Venticinque aprile, Venti anni Liberi, Venti nuovi. La Resistenza 70 anni dopo

25 aprileDebbo dirvi subito che trovandomi a Milano qui quando accenni al 25 Aprile trovi ancora qualcuno capace a commuoversi, ed è una cosa bella almeno per chi come me crede nella Libertà, nella Democrazia, nello Stato Repubblicano e laico per il quale i nostri avi 70 anni addietro hanno combattuto. In questa vigilia di Festa della Liberazione sono diverse le cose che possono dirsi due persone a secondo di quali latitudini si incontrino. Se a Milano ti può ancora scappare la lacrimuccia perché ti ritrovi qualcuno che ha ricordi magari lasciati dal nonno, dal padre, se a “casa Cervi” nella campagna di Gattatico, a Reggio Emilia, non c’è nemmeno quasi bisogno che qualcuno venga a parlarti per provare quella che fu la Resistenza alla tirannia nazista e fascista, il 25 Aprile dalle nostre parti, e dico nostre perché è solo provvisoria la mia permanenza in terra Lombarda, si sostanzia nel sapere “dove la si trascorre” questa giornata, se nella villetta collinare, “arrustenno e mancianno”, slogan caro a qualche mio buon amico marsalese o se il sole permette già i primi bagni, e sembra proprio che si potrà andare in spiaggia, per le notizie che arrivano qui a Milano dove mi trovo a rimettere a posto qualche valvolina. Insomma questo per dirvi che il 25 Aprile è da sempre diverso, da quello stesso 25 Aprile del 1945, a secondo di quale latitudine italiana viene vissuto, e non dobbiamo farcene alcun cruccio, e così e basta. Non voglio farla lunga perché ancora mi vien difficile scrivere al computer e poi perché non avete così tanto tempo da perdere a leggermi dovendo in qualche maniera riuscire ad organizzare il 25 Aprile. Se proprio non vogliamo impegnare la giornata “mangereccia” del 25 Aprile, e mi rivolgo essenzialmente a chi vive la giornata nelle latitudini meridionali e costiere dello Stivale, magari dall’indomani ognuno si impegni a ritrovare i fili della nuova Resistenza che possano riuscire a legare una nuova Unità nazionale. Leonardo Sciascia, spesso ricordato, da chi ha il solo desiderio di affossare la lotta antimafia, per quell’articolo con il quale dava del professionista dell’antimafia ad un certo Paolo Borsellino, un giorno scrisse anche che per permettere vita e forza alla Repubblica Italiana in Sicilia ogni giorno bisognava combattere e vincere una battaglia. Chiaro chi fosse l’avversario, la mafia. Ieri come oggi il nemico da combattere è lo stesso e di più oggi che a parlarci di antimafia sono uomini e donne, si anche donne che nei salotti incontrano i mafiosi oramai pienamente imborghesiti, che vanno a parlare ai giudici magari e magari trovano anche qualche giudice a loro attento. La mafia vuole rientrare dentro i Palazzi di Giustizia come accadeva un tempo in cui restavano chiusi negli armadi i fascicoli dei processi contro i mafiosi. Una cosa hanno provocato certe polemiche inutili sull’antimafia: “La mafia ha preso in mano i microfoni dell’antimafia”. Lo ha ricordato ai ragazzi delle scuole di Erice ed ai tanti che lo hanno ascoltato, il magistrato Andrea Tarondo, nel corso di un incontro nell’ambito del “Non ti scorda di me”, le manifestazioni che il Comune di Erice e Libera hanno organizzato nel trentennale della strage mafiosa di Pizzolungo. La “mafia ha preso in mano i microfoni dell’antimafia” in un momento cruciale, che ha visto la fine dell’isolamento dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, non più destinati a morir abbandonati. Ma a vivere e a far vivere nuova gente, l’antimafia delle azioni responsabili. A Trapani, in provincia di Trapani, questa esperienza sta ben vivendo ma è ostacolata in vario modo: la Calcestruzzi Ericina Libera, la cooperativa Rita Atria, gli alberghi sottratti alla mafia, da Valderice a San Vito Lo Capo, i supermercati risorti dalle ceneri di quelli di proprietà dell’imprenditore mafioso Giuseppe Grigoli, sono esperienze straordinarie di affermazione della vera antimafia sulla mafia che ha cercato e cerca ogni di mettersi la maschera dell’antimafia. Io ricordo i giorni in cui l’impero Grigoli fu sequestrato e certi dipendenti andavano in giro a far firmare