Gulotta presenta “Alkamar”

ALCAMO – “Questo è il paese in cui è stato creato il più grande inganno di tutti i tempi” apre così il suo intervento Nicola Biondo durante la presentazione che si è svolta ieri mattina presso la Sala Don Rizzo del libro “Alkamar – La mia vita in carcere da innocente” scritto a quattro mani con Giuseppe Gulotta, l’uomo ingiustamente accusato della terribile strage della Casermetta di Alcamo Marina, nella quale vennero barbaramente assassinati Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta.

Ma questa storia non ha come uniche vittime i due militari assassinati ma anche altri quattro giovani (gli alcamesi Giuseppe Gulotta, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, e un carrozziere di Partinico, Giuseppe Vesco impiccato in carcere pochi mesi dopo, sebbene avesse una sola mano ) che a tale vicenda erano estranei e che vennero costretti con la forza a rilasciare delle confessioni su dei reati mai commessi.

“L’inganno è nato ad Alcamo, nella Caserma dei Carabinieri – continua Biondo – ed è per questo motivo che questo paese mi ha fatto una paura terribile. Quello di Gulotta non è stato un caso di errore giudiziario ma, ancora più terribile, è stata una verità costruita a tavolino”.

“Tornare ad Alcamo da uomo completamente libero – afferma Giuseppe Gulotta – è stata un’emozione incredibile. Quando ho fatto la mia prima passeggiata lungo il Corso VI Aprile la gente mi salutava, mi batteva le mani sulle spalle, cercava il mio sguardo e lì ho cominciato a capire che la gente era cambiata”.

Alkamar è il libro nel quale viene raccontata la terribile storia di un uomo coinvolto in un calvario giudiziario durato 36 anni, 22 dei quali trascorsi in carcere, ma nel quale viene anche descritta la voglia di raggiungere la verità, non perdendo mai la fiducia che un giorno questa salterà fuori, fino ad arrivare alla sentenza di revisione arrivata nel febbraio 2012 e con essa la rinascita.

“Non mi sono mai arreso perchè io sapevo chi ero e quello che avevo fatto: i Carabinieri mi hanno costruito addosso una storia che non era la mia – continua Gulotta -. Addirittura durante la stesura del libro mi sono reso conto che hanno mentito anche sull’orario del mio arresto: dai verbali risulta che io sono stato arrestato alle 5 del mattino, mentre mi sono venuti a prelevare a casa alle 10 di sera, lasciando i miei familiari nel panico più assoluto. Durante l’interrogatorio mi hanno obbligato a rispondere sempre si a delle domande che loro facevano; nel verbale hanno scritto cose che io non avevo mai detto e l’ho dovuto firmare a causa delle minacce e delle violenze alle quali mi hanno sottoposto. Io ho firmato con la sola speranza che tutto ciò finisse”.

“Mi ha sorpreso vedere la reazione delle istituzioni: nessuno a parte il Sindaco di Alcamo e l’allora presidente della Provincia di Trapani ha detto nulla sulla revisione del processo di Giuseppe – afferma Saro Lauria uno dei legali di Gulotta – neppure un comunicato da parte dell’arma dei Carabinieri”.

Una storia che lascia l’amaro in bocca anche perchè “colui che ha guidato i primi interrogatori ed usato così tanta violenza per ottenere le false confessioni – continua Lauria – è stato Giuseppe Russo, il colonnello insignito della medaglia d’oro al valor civile, che ha un albero della memoria proprio accanto a quello di Paolo Borsellino e che ha ricevuto l’intitolazione di una piazza. Russo, così come tutta la sua squadra, era una persona che era abituata a fare delle torture, considerando le atrocità a cui ha sottoposto Vesco durante l’interrogatorio svolto nella caserma a Sirignano: denudato e posto in bilico su delle casse, con un’imbuto infilato fino all’esofago nel quale veniva versata acqua e sale ed ogni tanto chiedevano “chi è stato?”. Non soddisfatti hanno usato dei fili di un telefono da campo per inviare degli impulsi elettrici ai testicoli dell’uomo. A questo punto ci si chiede quindi da cosa sia fatta l’antimafia in Sicilia”.

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Eva Calvaruso
Eva Calvaruso, classe 1984, vive ad Alcamo, spirito da ventenne e laurea in Economia. Animo hippie e fan sfegatata di Guccini. Curiosità, passione e una continua ricerca della verità l’hanno spinta a diventare una giornalista.