“La favola” delle Regie Trazzere di Sicilia. Capitolo Primo – Parte VIII – La Sicilia dopo i romani – La colonizzazione bizantina e araba

 “La favola” delle Regie Trazzere di Sicilia. Capitolo Primo – Parte VIII – La Sicilia dopo i romani – La colonizzazione bizantina e araba – Cenni Storici e la viabilità’ fino alla disgregazione araba.

Di Antonino Messana

PREMESSA

Con questa ultima parte chiudo il primo capitolo “corposo”, sia come spessore (diviso in ben otto parti, pubblicati a partire dal 2 maggio scorso),  sia come argomenti che ha attratto, con mia   meraviglia, numerosi lettori  che ho sempre ringraziato, e   hanno stimolato la mia voglia di continuare ed arrivare alla fine.  In passato ho scritto, anche, per un periodico di Alcamo “Il Bonifato” dal 1984-’85 fino al 2005-2006 non con continuità, ma a singhiozzi e quando il singhiozzo era troppo lungo c’era sempre qualcuno che mi istigava a scrivere con assiduità. Adesso, potrei saltare ben sei secoli di storia (dal 400 al 1000 d.C.) perché  in questo lungo periodo fatti eclatanti in materia di strade e trazzere non e sono stati  registrati, solo piccoli episodi che rimarcherò, quanto meno per dovere di cronaca. Infatti, la vera storia delle trazzere inizia con Federico II Re di Sicilia e  nel 1860 con l’unificazione del Regno d’Italia, inizia un’altra storia che ancora non è finita.  In questo percorso di otto puntante mi sono imbattuto in cenni storici a partire dai primi abitatori della Sicilia, dimostrando l’assenza di strade nel cuore della Sicilia e la scarsa viabilità costiera, formata essenzialmente da sentieri, nei luoghi in cui si erano stabiliti i primi occupatori di origine greca. Solo i romani, per motivi bellici, hanno abbozzato  un vero e proprio assetto stradale  (dico abbozzato, perché  sono state costruite per combattere i Cartaginesi e la tecnica adottata non era  concorrenziale alle altre strade come l’Appia, l’Aurelia, la Salaria,ecc.). Quelle strade sono state migliorate con buona manutenzione solo con l’avvento di Costantino (IV secolo d.C.)  per la formazione e lo sviluppo del latifondo stanziatosi tra le città di Enna, Halaesia (Tusa), Catania, Siracusa e Phimtia (Licata). Abbiamo pure scoperto con meraviglia che per i Romani le strade erano “servitù”(fatto sconosciuto anche a qualche Avvocato professionista affermato che ha pure studiato Diritto romano). E’ pure vero che abbiamo letto e riletto che le Regie Trazzere potevano costituire “servitù prediali”, ma senza alcuna prova. Andando indietro con i cenni di storia abbiamo scoperchiato il concetto di servitù applicato alle strade,  fatto eclatante, tanto da invalidare il concetto di demanio, costruito dai Borboni e sancito dal nostro Codice Civile del 1944 (articolo 1061 ). Per dirla con Cicerone,  “la storia in verità  è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera della verità” (historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistre vitae, nuntia veritatis [Cicerone, De Oratore, II, 9, 36]). Questa è la ragione di non saltare le due civiltà (Bizantina ed Araba)  successive alla civiltà Romana.

LA DIVISIONE DELL’IMPERO ROMANO

L’11 aprile del 330 d. C. l’impero è definitivamente diviso da Costantino  tra Occidente con capitale Roma ed oriente Bisanzio; così  venne inaugurata la nuova capitale che prende il nome del suo restauratore e conservò nella storia il nome di Costantinopoli. Chiaramente fu un atto di grande importanza storica che spostò l’asse del mondo romano. Già Diocleziano (293-305), con la sua riforma dello Stato, istituì la prima tetrarchia (due Augusti e due Cesari più 12 Diocesi) istituendo quattro prefetture e trasferendo la sede del governo da Roma a Bisanzio. Le ragioni sono state sostanzialmente culturali, geografiche, amministrative, militari, politiche ed anche religiose.  La mappa sottostante mostra  la suddivisione delle quattro Prefetture. La Sicilia, colorata in giallo, resta con Roma.

