A proposito di antimafia e antimafiosi/puntata 2

Sabato Vignetta Antimafiascorso a Trapani ad un anno dalla scomparsa è stato ricordato il prefetto Fulvio Sodano. Nella Chiesa di Santa Maria di Gesù c’erano oltre mille persone. Se l’evento fosse stato organizzato da altri era certamente da catalogare tra i “grandi eventi”…ma tutto si è svolto senza dare eco nel silenzio più assoluto anche da parte di quei soggetti che vanno in giro a battersi il petto e cercano il fango in casa d’altri…

Arrivi a Trapani e ti accolgono due cartelli… benvenuti a Trapani città della vela e del sale….l’altro non è scritto però te lo fanno capire che esiste: benvenuti a Trapani ma state accorti non parlate al guidatore..anzi, magari vi spiegano meglio, non parlate affatto se magari voleste chiedergli di cambiare direzione di marcia; se proprio volete parlare, parlate nella lingua del guidatore, rispettando i suoi desideri e ripetete: Vossia assabinirica, voscienza mi cumannassi…A Trapani quando due trapanesi si incontrano, il loro saluto si sostanzia così: “Chi si rice?”. Risposta: “Un si rice nente”…perché… “a megghio parola è chidda chi nun si rice”.

Cosa c’entra questo con l’antimafia e gli antimafiosi? C’entra tanto, credeteci. A Trapani siamo passati dalla mafia che non esiste alla mafia sconfitta, così come dissero in coro, anche se in momenti diversi, alcuni sindaci; a Trapani hanno applaudito quando Sciascia scrisse dei professionisti dell’antimafia (che – non dimentichiamolo – era una bordata contro un certo magistrato che si chiamava Paolo Borsellino) e qualche anno dopo è stato scritto, ancora una volta da un sindaco, che l’antimafia è peggiore della mafia e lo scriveva mentre magistrati, giudici e forze dell’ordine andavano scoprendo gli “altarini” e le “casseforti” dei mafiosi e mentre un prefetto, diventato coraggioso perchè faceva il proprio dovere (sventurata la società che ha bisogno di eroi scriveva Bertolt Brecht), sgombrava i mafiosi e le loro famiglie dai beni confiscati da decenni. Una situazione che un questore, non uno qualsiasi, ma quel Giuseppe Gualtieri che da capo della Mobile di Palermo snidò il super latitante dell’epoca Bernardo Provenzano, così commentò: «Diciamo intanto che chi diceva che la mafia non esisteva probabilmente aveva magari un suo tornaconto politico e poi di conseguenza economico; oggi la categoria di chi dice che la mafia è sconfitta è molto più eterogenea, c’è chi lo dice con orgoglio e con grande buonafede, e c’è chi invece chi lo dice perchè magari gli conviene spostare l’attenzione sul problema mafia e magari dirottarla verso alcuni altri reati e problematiche sociali, con ovviamente il conseguente abbassamento della guardia nei confronti della lotta alla mafia, ottenendo anche maggior libertà. Io direi, e sono ottimista, i molti sono in buona fede, i pochi magari perchè attrezzati e molto più “professionisti” nel sostenere questa tesi, sono in malafede». Sono trascorsi anni ma crediamo che se dovessimo risentire il questore Gualtieri non cambierebbe una virgola a queste sue dichiarazioni. Siamo convinti che anche l’attuale questore la pensi in questa maniera. Glielo chiederemo presto.

Benvenuti a Trapani. La città dove Cosa nostra e massoneria continuano ad animare le stanze del potere segreto, che però è pubblicamente riconosciuto. È una storia antica il prefetto Ulloa lo scriveva già il 3 agosto 1838: “La venalità e la sommissione ai potenti ha lordato le toghe di uomini posti nei più alti uffici della magistratura. Non vi ha impiegato che non sia prostrato al cenno ed al capriccio di un prepotente e che non abbia pensato al tempo stesso a trae profitto dal suo Uffizio. Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedi oltremodo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle Fratellanze, specie di sette. Il popolo è venuto a tacita convenzione con i rei”. Sembra di leggere della Trapani di oggi dove la mafia è sommersa, bene infiltrata, qui comanda la mafia borghese, senza bisogno di coppole e lupare, una mafia che ha fatto diventare legale il proprio sistema illegale. Qui a Trapani continua a regnare quel crocevia misterioso dove, mafia affari politica massoneria servizi segreti, ha regolato la vita non di una città, di una provincia, di una regione, ma la vita dello Stato. Siamo a Trapani, dove solo adesso i familiari di Messina Denaro, stanno subendo il sequestro dei beni, ma riescono a far sposare i loro figli dentro la Cappella Palatina a Palermo.

