Grandi opere e Cosa nostra. Confiscate le società associate al gruppo degli imprenditori Ciccio e Vincenzo Morici.

confiscaTRAPANI – Una confisca che suona anche come un preciso atto di accusa. Colpite sono direttamente una serie di imprese che hanno svolto un ruolo da “spalla” a favore degli imprenditori trapanesi Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio, a capo di una holding che nel lungo periodo, dagli anni 80 ad oggi, ha fatto man bassa delle grandi opere pubbliche realizzate nel territorio trapanese. Contro i due Morici è in corso un procedimento per la confisca di beni scaturito dal sequestro preventivo delle loro aziende, il Tribunale delle misure di prevenzione in questo senso ha assecondato la proposta della Questura di Trapani. In attesa di questo pronunciamento, lo scorso 12 marzo ce ne è stato un altro, che ha riguardato una serie di imprese e società che hanno fatto “affari” con i due Morici. La sentenza appena depositata delinea un quadro chiaro: ci sarebbero state aggiudicazioni di grandi opere pubbliche avvenute attraverso appalti truccati e da dove emerge forte anche la complicità delle imprese che con i Morici hanno costituito associazioni temporanee per agevolare la loro egemonia. Niente era nascosto e tutto avveniva alla luce del sole. “Nessuno in sostanza dei “soci” dei Morici può sostenere di non sapere”: questo, in sintesi, il tenore del contenuto della sentenza pronunciata dal Tribunale delle Misure di prevenzione di Trapani (collegio presieduto dal giudice Franco Messina a latere i giudici Badalucco e Visco). L’ammontare della confisca sfiora i 50 milioni tra valori societari e appalti. Quelle confiscate, società e quote societarie, sono società che si trovavano sotto amministrazione giudiziaria, rispetto alle quali non era stato disposto un sequestro ma una “amministrazione controllata”; il lavoro di esame condotto dagli amministratori ha indotto i giudici a pronunciare però la confisca. Tra le faccende clamorose emerse oltre le circostanze che al di là delle imprese e a chi fossero intestate, a controllare ogni cosa erano sempre e soltanto i Morici attraverso le loro società (Coling in testa). Eclatanti poi i dati sulle forniture. L’uso di cemento e altri materiali, come il ferro, sarebbe avvenuto non sempre nelle quantità e qualità previste dai capitolati, tutto pagato però dal committente pubblico come se vi fosse il pieno rispetto delle norme stabilite dai rispettivi bandi di appalto. In altri termini la sentenza annota l’esistenza di “evidenti frodi nelle pubbliche forniture”. Lo scenario si completa con il vantaggio che sarebbe stato garantito all’associazione mafiosa locale. I lavori finiti sotto inchiesta sono quelli per la costruzione (a Trapani) delle nuove banchine del porto, del recupero della “Litoranea Nord”, della realizzazione di nuive strutture all’interno dell’Ospedale Sant’Antonio Abate, della Funivia Trapani/Erice, per la sistemazione idraulica della contrada Sperone di Custonaci.

Le imprese confiscate. Quote della Società ITALIANA DRAGAGGI S.p.a., (pari a nominali €. 7.200,00) e della Cooperativa SAN MARTINO Soc. Coop. (pari a nominali €. 1.912,00) della società TRAPANI INFRASTRUTTURE PORTUALI S.C.A.R.L con sede a Roma, via Carlo Zucchi, 25, P. IVA.: 11716421000 – data di costituzione: 11.01.2012 – iscrizione registro imprese Roma: 1323451, nonché dell’intero compendio aziendale, ivi compresi tutti i rapporti alla stessa facenti capo; della quota della Società ITALIANA DRAGAGGI S.p.a., (pari a nominali €. 4.800,00) della società LITORANEA NORD S.C.A.R.L. con sede in Erice C.S. (TP), via Fiume nr. 1, P.IVA.: 02266910815 – iscrizione registro imprese: 157647, nonché dell’intero compendio aziendale, ivi compresi tutti i rapporti alla stessa facenti capo; della quota della TECNICON S.r.l. (pari a nominali €. 5.000,00); della società LA FUNIVIA S.C.A.R.L. con sede in Erice C.S. (TP), via Fiume B snc, – P.I.: 02126650817, – data di costituzione: 05.11.2003 – iscrizione registro imprese: 147510, nonché dell’intero compendio aziendale, ivi compresi tutti i rapporti alla stessa facenti capo; della quota della S.E.T. – Società Edilizia Tirrena S.p.a. (pari a nominali €. 5.000,00); della società SPERONE S.C.A.R.L. con sede in Erice C.S. (TP), via Fiume B snc, – P.I.: 02144620818 – data di costituzione: 12.03.2004 – iscrizione registro imprese: 148634, nonché dell’intero compendio aziendale, ivi compresi tutti i rapporti alla stessa facenti capo; della quota della ditta LA FERRERA GIUSEPPE (pari a nominali €. 3.713,80); della società TORRE ASCENSORI S.C.A.R.L. con sede in Erice C.S. (TP), via Fiume nr. 1/B – P.I.: 02439610813 – data di costituzione: 02.09.2011 – iscrizione registro imprese: 170830, nonché dell’intero compendio aziendale, ivi compresi tutti i rapporti alla stessa facenti capo.