Romani

Il passo definitivo verso la spaccatura dell’impero lo compì Costantino (307-337) riconoscendo la stessa necessità di Diocleziano sulla ripartizione dell’Impero. La mappa sottostante mostra la suddivisione dell’impero addirittura in cinque Province affidate agli eredi di Costantino, dopo la sua morte avvenuta nel  337.

Impero romano morte costantinoLa mappa mostra che la Sicilia resta sempre con Roma.

Con Costantino, pochi atti politici ebbero effetti duraturi e più ricchi di conseguenze: per una lunga serie di secoli un grande Stato ebbe il suo destino legato alla Nova Roma, nome ufficiale di Costantinopoli fino alla fine del Medio Evo; fu ancora Impero Romano, con tratti nuovi che costituirono l’originalità della sua storia. L’unità politica dello Stato Romano, quale Costantino era riuscito a stabilire non poté conservarsi a lungo. Infatti, la divisione iniziò con i propri figli Costanzo e Costante.

Anche se in teoria i due imperi d’Oriente e d’Occidente costituissero unità, in pratica essi formarono due mondi che nessun accorgimento politico aveva potuto né poteva unificare a fondo: l’uno era greco-ellenistico, l’altro era latino; nel primo prevaleva la lingua e lo spirito speculativo dei Greci, nel secondo la lingua e lo spirito pratico di Roma.

LA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE.

La mappa sottostante mostra i numerosi popoli barbari chiamati anche  popoli Germanici che sui quattro lati cardinali  insediarono l’impero Romano a partire dagli anni 102 a.C.

Sostanzialmente, dopo la morte di Antonino Pio l’impero Romano, ormai in pace da lungo tempo, subì  una serie di nuovi e numerosi attacchi da tutti i fronti. Infatti, con le occupazioni barbariche sofferte dall’Impero  per l’emigrazione dei popoli germanici nel corso del IV e V secolo comportarono la disfatta dell’Impero perché quei popoli, non solo lo penetrarono  ma anche  vi si insediarono.

Non è questa la sede per descrivere tutti gli avvenimenti insediativi di detti germanici; qui  il fatto storico è solamente di cornice, per capire l’operosità assunta dai governanti sulla viabilità, fonte di progresso economico. Quindi, siccome i Barbari   devastarono l’Impero e, così, pure la Sicilia ad eccezione dei Goti; riassumo brevemente alcuni episodi per riallacciarmi ai Bizantini.

Nel 378, ad Adrianopoli, i Goti sconfissero i Romani e uccisero pure l’imperatore Valente; nel 406 Vandali, Alani e Svevi varcarono il Reno ed attraversando la Gallia si insediarono in Spagna, stabilendosi nella Lusitania, Galizia e Betica. Nel 410 i Goti guidati da Alarico occuparono Roma e la saccheggiarono. Infine, gli Unni guidati da Attila devastarono l’Occidente e, da ultimo, re Teodorico nel 451 invase stabilendovisi  in Italia. Dopo la sua morte, il successore Odoacre nel 476 fu proclamato Re delle milizie barbariche e depose  l’imperatore Romolo Augusto provocando, così, la fine dell’impero romano d’Occidente.

LA SICILIA BIZANTINA

Un tentativo nella ricostruzione territoriale dell’impero Romano è stato sventato da Giustiniano I, interprete e rappresentante dell’imperialismo bizantino, sognando di rivendicare i diritti di Roma. Nel 535 Giustiniano mosse guerra ai Goti incaricando il generale Belisario. Questi, sbarcato in Sicilia con 8.000 uomini la conquistò rapidamente; mentre altre forze bizantine conquistarono la Dalmazia. Belisario, passato lo stretto di Messina, si dirige verso Napoli e l’assedia. Dopo la conquista di Napoli  arriva a Roma accolto trionfalmente dal papa Silverio e dal popolo romano. Successivamente anche Ravenna è conquistata da Belisario. In breve, la guerra contro i Goti finisce nel 553 con  Totila re dei Goti che fu sconfitto ed ucciso a Nocera, alle falde del Vesuvio  così l’Italia restava definitivamente ai Bizantini. Ultimo avvenimento da evidenziare, è lo spostamento della capitale da Costantinopoli a Siracusa (663-668). Alla distanza di circa un secolo,  nel 652,  in Sicilia iniziano le scorrerie arabe ad opera di flotte saracene. L’imperatore Costante II fu costretto a trasferire la corte e la zecca  e gli uffici imperiali da Costantinopoli a Siracusa. Nel 669 Costantino IV riporta a Bisanzio la capitale dell’impero bizantino.

