Il succo d’uva? Prodotto che unisce territori diversi

vignetoCASTELVETRANO. Durante la presentazione dei risultati del progetto “Qualimed”, finanziato con 800 mila euro nell’ambito dei programmi di cooperazione transfrontaliera finanziati dall’Unione Europea;è risultato quanto segue: dopo due anni, al termine del progetto, il risultato è vincente. Il succo d’uva sarà prodotto da aziende siciliane e tunisine insieme. Nel paniere dei beni, per i quali sono stati certificati i disciplinari di produzione nell’ ambito del progetto “Qualimed”, c’è anche questo prodotto derivato dall’ industria vitivinicola, che in Sicilia poche aziende ancora producono. Questo dato è emerso stamattina nella sala conferenze della Soat di Castelvetrano, Nove i partner coinvolti: Confindustria Trapani, distretti Cosvap (pesca), quello vitivinicolo, quello olivicolo, la Provincia Regionale di Trapani e quattro enti della sponda sud del Mediterraneo: il Gica (Groupement des Industries de Conserves Alimentaires), l’Union tunisienne de l’agriculture et de la pêche, il Centre Technique de l’agro-alimentaire e l’institut de recherche vétérinaire de Tunisie.

«La difficoltà originaria nel progetto è stata quella di trovare un prodotto del settore vitivinicolo che non fosse il vino, inserito nella dieta mediterranea ma vietato dalle prescrizioni dettate dalla religione musulmana – spiega il presidente del Distretto vitivinicolo della Sicilia occidentale Fabio Foraci– poi, sulla scorta della nostra esperienza a Mazara del Vallo, abbiamo condiviso con gli enti tunisini il percorso di produzione del succo puro». Foraci è titolare a Mazara del Vallo di “Naturalia ingredients”, una delle poche aziende siciliane produttrici di succo d’uva. «A margine della scorsa vendemmia abbiamo già fatto una produzione di prova coi partner tunisini. L’obiettivo della produzione italo-tunisina è duplice, spiega Foraci: da un lato la sfida del prodotto confezionato commercializzabile e dall’ altro garantire, nei mercati del Nord Europa, una quantità di produzione sostenibile».Per avere risultati accettabili è stato creato un consorzio tra aziente italiane e tunisine. I beni attualmente inseriti nel paniere sono: le sardine, i pomodori secchi, l’olio d’oliva, le olive da tavola e i succhi d’uva e derivati. Le aziende sulle quali si è sperimentato il progetto sono sei tunisine :Les vergers de Tunisie, Sunantipasti, Al Jazira, Carthage Olive Oil, Sotrapa, Medi Fish e Medi Mer; e quattro siciliane: Campo d’Oro, Sciacca; Gruppo Curaba, Castelvetrano; Carbona Società Agricola, Castelvetrano; Naturalia ingredients, Mazara del Vallo; Glorioso olio, Santa Ninfa; Carlino, Sciacca (queste ultime due non sono state certificate). Il prossimo passo sarà la costituzione del Consorzio di tutela del marchio “Qualimed”, già deliberato dal Comitato di pilotaggio, che vedrà insieme le aziende di produzione certificate.Si punta su i giovani, averne tanti in agricoltura è un buon segno. L’agricoltura è uno dei settori in cui oggi c’è una crescente attenzione da parte dei giovani ; ha detto Alessandro La Grassa del Cresm, ente che affianca il Distretto vitivinicolo della Sicilia Occidentale. Questo dato viene fuori sia dalle ultime ricerche in ambito agricolo, che dalla crescente partecipazione ai corsi per imprenditori del settore. Questo è un buon segno. Quelli ad oggi formati dal Cresm sono 250 tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo e questo dato denota un’inversione di tendenza rispetto al passato, con un’ottica di diversificazione di produzioni che può garantire un reddito più alto alle nuove aziende. queste dichiarazioni di La Grassa inducono ad una seria riflessione sul futuro dell’agricoltura.

«Il progetto rappresenta un’opportunità concreta di sviluppo per Sicilia e Tunisia , ha detto Gregory Bongiorno, presidente Confindustria Trapani , da ambasciatori di questo Mediterraneo che produce qualità è necessario guardare con attenzione ai mercati europei e internazionali, conservando l’identità del nostro territorio e della nostra storia». «Il marchio darà certamente un contributo nell’inserimento nel mercato europeo – ha detto Giuseppe Bongiorno, presidente del Consorzio della filiera olivicola in Sicilia – ma Mediterraneo significa anche Spagna e Grecia. Ecco perché bisognerà anche porsi il problema della compatibilità del marchio “Qualimed” con altri marchi presenti in questa area. Non farci attenzione significa rimanere schiacciati e messi all’ angolo».E’ necessario guardare ai mercati internazionali e tenerli d’occhio contestualmente, nel senso che sono tutti partecipi di una stessa realtà che non può essere ignorata.Il progetto apre grosse opportunità che non vanno ignorate, anche come momento di condivisione di cultura oltre che dal punto di vista economico.

 

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