplici. Tutti conoscono, conosciamo, bene il dott. Giovanni Leuci, sappiamo delle sue qualità, ma quelle parole del questore Agricola sono state ugualmente importanti. “Uomo di squadra” così lo ha definito il questore Agricola, investigatore capace, ben conoscitore del territorio, delle sue dinamiche. Un investigatore che si è dimostrato capace a intuire anche ciò che la perfida mafia o qualsiasi altra organizzazione criminale, pianificavano per dare assalto alla società. E non da solo, ma sempre con una squadra, ieri lo ricordiamo a capo dell’antidroga, poi il salto all’attacco contro Cosa nostra già ancora prima di diventare Capo della Squadra Mobile quando subentrò ad un altro eccellente investigatore Giuseppe Linares. L’elenco delle indagini condotte dal dott. Giovanni Leuci è lungo, non lo riepiloghiamo perché correremmo il rischio di dimenticare qualche blitz e non gli renderemmo allora completo onore. Ma certamente lo ricordiamo nella direzione dell’operazione Onig, o ancora di quella che fece scoprire un maxi traffico di cocaina dalla Colombia alla Calabria, passando per la Sicilia, un traffico organizzato con l’assenso arrivato dal carcere, dal boss di Mazara Mariano Agate che pur essendo in cella riuscì a fare alleare i mafiosi siciliani con le ndrine calabresi di Platì. Poi ci sono gli arresti dei latitanti e i colpi inferti fin di recente a Cosa nostra, con la scoperta che la seppur moderna Cosa nostra di Matteo Messina Denaro per sopravvivere era tornata a rivolgersi ai mafiosi più anziani. Leuci ha raccolto la strategia investigativa che sul campo aveva disteso il suo predecessore Linares, anche lui si è trovato ad un passo dal boss latitante, lavorando duro, ogni giorno, con un pugno di investigatori, donne e uomini della Catturandi e delle altre sezioni della Squadra Mobile ai quali basta sentire il solo respiro di un mafioso intercettato per capire cosa sta per accadere. Non stiamo raccontando frottole e nessuno se la prenda a male. Un investigatore con questo curriculum, con le capacità che pubblicamente ha riconosciuto il questore Agricola non si capisce perché non possa essere promosso restando nel territorio. La stessa domanda ce la siamo fatta anni addietro quando la promozione privò di Trapani l’odierno direttore della Dia di Napoli, Giuseppe Linares. La domanda la ripetiamo, perché come diceva il senatore Andreotti talvolta “a pensar male ci si azzecca”. E noi, lo diciamo, pensiamo male pur essendo felici che questa terra riesce a spingere in avanti chi vi lavora ogni giorno con impegno, serenità ma anche con tantissima serenità. E il dott. Leuci oggi ci ha ancora dimostrato quanto sia importante restare sereni, pur non abbandonando, noi, la preoccupazione, e siamo certi che anche lui la preoccupazione, non quella personale, che è un sentimento intimo che solo lui se vuole può disvelare, se la porta appresso, preoccupazione per quello che domani qui dalle nostre parti può accadere. Per fortuna c’è una squadra che resta, chi arriva troverà una rete attiva, non dovrà far altro che ripartire con l’attacco al crimine e al crimine mafioso. E allora saremo meno preoccupati. Però le domande restano. E le domande risalgono ancora a quando da Trapani fu trasferito il dott. Linares. Le parole che seguono non sono nostre ma di un magistrato, il sostituto procuratore di Trapani, Andrea Tarondo. Sono parole pesanti, pronunciate sabato scorso alla cerimonia in prefettura a ricordo del prefetto Fulvio Sodano, un altro uomo delle istituzioni trapanesi, il prefetto Fulvio Sodano, trasferito d’improvviso. Affermazioni che forse meritano l’attenzione della commissione nazionale antimafia che ha annunciato un suo prossimo arrivo a Trapani. Il pm Tarondo ha ricordato l’impegno messo in campo quando ai vertici della Dia fu fatto presente che per catturare Matteo Messina Denaro serviva lasciare a Trapani il dott. Linares. Risultato? “Linares – ha detto Tarondo – va bene per combattere la camorra a Napoli, e fa certamente un lavoro importante, forse andrà bene a combattere le triadi a Shangai, ma a Trapani, a Palermo non deve venire…e stiamo parlando di qualcosa che sta accadendo ancora adesso”. E se sfogliando pagine di indagini giudiziarie si coglie addirittura pressioni che sarebbero state esercitate da politici, mettiamo nome e cognome, il senatore D’Alì, atti che sono inseriti nel processo di appello in corso a Palermo contro l’ex sottosegretario all’Interno, per far trasferire Linares, è facile mettere in linea lo scenario giudiziario con le parole del pm Tarondo. E allora esistono veti che da qualche parte continuano ad arrivare? Forse, ripetiamo, alla commissione antimafia il compito di rispondere, magari ottenendo a sua volta qualche risposta. Vicende politiche e giudiziarie a parte, nell’augurare al dott. Giovanni Leuci la brillante carriera che merita, di una cosa vogliamo cercare di essere convinti. Non brindi nessuno e nessuno alzi calici al cielo, Cosa nostra borghese, quella fatta da chi è stato già scoperto e da chi pensa di restare per sempre impunito, non ha motivi di riprendersi tranquillità. Oggi non accade come una volta che si facevano trasferire i capi per far perdere memorie storiche. Certo avremmo preferito continuare a vedere all’opera qui, in questa terra, uomini come Linares e Leuci, ma così come è stato per Linares anche per Leuci non c’è nessun domino che a cascata vedrà cadere le pedine, il domino resta in piedi. Vorremmo indicare una per uno queste pedine, ma preferiscono restare nell’ombra perché è nell’ombra che operano, perché un giorno solo loro e nessun altro potrà rompere le tenebre e tirare fuori dalla fogna mafiosa Matteo Messina Denaro. In bocca al lupo caro Giovanni, per far carriera è vero, bisogna conoscere, come ti ha detto il questore Agricola, tutti gli apparati della Polizia, però se fossi stato capo della Mobile in Calabria promosso saresti rimasto lì. In Sicilia non vogliono promossi in mezzo ai piedi.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.