Concludendo, in più testi ho letto che durante la dominazione bizantina la  Sicilia  subisce una pesante tassazione, tanto  che la ridusse alla miseria. A  conferma di ciò cito Adolfo Holm che nella sua opera sulla Sicilia nell’antichità scrive: “Durante la dominazione bizantina la Sicilia dovette subire una pesante tassazione che impoverì la popolazione, sottoposta ad un regime di dittatura militare accompagnata da vessazioni fiscali e burocratiche.

Infine, l’arte bizantina è rigorosamente religiosa ed i papati sono stati gli artefici. L’iconografia (cioè la scrittura delle immagini od anche la lettura delle immagini) ci stupisce ancora osservando i mosaici dei Duomi di Monreale e Cefalù e della Cappella Palatina in Palermo; anche la città di Ravenna è tappezzata di mosaici.

mosaico ravenna   RAVENNA CAPITALE MOSAICO

In Sicilia tutt’ora i cristiani restano fedeli al culto delle immagini tramandati  nei mille anni di storia bizantina.

Duomo Monreale  DUOMO DI MONREALE

cappella palatinaPALERMO CAPPELLA PALATINA

Dopo questa sintetica introduzione storica, che ci serve per capire meglio l’assunto sulle strade e vie regie della Sicilia, riprendo gli scritti sulla viabilità di Tesoriere sul periodo bizantino. Infatti, il lettore noterà che verranno rimarcati scenari storici.

Alla disgregazione dell’impero Romano, cui contribuirono sia le contese dinastiche sia le continue pressanti invasioni barbariche, la Sicilia attraversò un lungo periodo nel quale rimase senza essere sorretta da alcun organico intervento del potere centrale. Il problema riguardante la situazione viaria, come è evidente, rimase del tutto dimenticato. Si ricorda soltanto che Teodorico e Narsete prescrissero che in tutti i territori, la comunità ed i proprietari dei terreni interessati dalle strade dovessero farsi carico delle necessarie spese per la loro manutenzione.

L’isola era rimasta priva di difesa dai Vandali (nella metà del V secolo)che poterono invaderla con facilità e compiere indisturbati i propri saccheggi; poi con la stessa rapidità con cui compirono la conquista, si allontanarono con il bottino.

All’inizio del VI secolo, la Sicilia venne occupata dalle forze di Giustiniano ,vi ristabilì un governatorato con a capo un pretore che conservava limiti e potere ben precisi.

Nel primo periodo del dominio bizantino, nell’isola rimasero immutati i rapporti di proprietà (la Sicilia resta il granaio dell’Impero e il latifondo è sempre vigente). Successivamente, la discrezionalità dei governanti che si succedettero, non sempre fedeli interpreti  delle direttive governative, le vessazioni ed i soprusi fiaccarono il popolo siciliano, che fu incapace di ribellarsi e di opporsi alla cattiva amministrazione.

In qualche maniera i concetti storici espressi dal Tesoriere li abbiamo  sopra riportati magari con maggiori dettagli. Il lettore, se vuole, può approfondire ancora gli avvenimenti sulle città e più piccoli territori, sull’assetto amministrativo e di governo della nostra isola, e, a tal fine, segnalo l’opera dettagliata, particolareggiata e minuziosa di Adolfo Holm (volume III).

Rientrando nel fenomeno stradale, altri testi segnalano che la dorsale Catania-Palermo sulle montagne per Polizzi-Gangi-Cerami-Troina, risale al periodo bizantino  con la costruzione di alcune nuove opere.

