Un pentito della ndragheta racconta gli affari di Pino Giammarinaro

marcello-fondacaro
Marcello Fondacaro

Marcello Fondacaro, medico, è stato sentito dai pm Marzella e Tarondo, il verbale depositato nel procedimento contro l’ex deputato per la misura di prevenzione e confisca dei beni.

La mafia di Matteo Messina Denaro, boss latitante da 8324 giorni, per decenni ha investito nella sanità privata trapanese, quella che la Dda di Palermo riconduce all’ ex deputato regionale della Dc Siciliana, il salemitano Pino Giammarinaro.

Fiumi di denaro sono stati inghiottiti dalle casse di Cosa nostra, sarebbero anche questi i soldi che mancano oggi alla sanità siciliana in crisi. Per la prima volta in questo scenario sul quale da tempo indagano le Procure di Palermo e Trapani, irrompono le rivelazioni di un collaboratore di giustizia, non siciliano ma calabrese, e questa è già una cosa eccezionale: un pentito della ndrgaheta che su mafia e sanità in Sicilia mostra di saperne più di qualsiasi altro pentito di Cosa nostra. Il collaboratore è un pentito del clan calabrese dei Piromalli, è un medico, Marcello Fondacaro, è il pentito che l’anno scorso ha cominciato a collaborare con la magistratura rivelando in diretta al pm che lo interrogava, Giovanni Musarò, che lui e il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Michele Prestipino dovevano essere uccisi dalla ndragheta. Sentito adesso ai primi di ottobre a Roma dai pm siciliani Carlo Marzella e Andrea Tarondo, Fondacaro ha saputo descrivere l’esistenza di una larghissima rete di interessi perchè per quasi 20 anni è stato in Sicilia, la moglie è di Mazara del Vallo.

giammarinaro
Pino Giammarinaro

Ha indicato Giammarinaro come un soggetto non estraneo a Cosa nostra ma lo ha descritto quasi come un alter ego dei Messina Denaro di Castelvetrano e della famiglia Agate di Mazara del Vallo, ha parlato di politici siciliani in affari con Giammarinaro e la mafia come Totò Cuffaro e Nino Dina, ha indicato dirigenti della sanità “soci” con Giammarinaro e Messina Denaro. “Dirigenti che mi apparivano come inamovibili”. Fondacaro ha ricordato ai pm Marzella e Tarondo che quando nei primi anni del ’90 si trasferì con la moglie da Roma in Sicilia a Mazara, volendo rilevare un laboratorio d’analisi fu affrontato a muso duro da Pino Giammarinaro al cui cospetto fu spinto dall’allora medico provinciale Giovanni Gentile: “Tu non lo sai che quando vieni a casa d’altri devi saper bussare!?”… conoscevo i soggetti ‘ndranghetisti, che non sono da meno rispetto ai mafiosi, per cui ho visto in lui… proprio traspariva quel fare mafioso – arrogante”. “Tutti mi dicevano che era con Giammarinaro che dovevo vedermela..me lo disse anche Totò Cuffaro…”.

Giammarinaro a sentire il collaboratore di giustizia calabrese avrebbe avuto un “cerchio magico”: dentro c’erano i Messina Denaro. “Mi presentarono un commercialista di Castelvetrano mi dissero che lui era il cognato di Matteo Messina Denaro (potrebbe trattarsi di Michele Alagna ndr), lui si occupava dei conti…”. Un commercialista che sarebbe stato in “affari” anche con altri imprenditori come Giovanni Savalle (ex super manager del resort mazarese I Giardini di Costanza, poi fallito, e il cui nome compare anche citato negli atti dell’indagine di Firenzenei riguardi dell’imprenditore Andrea Bulgarella nonchpè in un rapporto della Dia di Napoli su appalti a Pompei ndr) e Carmelo Patti che Fondacaro ha detto di avere incontrato: il patron di Valtur, Patti per l’appunto, in quella occasione avrebbe svelato i suoi interessi per l’eolico in combutta con l’imprenditore alcamese Vito Nicastri.

Da uomo “potente” dell’area grigia della ndragheta, Fondacaro presto stesso ruolo avrebbe assunto dentro Cosa nostra, per queste ragioni frequentava la cerchia di Matteo Messina Denaro. Fondacaro ha svelato un fatto particolarmente clamorso. Sanità e delitti. Fondacaro ha dato ai pm la possibile spiegazione del delitto di un infermiere, Salvatore Capizzo, ucciso a Mazara l’1 ottobre del 1992. Un omicidio rimasto irrisolto. Capizzo era prestanome di Giammarinaro. “Fu ucciso perchè si opponeva alla vendita voluta da Giammarinaro della convenzione in possesso della clinica che gestiva a Mazara. Giammarinaro voleva cedere il titolo ad una società di Bagheria (Palermo) in cui erano interessati il dottore Aiello (il medico di Bagheria condannato per mafia ndr) Totò Cuffaro, Nino Dina e i nipoti dell’ex procuratore Giammanco”. Infine, mafia e politica. Fondacaro ha raccontato delle convention elettorali organizzate dall’on. Giammarinaro: ad un paio di queste occasioni elettorali Fondacaro ha riferito di avere visto presente Gaetano Riina, “il nano” così era appellato, fratello del più ben noto Totò, il capo dei capi di Cosa nostra.