Cercate la macchina del fango? Ecco, venite a Trapani e la trovate sempre in funzione. Nelle piazze vere e in quelle virtuali. Si lancia il sasso e si è pronti a tirare indietro la mano. Qui i delitti più gravi sono finiti subito sotto la lente del dileggio e della denigrazione. La mafia da queste parti è parecchio abile a uccidere quanto a mascariare. Vi proponiamo alcuni esempi: Ciaccio Montalto, magistrato ucciso il 25 gennaio del 1983, fu ucciso per motivi passionali; Carlo Palermo che sfuggì all’autobomba di Pizzolungo il 2 aprile del 1985 dissero che se la era andato a cercare quella bomba; Alberto Giacomelli, giudice in pensione ammazzato il 14 settembre del 1988, aveva pagato con la vita il fatto di essere un usuraio; Mauro Rostagnoammazzato 12 giorni dopo era stato ammazzato per questione di corna; Rino Germanàsfuggito ad un agguato di mafia il 14 settembre del 1992 aveva dileggiato i mafiosi che pure frequentava; Giuseppe Montalto agente di polizia penitenziaria ammazzato davanti alla moglie il 23 dicembre del 1995 aveva la colpa di aver fatto il proprio dovere…ma a iddu cu ci u fici fari (traduzione: ma a lui chi glielo ha fatto fare). Ovviamente nessuna delle ragioni che leggete in neretto e in corsivo è risultata vera, non potevano essere vere nemmeno per un millesimo di secondo, ma ce le siamo sentite sussurate nelle orecchie ogni giorno anche quando nel frattempo sentenze definitive di condanna hanno ricondotto le responsabilità di quei fatti a Cosa nostra. E gli esempi non finiscono qui. Marene Ciaccio Montalto con sua madre e le due sorelle dovettero andare via da Trapani perchè la mafia non solo non era rimasta soddisfatta del fatto di avere ucciso il loro genitore e marito, ma tempestò di telefonate anonime minacciose la loro casa. Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime della strage di Pizzolungo, rimasta nel frattempo anche orfana del padre, fino a quando tenne per se il dolore era la povera piccina da compatire, quando decise di parlare, per protestare per quella giustizia che non arrivava e per la memoria che scompariva, le fu detto che strumentalizzava il suo dolore per attaccare alcuni politici (il guidatore di turno insomma), erano i giorni in cui proprio il 2 aprile invece che ricordare le vittime di quella strage si organizzava il “festival del cioccolato” (è notorio che nel trapanese la filiera del cioccolato è tra le più rilevanti e redditizie). Il prefetto Fulvio Sodano accusò il sottosegretario all’interno D’Ali di averlo fatto trasferire da Trapani e qualcuno, amicissimo all’epoca del senatore D’Alì, il sindaco della città Girolamo Fazio, paventò subito che quell’accusa di Sodano poteva nascere da “una raccomandazione non accolta”. Ecco arriviamo al punto di questa seconda puntata…il prefetto Fulvio Sodano, prefetto di Trapani dal 2001 al 2003, morto il 27 febbraio del 2014.

Era il 17 marzo 2008, giorno in cui il Tribunale condannò a venti anni il capo della mafia trapanese, don Ciccio Pace, quello che intercettato diceva “sti mafiusi ni ruvinaro” (strano che ancora qualcuno non l’abbia magari chiamato a fare da testimonial contro la mafia) o ancora veniva sentito dire peste e corna di Sodano, e si svelò addirittura capace di anticipare una decisione del Governo (Berlusconi) che sarebbe stata lì per lì presa (accadde nel luglio del 2003) e cioè il trasferimento da Trapani ad Agrigento di quel prefetto tinto. In quel 17 marzoquella condanna dimostrò che la mafia sommersa non era una invenzione e che la mafia sommersa sempre mafia è. Quel giorno casualmente Repubblica pubblicò un reportage su Trapani. Si parlava di una città cambiata sotto la regia della mafia. Fu un apriti cielo. Mentre i giudici condannavano (sentenza pronunciata in un’aula priva di parti civili) il “padrino” Ciccio Pace anche per le malefatte le cui conseguenze il giornalista Franco Marcoaldi aveva descritto nel suo articolo, il sindaco Fazio, con le parole prese per il bavero il giornalista di Repubblica e, non pronunziando una sola parola sulla contestuale sentenza appena pronunciata dal Tribunale, sostenne che la città di Trapani era cambiata, e che dietro il “rinascimento” non c’era la mafia. Appunto, a Trapani la mafia non c’è. Tutto al più c’è stata ma guai a parlare dei singoli mafiosi, si può dire, c’è lo concedono quasi e magari vorrebbero aver detto grazie, che la mafia è il peggiore dei mali e però a un mafioso va riconosciuta “una minima reputazione.