Per chiudere il percorso dell’impero bizantino e le sue strade, ho trovato uno scritto della Professoressa Lucia Arcifa dell’Università di Catania  dal titolo: Viabilità e insediamenti nel Val Demone – Da età Bizantina a età normanna. A mio giudizio il testo è originale, e conferma le opere stradali in epoca bizantina,  anche  se è limitato al circondario dei Nebrodi. Ritengo opportuno farne cenno, anche perché ho scoperto che il sito SVILUPPO TERRITORIALE DEI NEBRODI ha pubblicato  un articolo intitolato  “LE TRAZZERE” argomentando sulla Messina-Palermo per le Marine sul tratto Torrenova-Capo d’Orlando identificata dall’Ufficio Trazzere come R.T. n. 654  e qualificata per antica tradizione via Consolare. E’ stata pubblicata peraltro la seguente mappa :

trazzera

Abbiamo già visto, con specifiche dimostrazioni che trattasi della via Valeria ,strada costruita dai Romani in occasione delle guerre contro i Cartaginesi. Peraltro, nella precedente puntata  (parte VII)  ho pure pubblicato il Decreto 27 giugno 1820 di re Ferdinando I che fissa la larghezza delle strade che si collegano con Palermo in palmi 40 corrispondenti a m. 10.32. Quindi, anche quel tratto, come già abbondantemente dimostrato nella parte IV – LA VIA VALERIA – pubblicata il 25 luglio scorso, non è una trazzera Regia perché rientra nel  percorso  Messina-Trapani-Marsala (Messana-Drepanum-Lilybeo) ed è appunto la strada Romana costruita dopo la seconda guerra punica dal Console Marco Valerio denominata “Valeria”. Inoltre, c’è pure il decreto di re Ferdinando I. Quindi,  la larghezza del tratto di strada Torrenuova-Capo d’Orlando, essendo nel percorso della strada Romana, è larga appena 40 palmi e, quindi  non è una trazzera Regia la cui larghezza è stata stabilita in 18 canne e palmi 2 (metri 38 circa). Mi auguro che quelli del citato  sito “Sviluppo Territoriale dei Nebrodi”  legga quanto ho scritto sopra  e valuti eventuali iniziative a salvaguardia dei territori e dei proprietari prospicienti la strada.

Per altro verso, cito lo scritto di Arcifa anche, e soprattutto, per l’interesse che mi ha manifestato l’amico scrittore di Longi,  Gaetano Zingales, che mi onoro di nominare, proprio   sulle Reggie trazzere dei Nebrodi. Quindi, penso di aver trovato quello che, in qualche maniera, l’amico cercava. Vado al sodo e mi scuso con i lettori, se per caso, mi sto dilungando.

Lucia Arcifa come premessa scrive: Il dibattito che si apre in Sicilia alla fine del ‘700, in concomitanza con i primi tentativi promossi dal Parlamento siciliano per varare un piano  per la creazione di strade carrozzabili (ciò sarà oggetto di questo mio lavoro in un  successivo specifico capitolo), dovuta all’arretratezza del sistema viario siciliano. La produzione a stampa che si sviluppa è tutta incentrata sul concetto di decadenza della viabilità in età romana, decadenza che si protrae fino all’età moderna. Gli studi sulla viabilità dell’Isola, infatti, sono essenzialmente appuntati sull’età greca e romana. Ancora oggi nelle ricerche sull’habitat medievale siciliano il dato sulla viabilità appare scarsamente integrato con la ricostruzione delle dinamiche insediatevi quando il suo approfondimento consentirebbe di approdare ad un quadro più attendibile dal punto di vista topografico. In questo caso, la ricerca sulla viabilità medievale viene incentrata in toponimi, ponti, ospedali, insediamenti. L’area dei Nebrodi presenta innanzitutto un quadro toponomastico in cui numerosi sono i relitti del sostrato greco-bizantino; la natura particolarmente impervia dei luoghi ha da sempre costituito un particolare ostacolo all’innovazione dei percorsi che sfruttano da sempre i punti più agevoli per l’attraversamento.

