Studenti per un giorno… giudici, magistrati e avvocati

WP_20150522_10_50_24_ProIl ricordo di Falcone a Trapani. Promossa una interessante iniziativa dalla sottosezione dell’Anm assieme ai licei Classico e Scientifico.Ieri la Festa della Polizia. Il questore Agricola: “Cosa nostra cerca nuovi equilibri, la mafia vive ancora”

Niente passerelle, niente politici in prima fila, niente grandi parole o manifestazioni parolaie. Il ricordo dei 23 anni trascorsi dalla strage di Capaci del 23 maggio 1992, dove morirono Giovanni Falcone, sua moglie, il giudice Francesca Morvillo, dove vennero fatti a pezzettini dalla violenta esplosione in autostrada gli agenti della scorta, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, è stato celebrato a Trapani con una iniziativa che più di altre, ma senza dubbio integrandosi con quelle alcune di quelle fatte negli anni passati – e pensiamo alle manifestazioni di Libera organizzate con le scuole – , ha saputo indurre i giovani studenti a comprendere meglio che oggi non sono il futuro ma sono semmai un forte presente, ed è servita ad avvicinare i giovani studenti ai meccanismi della giustizia che non è fatta da un gruppo di Torquemada, come scrive nei suoi “pizzini” il capo mafia latitante Matteo Messina Denaro, ma è rappresentata da donne e uomini che lavorano con i codici e le leggi alla mano.

Il progetto è culminato oggi con l’affidare agli studenti dei licei Classico e Scientifico, Ximenes e Fardella, i compiti di giudici, pm e avvocati difensori, tornando a celebrare nell’aula bunker “Giuseppe Montalto” del carcere di Trapani, un processo realmente svoltosi negli anni passati, un tentato omicidio. “Legalità in tre mosse” si è chiamata l’iniziativa. Nel primo incontro i magistrati hanno illustrato agli alunni il tema Legalità e Costituzione. Nel secondo appuntamento, svoltosi con la visita del Palazzo di Giustizia, i magistrati hanno guidato i ragazzi nel viaggio della notizia di reato, dalla denuncia alla sentenza, con l’assistenza anche ad una udienza di un processo penale; ogni classe ha “adottato” un magistrato che ha raccontato la sua giornata e ha fatto vedere i luoghi di lavoro, creando un collegamento tra giovani e Giustizia. Infine, oggi, la celebrazione di un processo penale per un fatto molto grave. La sentenza è definitiva e i giovani giudici sono giunti a conclusioni analoghe a quella della sentenza di condanna dell’imputato, un soggetto che decise di punire un altro soggetto, aggredendolo con un colpo di arma da fuoco alla testa. La vittima era un pastore che aveva portato le sue pecore a pascolare nei terreni dell’imputato che decise un giorno, esasperato, di farsi giustizia da se. L’imputato, così come accadde nel 2006 a conclusione del processo “vero”, anche nel processo simulato è uscito con una condanna ma i giovani giudici hanno applicato una condanna ancora più severa di quella inflitta dai veri giudici a conclusione del “vero” dibattimento.

Non 14 anni come scritto nella sentenza originaria, diventata definitiva con il pronunciamento della Cassazione, ma 15 anni, senza attenuanti. La legalità e la difesa del diritto non può avere attenuanti dinanzi a comportamenti simili a quelli compiuti dall’imputato. Così viene da pensare anche a sentire le dichiarazioni degli studenti protagonisti dell’iniziativa a fine udienza. Processo poi molto partecipato anche di pubblico, cosa che di solito non avviene nei processi veri. E anche questa circostanza, la presenza come pubblico di tanti studenti, domani potrebbe indurre i giovani a seguire direttamente i dibattimenti e non fidarsi magari solo delle cronache giudiziarie. Anche perché le cronache giudiziarie dei giornali non sono oggi così piene come prima.

“L’insegnante educa, il magistrato rieduca, ma entrambi condividono il medesimo ottimismo per l’umanità e soprattutto per le nuove generazioni – dicono i giudici Samuele Corso e Fiammetta Lo Bianco, rispettivamente presidente e segretario della sottosezione dell’Anm di Trapani – Il valore della legalità, concetto tanto prezioso quanto a rischio di retorica, può essere trasmesso ai ragazzi prevalentemente ed efficacemente in due modi: tramite la narrazione ed attraverso la testimonianza. Entrambe le modalità non impongono alcuna condotta morale, ma consentono al ragazzo di rielaborare da solo l’esperienza vissuta e trarre un proprio convincimento etico sviluppando lo spirito critico”.

Progetto di legalità sicuramente riuscito. E il ricordo delle vittime della strage di Capaci del 1992 e di tutti i caduti tra le forze dell’ordine sul fronte della lotta a Cosa nostra, ha animato nella giornata del 22 maggio la Festa della Polizia a Trapani. Luogo scelto una delle “case” più importanti dell’arte e della cultura cittadina, il Museo Pepoli, “luogo simbolo della cultura – ha detto il questore Maurizio Agricola – scelto apposta per fare partiure un segnale vivo di crescita”. Il questore Agricola è uscito fuori dai cardini delle solite relazioni e saluti, e lo ha fatto molto bene, con la serena ma nel contempo forte autorevolezza, lanciando segnali precisi: “Fronteggiamo oggi forze criminali, feroci e tracontanti, con donne ee uomini che non risparmiano energie”. Ed ancora.

“Questa terra ha ritto l’immobilismo di un tempo ma bisogna incentivare i progetti di civiltà e responsabilità, la mafia teme più la scuola che la giustizia”. Analisi poi precisa sul fenomeno criminale nella provincia di Trapani, la terra dove da 22 anni si nasconde il latitante Matteo Messina Denaro: “Cosa nostra continua ad avere una propria struttura, cerca nuovi equilibri, la mafia vive ancora, circondata, sebbene vi sia una presenza di coscienza della gente comune, da silenzio colpevole e assordante”. Il questore Agricola non ha detto i soggetti responsabili del silenzio assordante, ma le sue parole hanno indotto a pensare che si riferisse a esponenti delle istituzioni, quelle istituzioni che applaudono quando ci sono gli arresti, ma poi finiscono con il fare il gioco dei mafiosi. Impossibile dimenticare che fin di recente ci sono stati politici, consiglieri comunali, ma non solo, arrestati per complicità con Cosa nostra: “L’illegalità in alcuni settori viene spesso depenalizata nella coscienza di tanti”.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.