Gli appalti. ILavori di completamento della costruzione di una galleria naturale e suoi raccordi nel tratto Scindo Passo della S.P. di Favignana”, nonché i “Lavori per il ripristino della funivia Trapani-Erice”, entrambi artatamente aggiudicati in favore dalla “COLING S.p.A società gestita dai Morici, in associazione temporanea di impresa con altri soggetti. I “Lavori di Riqualificazione della Litoranea Nord di Trapani” e quello riguardante il “Completamento dei moli foranei e lavori di realizzazione delle banchine a ponente dello sporgente Ronciglio” con importo a base d’asta di oltre 46 milioni di euro, avente ad oggetto le commesse pubbliche eseguite presso il Porto di Trapani. Secondo la ricostruzione del Questore, i due proposti sarebbero riusciti ad ottenere tale appalto in A.T.I. con altre società, anche tramite l’interessamento di noti esponenti politici locali.

I politici citati nel rapporto. Il nome ricorrente nelle indagini è stato quello dell’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì. Sebbene questi proprio sul tema dei contattati tra mafia e politica per la gestione degli appalti sia stato assolto dal gup di Palermo, con sentenza pronunciata lo scorso settembre (ma ad oggi ancora non si conoscono le motivazioni, lo scorso fine marzo il giudice avrebbe dovuto depositare le motivazioni ma ancora questo atto non è stato compiuto a oltre 180 giorni dalla decisione): “Questi, in particolare, veniva contattato al fine di agevolare una possibile convenzione per i lavori da effettuare nel Porto di Trapani in vista della manifestazione velistica Luis Vitton Cup, lavori questi che, come detto, vennero poi effettivamente aggiudicati all’ATI di cui faceva parte la società gestita da Morici”. D’Alì non è l’unico nome di politico fatto a proposito dei contatti con i Morici. Ci sono anche quelli dell’ex vice presidente della Regione, Bartolo Pellegrino (prescritto per l’accusa di corruzione e assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa): “Nell’entourage di Pellegrino i due imprenditori mostravano di godere di influenti amicizie”. Ed ancora quello del defunto ex deputato Dc Francesco Canino: “al quale venne corrisposto del denaro, per ottenere un’agevolazione nell’aggiudicazione di un incanto”.

Imprese colluse e “costi aggiuntivi”. Nella sentenza depositata lo scorso 12 marzo il collegio giudicante non mostra dubbi nel definire il ruolo delle società a cominciare da quelle intestate ai Morici: “Tali soggetti sono da collocare nella categoria dei c.d. “imprenditori strumentali”, i quali – a differenza degli imprenditori clienti – cercano con la mafia un accordo non continuativo, ma limitato nel tempo e definito nei contenuti, negoziando caso per caso l’eventuale reiterazione del patto secondo le esigenze contingenti e attraverso un compromesso fra partners che hanno utilità e convenienze differenti ma complementari”. A proposito poi direttamente delle imprese oggetto della confisca odierna i giudici annotano: “Il problema della presenza mafiosa viene, infatti, vissuto da questi imprenditori come una criticità dell’ambiente in cui dovranno svolgere la propria attività, per cui esso viene valutato e risolto, dal punto divista aziendale, alla stregua di un costo aggiuntivo preventivato sin dall’inizio…per questi soggetti, infatti, la mafia rappresenta un fattore occasionale, che riguarda il contesto lavorativo ed è limitato ad un periodo di tempo circoscritto: si tratta, in sostanza, di una necessità economica temporanea, che non ha e non deve avere niente a che fare con il resto della propria attività.