Arcifa descrive le seguenti località come itinerari di lunga percorrenza della parte più orientale del Val Demone: un primo asse Troina e San Marco dopo aver attraversato i monti di S. Elia di Embula, Portella Maulazzo, Scafi, Mangalavite e che raggiungeva S. Marco dopo avere attraversato il convento di S. Filippo di Fragalà; una serie di assi minori, dipartendosi da questo dromos ,garantivano i collegamenti con i centri Alcara, S. Fratello, e Militello. Un secondo itinerario fa capo al comprensorio di Randazzo che congiungeva Randazzo con Patti tramite il crocevia di Favoscuro, poi ancora in direzione nord verso Raccuia Librizzi e Patti, mentre un ramo raggiungeva il monastero di S. Angelo di Brolo.

Nell’area oggetto della nostra attenzione esempi eloquenti in tal senso sono i casi della via Valeria, (che attraversa [lupus in fabula] Torrenova e Capo d’Orlando) la via costiera da Messina a Lilibeo, citata come basilikè odos o i numerosi tratti della via Messina, Catania, Siracusa (via Pompea).

Sfuggono a questo inquadramento proprio gli assi trasversali sui Nebrodi e la stessa via Messina per le Montagne. Si tratta in questi casi di tracciati viari che non possono essere inquadrati tra gli itinerari ufficiali della Sicilia tardo antica la cui viabilità si strutturava in tre assi costiere (la Valeria, la Pompea, la Selinuntina e la Elorina; ampiamente illustrate nelle precedenti puntate – parti V, VI e VII ) e su alcune trasversali che collegavano Agrigento a Palermo e a Catania (Catina-Agrigento e Halaesia-Enna-Phintia. parte VII- precedente pubblicazione del 31 ottobre scorso). Rispetto alle ricostruzioni del cursus pubblicum siciliano i Nebrodi restano infatti del tutto marginali.

Allo stato attuale, per contro, gli assi viari si imperniano su centri urbani in posizioni di altura o siti fortificati per i quali ,non sempre, c’è continuità con l’insediamento antico. Aggiungo, se manca il collegamento con antiche abitazioni, quegli assi viari non  possono essere Regie Trazzere. Saltando in avanti la cronologia (l’epoca Greca e Romana) siamo di fronte a siti che assumeranno uno spaccato carattere difensivo e che si avviano ad avere un ruolo fondamentale nell’ambito del sistema difensivo nell’ultima età bizantina: Demenna, sorta forse in continuità topografica sul sito della antica Haluntium, Rometta menzionata come luogo fortificato nella vita si S. Saba del X secolo, Troina che dopo una fase di decadenza in età romana mostra la sua rilevanza nella capacità di attrazione della via Messina-Palermo, ma anche Kastellia, roccaforti di più piccola entità che svolgono un preciso ruolo nel controllo strategico del territorio come Pizzo Mueli (territorio del Comune di Longi) o il sito Rocce del Crasto, sito d’altura 1.000 metri di altezza con evidenti resti di struttura.

LONGI CITTA’ DEI NEBRODI DOMINATA AD OVEST DALLE ROCCHE DEL CRASTO

trazzera 2

Detti centri assumono in età bizantina una specifica rilevanza strategica  mettendo in luce per converso il carattere militare di questi percorsi, che si svolgono su tracciati impervi e innevati nei mesi centrali dell’anno. La scarsa incidenza lungo itinerari che si attestano intorno ai 1.000 metri di quota, rende evidente la loro funzione primaria: vie militari ancor prima che itinerari commerciali.

I percorsi sopra riportati l’Arcifa li riconnette al ruolo che la Sicilia si trovò a ricoprire a partire dal VII secolo avanzato e fino alla conquista islamica (detto periodo è squisitamente bizantino). Infatti, l’avanzata islamica rende plausibile l’ipotesi di una riorganizzazione dell’assetto viario.

