Può una partita di pallone essere la metafora del declino di un Paese?

coppa italiaAvanti ammettiamolo: quante volte prima di andare ad una partita di calcio abbiamo pensato: “adesso porto con me una pistola e appena arrivato allo stadio prendo e sparo un paio di colpi, così, per rompere il ghiaccio con le altre tifoserie”? Ebbene, un tifoso della Roma (che neanche doveva essere interessato alla partita considerato che la Roma non era nemmeno coinvolta nella Coppa Italia) l’ha pensata esattamente così e lo ha fatto sabato pomeriggio a Roma.
Se avessimo voluto assistere alla metafora di un Paese allo sbando, avremmo dovuto vedere l’inizio della partita di Coppa Italia, Napoli – Fiorentina o, per meglio dire, quello che succedeva nel pomeriggio prima dell’inizio della partita, quando, all’improvviso, un ultrà romanista ha cominciato prima a provocare e poi a sparare su una folla di tifosi del Napoli che si stava recando  allo stadio Olimpico a Roma. La conseguenza del folle gesto ha avuto ripercussioni anche all’interno dello stadio, dove un gruppo di “tifosi” del Napoli bloccava l’ inizio della partita con la scusa di avanzare alcune richieste, mettendo in atto una dura protesta, provocando e sfidando gli agenti di polizia. Poco dopo, inizia la mediazione avviata dai responsabili dell’ordine pubblico dello stadio con quegli stessi “tifosi”. Si, avete capito bene, gli stessi che prima si erano affrontati in modo piuttosto duro
con i poliziotti.

Così, solo dopo aver dato le informazioni richieste dalla tifoseria, la partita ha finalmente potuto avere inizio. A questo punto parliamo della partita, l’inizio della Coppa Italia, non dimentichiamo questo particolare, che, come ogni Coppa Italia che si rispetti, comincia con l’inno di Mameli (ossia l’inno Nazionale). Note di una melodia che, oltre ad essere stata intonata da una brava cantante italiana, ha avuto l’onore di essere accompagnato dal fischio costante di buona parte delle tifoserie che, sicuramente, avranno provato e riprovato per giorni l’intonazione migliore per non sfigurare ad un evento così importante per il calcio Italiano in cui erano presenti alcune tra le più alte autorità del Governo Italiano.

Da qui la triste metafora di questo Paese che vede l’assistere impotente agli eventi che lo circondano e non sembra saper reagire e dare risposte decise né davanti ai tafferugli del pomeriggio con un ferito grave, né davanti all’arroganza di alcuni “tifosi”. Perché le autorità presenti allo stadio, dopo aver assistito ad uno spettacolo penoso, sono rimaste lì ferme invece di alzarsi e andare via dallo stadio? E perché le autorità competenti non hanno fatto sospendere la partita e farla giocare, forse successivamente, a porte chiuse? Ma figuriamoci se qualcuno poteva assumersi tale responsabilità. Meglio usare le solite scuse del tipo: “non è stato possibile fermare la partita perché altrimenti le conseguenze sarebbero statedrammatiche”. Scuse che non reggono più! Adesso bisogna soltanto dare un segnale forte, se non si vuole assistere ad un declino senza ritorno, per tutelare il gioco del calcio e per la credibilità dello Stato.

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Fulvio Catalanotto
Fulvio Catalanotto nasce in Sicilia, terra, secondo lui, al centro del mondo. Formatore ed esperto dei processi formativi con la passione per la comunicazione e l'informazione. È un ascoltatore cronico di Rosa Balistreri.