Assostampa Trapani interviene sulla sentenza a Rino Giacalone

TRAPANI. L’Assostampa di Trapani esprime la propria posizione sulla sentenza del giornalista, Rino Giacalone. Questo il contenuto del comunicato:

La conclusione del procedimento giudiziario per diffamazione a mezzo stampa, intentato da Girolamo Fazio, all’epoca dei fatti sindaco di Trapani, nei confronti del collega Rino Giacalone, pone alcune considerazioni che non investono l’azione giudiziaria e l’operato della magistratura, convinti come siamo che nel nostro ordinamento democratico le sentenze vanno rispettate. Quello che ci lascia perplessi, invece, è l’esoso ammontare della pena pecuniaria inflitta al collega Giacalone a favore del dott. Fazio, 25 mila euro , oltre per le spese processuali in concorso con l’Associazione provinciale della Stampa che si era schierata a favore del proprio iscritto nel procedimento.

La perplessità diventa più forte e motivata da un riferimento specifico della Corte Europea dei diritti dell’uomo al quale si rifà, testualmente, il giudice nella sua sentenza: “la Corte Europea dei diritti dell’uomo – si legge nella sentenza-, ha affermato il principio per cui, nell’adottare una pronuncia di condanna nei confronti di chi esercita attività giornalistica, il giudice nazionale deve compiere un giudizio di proporzionalità tra il diritto esercitato e i suoi limiti, applicando, quindi, la sanzione prescritta dall’ordinamento senza mai travalicare i limiti posti da detto bilanciamento, di guisa che la condanna al pagamento di una somma di denaro, tenuto conto della situazione finanziaria dell’autore dell’illecito, non costituiscono strumenti atti a ‘dissuaderlo dal continuare ad informare l’opinione pubblica su argomenti di interesse generale’, pena la violazione dell’art. 10 della Convenzione”.

Non sappiamo su quali parametri finanziari si sia basato il giudice per stabilire la somma di denaro che dovrà pagare il collega, ma siamo convinti che, in un territorio in cui i giornalisti lavorano senza alcuna tutela contrattuale e con compensi da fame, questa sentenza rischia di diventare uno strumento atto a dissuaderli  “dal continuare a informare l’opinione pubblica su argomenti di interesse generale”.

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