Data la peculiarità della situazione testé descritta, l’imprenditore strumentale riesce, grazie alla propria abilità compromissoria e alla propria particolare forza imprenditoriale, a mantenersi in precario equilibrio su quel sottile ed esile crinale “neutro” che gli consente di non essere né un imprenditore subordinato né un imprenditore colluso a tutti gli effetti. E’ proprio questa l’ibrida posizione rivestita dalle imprese che con le società facenti capo ai proposti sono stati oggetto dell’accertamento giudiziario”. Società e imprese che hanno potuto operare negli appalti “incriminati”, aggiudicati “grazie all’intervento dell’organizzazione criminale“ e “solo grazie alla partecipazione delle società appartenenti ai Morici”. I risultati? Ogni partecipante ha ottenuto un risultato utile: “L’associazione mafiosa rafforzava la propria posizione nel controllo delle attività economiche locali; le imprese adesso confiscate conseguivano rilevanti guadagni illeciti, grazie all’aggiudicazione di appalti che altrimenti non avrebbero potuto ottenere; e i cosidetti imprenditori “strumentali” ottenevano dei vantaggi consistenti nell’inserimento all’interno del mercato locale e nei profitti derivanti dalla partecipazione agli appalti illecitamente aggiudicati, sebbene talvolta in percentuale non corrispondente alla quota di formale partecipazione all’ATI, essendo generalmente i lavori effettivamente eseguiti dai proposti”.

Le testimonianze. A spiegare molti dei meccanismi che venivano seguiti in questo scenario di collusioni e affari illeciti, è stato in particolare l’imprenditore Nino Birrittella, che fu arrestato nel novembre 2005 con l’accusa di far parte della cupola mafiosa trapanese e che ha deciso di rendere un’ampia e sincera collaborazione. Parlando dei Morici ha detto: “loro facevano questa cosa, si associavano, capogruppo magari era l’altra azienda, di fatto gestivano, gestivano tutto loro….”