petizioni pro Grigoli. La stessa cosa volevano che facessero i dipendenti della Calcestruzzi Ericina sottratta al capo mafia Vincenzo Virga, non lo hanno fatto e fin dentro casa c’era chi andava dicendo loro che presto si sarebbero trovati disoccupati, oggi invece sono imprenditori e loro stessi datori di lavoro. Se come ci ha oggi detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «la Liberazione è una festa di libertà e di speranza che ricorda quel che abbiano conquistato grazie al sacrificio di tanti e che abbiamo il diritto e dovere di conservare e preservare», queste storie trapanesi devono essere raccontate in giro per l’Italia per legare i fili della nuova Unità, di una nuova Resistenza. Ce ne è di bisogno. Il sopravvento della mafia è dietro l’angolo. La corruzione la sostiene ma anche la finta antimafia e i cattivi amministratori giudiziari quelli costretti a dimettersi per evitare una sentenza che li condanni penalmente e platealemente e quelli che oggi vivono di incredibili coperture giudiziarie. Tutto questo in pochi minuti di servizio ce lo hanno dimostrato i ragazzi di “Cortocircuito” che hanno scoperto il sindaco di Brescello a parlare come il sindaco di Trapani degli anni 80: “la mafia a Trapani? Non esiste”, stessa cosa a Brescello, “qui la mafia non c’è” – abbiamo avuto modo di sentir dire a quel sindaco che rispondeva a quei ragazzi bravi giornalisti sul serio – e ne dava prova scendendo dall’auto per andare a parlare con il capo clan ndraghetista del paese. E le cose sono pure così tanto cambiate che a Brescello sindaco e parroco vanno d’accordo, il parroco ha detto che parlar così di Brescello significa colpire il turismo. Un po’ la stessa cosa che dice l’attuale sindaco di Trapani, “non parlate di mafia a scuola perché i ragazzi si impressionano”. E allora vanno bene e devono andare bene oggi e ogni giorno la Resistenza e la Cittadinanza Attiva, per difendere , come chiede il Capo dello Stato «i valori di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, di pace» ma anche per “attaccare” da veri partigiani le mafie. Ecco la nuova Resistenza. Settant’anni dopo la Democrazia si ritrova ancora ad essere «affermata e realizzata», è vero come ben dice il presidente Mattarella la Costituzione «non va conservata in una teca come una reliquia. Vive perché viene applicata sempre nei suoi valori. È questo che fa vivere la Costituzione. È mettersi insieme, discutendo». Il nostro 25 aprile insomma qual è? Noi vogliamo mettere insieme i pezzi del Paese che sembrano vivere ogni giorno sfide diverse per sopravvivere, dobbiamo mettere insieme i pezzi di questo nostro Paese raccontando, per vivere, la “Resistenza” di oggi, come quella di ieri con i partigiani che sfidavano la dittatura, con i partigiani che oggi sfidano la mafia che in certe parti del Paese è il potere costituito. Partigiani che combattono le mafie che non sono sommerse, cercandole queste mafie le si trovano e i mafiosi si fanno trovare se dall’altra parte c’è chi vuol “trattare” qualcosa, perché una cosa è la “trattativa” sotto processo a Palermo, ma ci sono state altre trattative e di nuove magari se ne vogliono fare, oggi magari per fermare l’antimafia, responsabile e della cittadinanza attiva, riuscita a calpestare, coltivandoli, i terreni che furono dei Messina Denaro, dei Riina, Provenzano, Sansone, l’antimafia che apre alla società civile le ville di Nicastri, Grigoli. Venti il comune denominatore. Venti cinque aprile, venti anni di Libera, i nuovi venti di libertà che possono sopravvivere. In provincia di Trapani la sfida è forte. La mafia borghese che ha reso legale tutto quello che è illegale e non accetta oggi chi con l’evidenziatore segnala le malefatte. E ha “uomini e mezzi” per far cercare di tacere o di mascariare L’antimafia ha anche uomini e mezzi per affermarsi senza bisogno di usare maschere, ma le voci di tanti liberi giovani Liberi, le voci di tanti seri professionisti, donne e uomini che hanno messo in discussione il loro vivere di ogni giorno, scegliendo all’anonima normalità le sfide. Amunì picciotti, diamo un calcio in culo a sti quattro mafiosi!

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.