Le indicazioni illustrate permettono la ricostruzione di un sistema viario coerente che assolve il compito di comunicazioni rapide attraverso i Nebrodi articolato sui due assi costieri, lungo il Tirreno e lo Ionio, sulla trasversale interna  lungo la valle del Fiume Alcantara, nonché su alcune trasversali interne in direzione nord-sud, che consentivano di raggiungere i porti di S. Marco, di Patti, (altre possono essere utilizzati più ad ovest nei collegamenti tra Capizzi e Caronia e tra Enna e Tusa (Halaesia-Enna-Phintia trattata nella parteVII -precedente puntata del 31 ottobre scorso).

Proprio sulla base di tali considerazioni sembrerebbe plausibile circoscrivere un’ipotesi di datazione per la riorganizzazione del dromos da parte dello stato bizantino tra l’VIII ed il IX secolo. La lenta conquista dell’Isola da parte islamica avrà certamente determinato la necessità di riorganizzare la difesa, soprattutto in questa area orientale, che acquisterà un’importanza strategica dopo la caduta di Messina (843) e Castrogiovanni (859). Viene segnalato, infine, l’esistenza di due dei più importanti monasteri: il S. Filippo di Fragalà e il S. Angelo di Brolo che insistono nei tracciati fin qui menzionati. Si tratta ,in entrambi i casi, di fondazioni risalenti ad epoca prenormanna, distrutte nel corso della dominazione islamica e poi ricostruite già nei primi anni dopo la conquista.

Faccio presente che lo scritto dell’Arcifa è “on line” chiunque può leggerlo. In ogni caso, il mio intento nel riportarlo è quello di dare una risposta, anche sommaria, all’amico Zingales che voleva informazioni sulle Regie trazzere dei Nebrodi. Mi auguro, inoltre che il sito Sviluppo Territoriale dei Nebrodi analizzi bene quella pubblicazione e si adoperi di conseguenza, per il bene della Sicilia. Spero ardentemente che non ho scritto parole al vento. Sono sicuro che Zingales ha la possibilità di allargarne la voce.  Come ultimo avviso, il territorio messinese è ricco di città dedite alla pastorizia. Nella storia delle trazzere armentizie emergono le seguenti città: Troina, Capizzi, Mistretta e Cesarò (punto di partenza della Trazzera delle Vacche). Sono sicuro che in queste città insisteranno numerose strade di collegamento, anch’esse promosse a Regie trazzere, come hanno fatto per Alcamo.

GLI ARABI IN SICILIA

Dopo la morte di Giustiniano avvenuta nel 565 l’Impero d’Oriente cadde in debolezza economica  per il mantenimento di  un esercito per contrastare barbari e musulmani.

A partire dal VII secolo il Mediterraneo diventerà un obiettivo mirato di conquista dell’Islam e la Sicilia un punto strategico essendo ubicata nel cuore del Mediterraneo, punto d’incontro tra il continente e l’Africa.

Nell’800 l’ammiraglio Eufemio istigò una rivolta popolare allo scopo di cacciare i bizantini dalla Sicilia e con l’appoggio dei suoi soldati con la sua flotta approdò nei pressi di Siracusa, già capitale bizantina della Sicilia. Valorosamente lottò contro le forze di Costantino sconfiggendolo . Nel’823 venne proclamato Imperatore e Re di Sicilia con capitale Messina. Il cugino Armeno Palata, nominato da Eufemio “Signore della città di Palermo, lo tradì   per l’oro ed il denaro offerto dai bizantini; colto di sorpresa  fu sconfitto in battaglia e con la moglie e i figli superstiti  fu costretto a rifugiarsi a Tunisi ospitato dall’emiro Qayrarawàn, Ziyadat Allah I, al quale chiese aiuto per realizzare uno sbarco in Sicilia e cacciare i bizantini. Eufemio, con un’armata mercenaria saracena, che avevano già da tempo progettato e tentato l’invasione dell’isola, il 17 giugno dell’anno 827 sbarca a Capo Granitola presso Mazara. I bizantini fuggirono, ed Eufemio fu nuovamente proclamato “Re di Sicilia”.          Poco dopo, fu tradito, ancora, da un saraceno suo fedele e subito allontanato. Rifugiatosi a Castrogiovanni (Enna) provò a incitare i siciliani a resistere contro gli invasori arabi.