E come si è evidenziato nel corso dei lavori per la “litoranea nord di Trapani” sono mancati i controlli da parte dell’ente appaltante che avrebbe dovuto vigilare per verificare se le imprese appartenenti all’associazione temporanea svolgessero le opere secondo le indicazioni contenute nell’offerta: “E’ risultata evidente la connivenza del Comune di Trapani che, attraverso il Responsabile Unico del Procedimento ed il Direttore dei Lavori, non ha mai compiuto alcun accertamento, volto a verificare chi eseguisse effettivamente i lavori, e ciò in completo contrasto con le normative vigenti” (direttore dei Lavori Contini Paolo, Rup, ing. Testa Ugo). Tra i vincoli che sarebbero stati violati, “alla luce del sole”, quelli “riguardanti il tassativo divieto di eseguire piste a mare, anche in via provvisoria, per la realizzazione delle opere previste in progetto”. I filmati e le foto della Squadra Mobile di Trapani hanno dimostrato invece che in mare fu realizzata una pista che permetteva ad una ruspa di eseguire i lavori di posa della barriera soffolta, giungendo ad operare in un tratto di mare la cui profondità (registrata anche dai sub della Polizia che vennero fatti immergere apposta per certificare la profondità) prevedeva semmai l’uso di una apposita imbarcazione. Nel caso dei lavori per la litoranea Nord di Trapani le frodi per i giudici sono state compiute inoltre “non utilizzando il materiale del tipo previsto in progetto che prevedeva l’impiego di massi del peso singolo di minimo Kg. 50, ma bensì materiale fortemente polverizzato tale da poter risultare inquinante per l’ecosistema marino”. E tutto questo con “piena consapevolezza” da parte di chi doveva vigilare, il Responsabile del Procedimento Ugo Testa, il Direttore dei Lavori Paolo Contini e il Direttore Contabile Pietro Costa. Lavori che dovevano andare avanti velocemente anche per esigenze di natura politica. Lo fa intendere Vincenzo Morici ancora una volta intercettato a parlare con la direzione del cantiere. Si legge in sentenza: “ Il Morici, nella speranza di ottenere una anticipazione nell’arrivo del mezzo, esponeva le difficoltà incontrate in cantiere nell’esecuzione dei lavori, nonché l’urgenza rappresentata dalle pressioni provenienti dal sindaco Fazio il quale, essendosi candidato nuovamente per le imminenti elezioni, aveva chiamato il Morici dall’Egitto per sollecitare la tempestiva esecuzione delle opere appaltate; aggiungeva, infine, del superamento del limite indicato dalla boa, sottolineando il rischio di una sospensione dei lavori: MORICI … perchè non dovremmo avere problemi a finire entro i limiti… qua c’è un problema di… diciamo… di un pezzo di stra… di litorale che è espostoadesso che abbiamo salpato la scogliera ed siamo andati avanti con l’altra però non… non… però non si è riusciti a fare la sovrapposizione perchè con il fondale che c’è… piu’ materiale di quello che… che abbiamo salpato… per cui… e… non… abbiamo… diciamo un pezzo di fronte stradale apertonon succede niente per carità di Dio… e… perchè… arriverà un pò d’acqua sulla strada… e basta… però … eh… ad Aprile ci sono le elezioni qua amministrative, il sindaco è super infervorato… si ricandida e mi ha… e mi ha telefonato dall’Egitto per dirmi: “mi raccomando porta subito il pontone”… io gli ho detto che ci sono problemi ovviamente organizzativi… etc… etc… nessuno ci può obbligare… però per carità di Dio… però siamo un pò così in difficoltà… vedi un pò tu… io non....cioè io ero al telefono adesso con l’ing. Contini che mi diceva… noi tra l’altro… cioè io gli avevo chiesto se potevo andare ancora un pò avanti perchè ho del materiale ancora da… da salpareda finire… perchè diciamo… dico… già… andiamo avanti e così.. invece però abbiamo il vincolo della Regione che oltre un certo limite non possiamo andare da terra… e perchè altrimenti ci fermano immediatamente… per cui non vogliamo avere problemi… sai benissimo come sono qua”. Lavori che inoltre hanno danneggiato, quasi in maniera deliberata, un antica porta inserita nelle mura cittadine. Si tratta dell’arco di Porta Ossuna in occasione dell’abbassamento del fondo di strada sottostante al fine di agevolare il transito dei mezzi impegnati nei lavori sul tratto di scogliera. MORICI: sto facendo… prendendo delle misure… perche’ io credo che se abbasso un poco la strada sotto l’arco io passo con il camion... (incomprensibile)…(…) perche’ non c’e’ l’altezza… bisognerebbe scavare un poco sotto l’arco… trenta quaranta centimetri ed allora riesce a passare.” . IL giudice evidenzia che ciò avveniva contrariamente a prescrizioni da parte dell’Assessorato Territorio ed Ambiente. La cosa che colpisce nella lettura della sentenza è il fatto non solo che le “malefatte” venivano compiute in modo limpido, ma addirittura i responsabili di tuto ciò avevano anche a che dire sull’azione investigativa che veniva nel frattempo svolta dalla Questura e dal gruppo interforze preposto al controllo nei cantieri pubblici. Intercettato è ancora una volta l’imprenditore Vincenzo Morici. Una conversazione successiva ad una richiesta di documenti da parte della Polizia: “…la Questura non ha niente di meglio che non chiedere…se non chiedere di queste cose qua… evidentemente… per fortuna vuol dire che non ci sono problemi più gravi di questo…. no!… e quindi gli ha dato tutte le risposte del caso anche in funzione della pista che loro hanno fatto in cantiere…”. I giudici sono pervenuti addirittura a calcolare il guadagno “illecito” per l’associazione temporanea di imprese che si è occupata dei lavori per il recupero della luitoranea nord della città: “…si ricava che l’importo illecitamente percepito dall’A.T.I. ammonta ad euro 510.256,40, che costituisce provento del reato di frode nelle forniture pubbliche”.