Fulvio Sodano ha vinto le battaglie giudiziarie, fu querelato, in sede civile, per quelle accuse contro il senatore D’Alì, le pretese del senatore furono respinte dal Tribunale civile di Roma.Fulvio Sodano voleva costituirsi parte offesa nel processo contro il senatore D’Alì ma un giudice ritenne di non intravedere alcuna ragione perchè si costituisse come parte offesa. Ma ha vinto lo stesso, perchè nel frattempo è diventato cittadino onorario di diverse città, è stato indicato simbolo per l’Italia intera almeno simbolo di chi riteneva, e ritiene, che i beni confiscati possono essere riutilizzati. Ha vinto Sodano nonostante quella cittadinanza onoraria rifiutata a Trapani (gli furono preferiti due giornalisti che in tv avevano parlato bene di Trapani e degli arancini) e rifiutata a Castelvetrano dove, coerentemente col rifiuto, il sindaco Felice Errante aveva dapprima sostenuto che “Matteo Messina Denaro non è il primo dei problemi” ; cosa attendersi di diverso da un sindaco che dice di essere  basito all’arresto per mafia di un consigliere comunale, al quale, al momento del suo insediamento, aveva esternato parole di compiacimento; cosa atttendersi da un sindaco, quello della Trapani di oggi, Vito Damiano, che esordì dicendo che a scuola non bisognava parlare di mafia o che invece di parlare di mafiosi preferì parlare di malandrini e che clamorosamente ha disertato la serata dedicata a Fulvio Sodano: dirà, non mi hanno invitato, ma a parte il fatto che inviti ad personam non ne risultano esserne stati fatti, ma ad appuntamenti del genere , pensiamo, si va a prescindere dagli inviti. Sodano ha vinto perchè ha salvato dal fallimento una impresa, la Calcestruzzi Ericina Libera, per la quale la mafia aveva scritto un destino preciso…il fallimento, si può dire la prima sentenza di morte che la mafia non è riuscita a eseguire. Sodano ha vinto..ma guai a dirlo in giro a Trapani. Non si può dire perchè significherebbe dare in testa al senatore D’Alì prima e alla mafia dopo. E casualmente così la manifestazione a lui dedicata lo scorso 28 febbraio a Trapani non ha avuto riservata sui giornali nemmeno una breve, in tv nemmeno un servizio. C’erano oltre mille persone quella sera del 28 febbraio nella chiesa di Santa Maria di Gesù, Sodano è stato ricordato con la musica, i canti dei ragazzi di alcune scuole, con le canzoni che a lui piacevano, le parole del prefetto Falco, del vescovo Fragnelli, del magistrato Tarondo, con le parole di sindaci e di giovani laureatisi con tesi dedicate a Sodano e al suo lavoro di prefetto, con le parole e la commozione dei lavoratori della Calcestruzzi Ericina Libera. Quale migliore esempio della lotta alla mafia se non quello di Fulvio Sodano. Don Luigi Ciotti quella sera lo ha detto a chiare lettere, “la verità sulla storia di Fulvio Sodano gira per tutte le strade di Trapani” …ma non viene raccolta.

Cinquanta anni fa negli Usa si svolse un celebre marcia contro l’apartheid. Oggi servirebbe una nuova marcia per rivendicare i diritti e doveri e dire di no alla mafia e alla finta antimafia. Fino a quando non ci sarà anche una vera e ampia rivolta culturale della società,la partita che è in corso avrà un esito incerto. Come in una partita di calcio, l’antimafia “responsabile” sta vincendo e nelle curve adesso i suoi tifosi si fanno sentire. Sono coloro i quali siedono in tribuna che ancora non fanno sentire il loro tifo, stanno in silenzio. Vale la pena continuare a battersi? Certo che si, se si crede alla Costituzione come prima utile arma per contrastare la mafia. Vale la pena perchè l’articolo 21 della Costituzione non deve essere solo un qualcosa scritto sulla carta…difendere ora e sempre la Parola perché la Parola muove i pensieri…e noi vogliamo pensare e parlare bene…come diceva un grande giornalista, Roberto Morrione , si fa quel che si può accada ciò che può, si parli e si scriva …meglio un giornalismo che esageri rispetto ad uno silenzioso (cit Mauro Rostagno)…nonostante l’informazione non è stata d’aiuto pensiamo che al potere mafioso è arrivato, quella sera del 28 febbraio, un preciso avvertimento: seppure riuscisse a ridurci al silenzio la lezione del prefetto Sodano ci ha fatto imparare che talvolta il silenzio fa un grande chiasso…!

Infine. E stavolta chiudiamo davvero su questo argomento. Oggi festa della donna vogliamo dedicare la giornata a due donne. Alla signora Maria, vedova del prefetto Sodano, e a Rita Atria, morta a 17 anni dopo aver reso testimonianza sulle malefatte di mafiosi della sua città , Partanna. Rita racconto anche dei suoi familiari, fu subito bollata come la picciridda che si era inventata tutto. Come fu anche detto alla signora Maria che per anni ha dato voce al marito che l’aveva perduta per la grave malattia che lo porto’ alla morte.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.