Nell’829 Eufemio fu ucciso da due amici d’infanzia che avevano ricevuto come promessa un lauto compenso dai Saraceni. Gli Ennesi sconvolti dell’omicidio resistettero per 30 anni agli assalti saraceni e la città si arrese solo nell’859, dopo  la conquista della  città di Palermo  avvenuta nell’831 e quella di Messina  nell’845. Rimase ai bizantini una striscia ad oriente con Siracusa, che cadde nell’878. E Taormina che resse ancora fino al 902.

La conquista araba non fu certo indolore e, come in ogni battaglia, fece distruzioni e disordini. Tuttavia, scrive Tesoriere (con conferma degli storici) che la dominazione araba o saracena non fu egemonica e possessiva, anzi la popolazione conobbe un periodo di sviluppo culturale (nella matematica, medicina, acustica, astronomia  ed altro) ed economico; fiorì il commercio e si rinvigorì l’agricoltura ( il latifondo fu frazionato in appezzamenti di terreno e furono introdotte nuove colture: gelso, arancio, dattero, cotone, seta, canna da zucchero, zibibbo, pistacchio, ecc..) sfruttando più organicamente le risorse idriche, cosicché ne trasse sensibili vantaggi tutta l’economia dell’isola che da sempre basava la sua prosperità sulle produzioni cerealicole. Si popolarono le campagne e la tolleranza usata dai dominatori nei riguardi della religione e delle leggi fu una garanzia perché ci si adattasse di buono grado ai nuovi cambiamenti politici.

SAN GIOVANNI DEGLI EREMITI (1132) PALERMO

San Giovanni degli eremiti

LA CONCEZIONE DELLA CHIESA E’ DI UNA MOSCHEA ISLAMICA

Furono, invece, i Normanni stabilitisi nel Mezzogiorno che, prima ancora di compiere la conquista del continente, si rivolsero a togliere l’isola ai musulmani. Ruggero d’Altavilla iniziò l’impresa  circa nel 1060 e la compì nel 1091.

Lasciando la storia politica e rientrando nell’argomento principale delle strade e trazzere a livello di tracciamento di trazzere secondarie certamente qualcosa in più fu fatto idagli arabi; ma si ritiene che a loro non sia dovuta nessuna opera significativa nel campo stradale. Invece, furono i nuovi insediamenti di tipo e carattere feudale che vennero avviati dopo la conquista normanna, e la costruzione di nuovi castelli e città, che portarono alla necessità di ulteriori realizzazioni di trazzere secondarie. Infatti, le ultime strade furono probabilmente tracciate dopo l’edificazione dei nuovi centri per collegarle alle vie o trazzere principali.

Nel capitolo II, con l’egemonia Normanna, entreremo nello specifico della viabilità medievale seguendo i tracciati del geografo Idrisi e con Federico II ci addentreremo nelle vicissitudini delle Regie trazzere.

Antonino Messana

La prossima puntata verrà pubblicata Sabato 19 Dicembre 2015…

Tetrarchia: il sistema della tetrarchia si ha in Tessaglia e Galazia, dove fino all’85 a.C.circa ognuno delle tre Tribù era divisa in quattro tetrarchie. Ma al tempo di Mitriade a capo di ogni tribù rimase un unico tetrarcha; poi con Pompeo i tretrarchi dei trocmi e dei tolistobogi si chiamarono re e, infine la Galazia fu unificata. Il vocabolo tetrarcha perse allora il valore primitivo per assumere quello di piccola dinastia e fu largamente usato in questo senso dai romani per i piccoli regni della Giudea. Nell’ordinamento di Diocleziano è detto tetrarchia il sistema per cui l’impero fu diviso tra due Augusti e due Cesari, cioè tra quattro sovrani.

