Il Rotary presenta: “Un’isola chiamata Zingaro”

ALCAMO. Da Ignazia a Teresa, questa l’ultima protagonista dell’opera “Un’isola chiamata Zingaro” dello scrittore e giornalista Enzo di Pasquale, la cui presentazione è avvenuta sabato scorso per iniziativa del Rotary, presso la cappella di S. Ignazio del Collegio dei Gesuiti.

L’incontro è stato aperto dal Presidente della Commissione Ambiente del club G. M. Culmone, il quale ha ricoperto il ruolo di moderatore, offrendo oltre che una breve presentazione dell’autore, anche qualche cenno della straordinarietà del luogo in cui è ambientata la vicenda del libro, lo Zingaro. Una terra che oggi – sostiene Culmone – guardiamo come un mondo meraviglioso, magico, ma al contempo fortemente problematico per viverci, in quanto lontano dalla civiltà.

La presentazione è andata avanti con l’intervento dell’editore dell’opera, E. Di Lorenzo, il quale ha sostenuto come di fatto la sua attività editoriale abbia cominciato a prendere in considerazione anche la narrativa, proprio a seguito di una proposta editoriale di grande originalità arrivata dallo stesso Di Pasquale, e sfociata nei racconti “Un’estate a Palermo” (2011). A seguito di questa esperienza, si è poi approdati a “Un’isola chiamata Zingaro”, di cui l’editore si dice profondamente affascinato non solo per la grandissima qualità di scrittura, ma anche perché vi è in esso una formula davvero innovativa che alterna al romanzo psicologico, quello di formazione. Inoltre – continua l’editore- nel romanzo c’è anche un aspetto sperimentale dettato da un forte rispetto della lingua e della forma.

Un altro aspetto particolare del libro risiede, fra l’altro, nel fatto per cui nonostante si apra con un giallo, ovvero un omicidio, a un certo punto il lettore si dimentica di questo fatto, preso com’è dalle vicende umane ed esistenziali della protagonista. In ogni caso sarà proprio questo dettaglio a costituire la chiave di lettura dell’intera opera. Si finisce, dunque, per trovarsi di fronte a un giallo che esce completamente fuori da un certo schema – sostiene Di Lorenzo – che ormai è diventato logoro.

Particolarmente profondo anche l’intervento di Baldo Carollo, pubblicista e cultore della storia dell’ambiente siciliano, il quale ha messo in risalto soprattutto l’aspetto divino che si cela dietro la natura che si manifesta nell’opera. Lo Zingaro, infatti – afferma Carollo – è come se fosse un eden che sprigiona un forte valore profetico e teologico. La stessa Teresa che si trova a vivere completamente immersa in questa natura, è come se fosse una specie di Eva che a un certo punto, però, se ne distacca, tradendo e abbandonando queste terre, così come noi abbiamo abbandonato il nostro eden, la felicità: la verità, dopo tutto, è nella bellezza, ma anche nell’allontanarsi da essa in nome di un atto di conoscenza, che nell’opera in questione coincide con il momento in cui dal mare giunge a Teresa una cassa di libri che fanno nascere in lei la voglia di leggerli, cibarsi di essi, e poi addirittura diventare maestra come l’ultore. D’altro canto – sostiene Carollo – c’è sempre qualcosa di autobiografico in ogni libro.

Infine, la parola è passata allo scrittore che ha voluto evidenziare come di fatto, nello scrivere questo romanzo, è stato fortemente influenzato dalla letteratura sudafricana di cui è da sempre molto appassionato, facendo di quest’opera un libro tropicale.

Per quanto concerna il titolo – spiega Di Pasquale – esso affonda le sue radici nella situazione vissuta realmente dalla gente che viveva in quel luogo, ovvero una vita completamente isolata dal resto del mondo. Elemento fondamentale della storia narrata, inoltre, è la clessidra, un oggetto legato a quella che è la dimensione temporale, e per questo utilizzato da Teresa per capovolgere il proprio destino. Questa idea del tempo è persino presente nella stessa struttura del libro, dove i capitoli sono alterni, e quando si intrecciano, il lettore ha finalmente modo di scoprire chi è l’assassino di quell’omicidio di cui si parla nel primo capitolo. L’inchiesta di questo omicidio – sostiene l’autore – non viene approfondita perché ai tempi del banditismo gli omicidi venivano archiviati.

Alla domanda chi è Teresa, lo scrittore risponde che è lo Zingaro, in quanto questo personaggio vive talmente in simbiosi con la natura di questo luogo, che finisce per fondersi con essa e diventarne parte integrante. Infine, sottolinea quanto sia stato importante per lui vivere qualche giorno all’interno della riserva, al fine di poter sperimentare sulla propria pelle cosa si prova vivendo in un luogo così magico e speciale.

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