E’ stato ancora l’imprenditore Birrittella a spiegare in che modo l’associazione Ati semrpe da ricondurre agli imprenditori Morici riuscì ad aggiudicarsi i lavori al porto di Trapani, relativi alla costruzione delle nuove banchine di Ronciglio: “… Il BIRRITTELLA riferisce quanto a sua conoscenza in merito alla turbativa di gare d’appalto relative all’evento sportivo della Louis Vuitton Cup. In particolare ricorda di un colloquio con l’ing. MORICI Vincenzo della società COLING S.p.a. in occasione della richiesta da parte di quest’ultimo di un preventivo per la fornitura di ferro relativa all’esecuzione dei lavori di appalto per la realizzazione del molo Isolella e della nuova diga foranea. In tale circostanza il BIRRITTELLA informò il MORICI che anche altre imprese gli avevano chiesto preventivi per lo stesso appalto e questi, in risposta, lo invitò a non rilasciare preventivi a nessun altro affermando testualmente: “per il rapporto che mio padre ha con il senatore D’ALI’ puoi stare certo che l’appalto sarà aggiudicato a noi”. Il MORICI mi spiegò anche che la gara sarebbe stata effettuata sulla base di alcuni indicatori la cui valutazione era discrezionale, quale il tempo si esecuzione delle opere e le soluzioni tecniche e logistiche di attuazione”. Circostanze delle quali secondo Birrittella era anche edotto il capo della cupola mafiosa locale, Francesco Pace: “..Il BIRRITTELLA dichiara altresì che di tali circostanze era informato anche PACE Francesco, il quale aveva manifestato interesse per gli appalti connessi all’America’s Cup dicendo che, a causa del prevedibile controllo delle forze dell’ordine, occorreva essere particolarmente accorti nelle richieste di pagamento del pizzo e nell’imposizione delle forniture. L’appalto fu aggiudicato alla Coling S.p.a. in associazione di impresa con la SIDRA S.p.a., la I.R.A. s.p.a. ed altre imprese, sebbene che “grandi imprese come la SIDRA e la IRA non avevano alcuna necessità tecnica di associarsi con la COLING del MORICI. “Ciò fu confermato anche nella fase di esecuzione dell’appalto quando sorsero alcuni problemi fra l’Ing. MORICI Vincenzo ed i tecnici delle altre imprese. Infatti in una occasione l’ing. PEYRON della SIDRA ebbe a lamentarsi del MORICI con il BIRRITTELLA dicendo: “questo è un regalo del senatore D’ALI’”, riferendosi alla presenza del COLING ed alle scarse capacità tecniche del MORICI. Analoga affermazione fece nello stesso periodo l’ing. POLIZZI della IRA.Il BIRRITTELLA dichiara che in occasione della successiva gara d’appalto per la realizzazione del molo nei pressi della caserma dei vigili del fuoco, fu contattato dal MORICI per la fornitura del ferro, ricevendo l’assicurazione che lo stesso gruppo di imprese si sarebbe aggiudicato l’incanto, grazie agli appoggi vantati presso le autorità preposte. Dichiara inoltre che gli fu detto di procedere immediatamente all’acquisto del ferro per la fornitura essendo assolutamente certa l’aggiudicazione dell’appalto”. Un appalto anche questo segnato da “frodi in pubbliche forniture”, ed “un illecito arricchimento pari ad euro 315.179,07”. Cosa si è scoperto? Che diversi aspetti dei capitolati d’appalto non sono stati rispettati. Qualità del ferro: un minore peso di barre di armatura in acciaio al carbonio, impiegate per l’esecuzione di strutture in cemento armato….Nel caso del muro di contenimento, è stato rilevato l’impiego di minori quantitativi di barre, quantificato in 58.582 kg…Il dato che emerge dai calcoli eseguiti dagli esperti esprime un deficit di 316,11 tonnellate di cemento…Gli elementi sin qui descritti consentono, dunque, di affermare che la Coling ha deliberatamente impiegato per eseguire le lavorazioni affidatele del cemento, per così dire, “depotenziato”, la cui composizione, pur non determinando un imminente pericolo per la staticità dell’opera, non risulta idonea ad assicurare il grado di resistenza richiesto dal progetto e, dunque, a garantire che i manufatti realizzati resistano effettivamente sino alla durata stimata…In conclusione, all’esito della complessa attività d’indagine sin qui descritta, sono stati accertati maggiori oneri non dovuti per il risparmio operato sui quantitativi di barre di armatura e sui volumi di calcestruzzo posti in opera, valutati in € 315.179,07”.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.