Holm Adolfo, storico tedesco dell’antichità, nacque a Lubecca (sorge a Nord della Germania a poche kilometri dal Mar Baltico), studiò a Lipsia e Berlino, ottenne il dottorato nel 1851. Professore di Storia universale nell’Università di Palermo, poi di Storia antica a Napoli; nel 1897 tornò in patria; muore a Firburgo in Brisgovia il 9 giugno 1900. La sua fama è dovuta principalmente alla storia e geografia dell’antica Sicilia e dell’antica Grecia e Topografia archeologica di Siracusa. Scrisse un’opera in tre volumi sulla Storia della Sicilia nell’antichità (1870-98; traduzione italiana 1890-1906).

Arcifa Lucia, nel 1984 consegue la Laurea in Lettere Classiche con indirizzo archeologico presso l’Università di Catania; nel 1986 consegue la Licenza in Archeologia Cristiana presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Roma; nel 1987/1988 Frequenza del Corso biennale di Paleografia Diplomatica e Archivistica presso la Scuola Vaticana 1989 – Conseguimento del Diploma di Specializzazione in Archeologia medievale presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia – Università degli Studi di Roma “La Sapienza”; nel 1994 ottiene il Dottorato di ricerca in Storia medievale con una tesi dal titolo Viabilità medievale in Sicilia (secoli XI – XIII);  dal 2004 in servizio a partire dal 2 gennaio 2004 presso l’Università degli Studi di Catania, Facoltà di Scienze della Formazione, Dipartimento di Processi Formativi.

Come attività professionali documentati ha un curriculum pienissimo di Collaborazioni scientifiche, partecipazioni a  Convegni e Congressi e numerose pubblicazioni con inizio, senza interruzioni, dal 1986 al 2012.

Demenna, è stato un centro importante in epoca bizantina e pare che abbia dato il nome al Val Demone. Fu conquistata dai Saraceni all’incirca nell’anno 885. Nel 920 vi nacque S. Lucia di Demenna ed esistevano, già, alcune case sparse con pochi abitanti. E’ stato detto che un centro sorgeva a Nord-Est di Alcara li fusi a poca distanza dell’ex feudo S. Giorgio in contrada Dèmina o Lémina. Tuttavia, gli scavi archologici confermano l’ipotesi secondo cui il centro antico corrisponde a San Marco d’Alunzio nei paraggi delle Rocche del Crasto. Non molto lontano da Demenna sorgeva il monastero basiliano di San Barbaro di Demenna, con annessa chiesa.

Demenna e gli altri siti li abbiamo letto sopra, con la  Viabilità nel Val Demone di Arcifa.

 

Bibliografia

Tesoriere Giuseppe – Viabilità antica in Sicilia. Dalla colonizzazione greca all’unificazione (1860),Zedi Italia, Palermo 1993. Custodito dalla Biblioteca dell’istituto Costruzioni Stradali, coll. 422.P2.26 – Università di Palermo.

Santagati Luigi– Viabilità e topografia della Sicilia Antica. Volume I. La Sicilia del 1720 secondo Samuel von Schmettau ed altri geografi e storici del suo tempo, Assessorato regionale siciliano ai BB CC AA, Caltanissetta 2006.

Grande Dizionario Enciclopedico Utet – terza edizione Torino 1969, volume III pagg. 152 e seg.).

Grande Dizionario Enciclopedico Utet–terza edizione Torino 1969, volume XVII pag. 233.

Holm Adolfo- Storia della Sicilia nell’Antichità, Vol III, Arnoldo Forni Editore, Torino 1896- 1901.

Crociata Michele Antonino – Sicilia nella Storia – La Sicilia e i Siciliani dalla Dominazione Saracena alla fine della lotta separatista (827-1950), Primo Tomo Dallo sbarco saraceno alla morte di Re Ferdinando II, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2011.

Arcifa Lucia, Viabilità e insediamenti nel Val Demone. Dall’età bizantina all’età normanna, in La Valle d’Agrò: un territorio, una storia, un destino. I L’età antica e medievale, a cura di C. Biondi, Convegno Internazionale di Studi (Forza d’Agrò 2004), Palermo 2005, pp. 97-114.

MONASTERO S. FILIPPO DEMENNA

Monastero