Alcamo’s got talent

Foto: Carlo Di Giovanni

Articolo di Milena Vesco

Cielo d’Alcamo è indubbiamente il più celebre nome riconducibile alla nostra città. Fu un grande talento letterario a cui Alcamo non seppe dare il giusto supporto, ed è anche per questo motivo se le notizie biografiche circa il poeta sono poche e incerte. Fu un artista ignorato dal popolo e probabilmente tuttora ignoto per molti.
Adesso la posizione di Alcamo verso i talenti è mutata o è rimasta tale e quale a tre secoli fa? 16 su 16 dei talenti intervistati sono decisamente concordi che ancora le loro capacità siano valorizzate poco e niente. 16 talenti, a rappresentanza di molti di più. Difatti una percentuale sorprendente di Alcamesi si diletta nelle attività più svariate circa sport, arte e passatempi. Un esempio molto evidente si rivela ogni anno a Rimini, al campionato di danza sportiva: una larga fetta dei ballerini di danze caraibiche e latine americane è infatti Alcamese.
Ballerini a parte, nella nostra città troviamo pittori, videomaker, fotografi, cantanti, musicisti che, oltre al talento, hanno tanta passione e voglia di esprimerla. Mi dice Daniele Provenzano (grafico): “Per quello che ho visto nella mia breve vita, il talento è solo una piccola scintilla che ti dà una marcia in più in confronto a quelli che non ne hanno, ma che è nulla senza la passione. La mia teoria è semplice: un uomo talentuoso senza passione produce 0, un uomo senza talento ma con una forte passione produce tanto.”
Ma chi è, dunque, un uomo talentuoso? Secondo il batterista Roberto Provenzano “talento significa riuscire a fare ciò che piace al massimo delle proprie capacità, senza mai sopravvalutarsi e avendo una mente aperta alle novità e a ciò che non si conosce”; il fotografo Carlo Di Giovanni invece precisa che “il talento, innanzitutto, è una cosa soggettiva. Talentuosa è la persona che esprime quello che sente in maniera originale. Anche se altri hanno provato la stessa emozione, chi ha talento sa come rappresentarla meglio.” Con più enfasi retorica Daniele Rimi (cantautore che da poco si è lanciato nel progetto Morning Ground con il chitarrista Pietro Torchia) definisce il talento come “una condizione dell’anima. Con il talento si nasce, non si costruisce nel tempo. Certo, puoi affinarlo ma, se c’è, c’è sin dall’inizio. È un dono che si deve imparare a coltivare, altrimenti rimani sempre lì: non lo aiuti, e non aiuti nessuno.”
Come si aiuta un talento, allora? Il regista Giovanni Calvaruso (del quale è recentemente stato prodotto il primo film, 31 gradi kelvin) afferma che “va curato, protetto, cresciuto e difeso con dedizione, costanza, lavoro, passione.”
“Per dare un senso all’impegno e allo studio, l’attività deve avere un valore e si deve essere fieri di quello che si fa. La fama, il successo e i soldi sono secondari. L’essenziale sta nel valore della passione e del vero talento”, aggiunge il chitarrista Giuseppe Buscemi. In effetti, ad interessarsi di fama, successo e soldi sono davvero solo un’infima parte degli intervistati. I più hanno come obbiettivo o “di riuscire a vivere con le mie passioni, nel mio piccolo e nell’indispensabile per andare avanti”, come Daniele Rimi, o  di “riuscire a comunicare e trasmettere qualcosa”, come la cantante Valeria Corso, o tutt’al più a raggiungere obbiettivi legati alla soddisfazione personale come Giuseppe Buscemi che confida: “Riuscire a non avere nessun limite, suonare perfettamente tutto quello che voglio, saper fare qualunque cosa con la chitarra, averne la piena padronanza: questo è il mio unico sogno! Di tutto il resto me ne importa poco. Dopo aver raggiunto questo, potrò morire in pace!”.
D’altra parte, però, ha ragione anche chi dice che i soldi, da parte del comune per i musicisti emergenti, sono un necessario segno di rispetto. “Ogni volta chiamano il gruppetto emergente di ragazzini a cui piace suonare talmente tanto da farlo anche se non sono pagati, invece è giusto che in ciascun evento organizzato paghino gli artisti. Non sto parlando di grandi cifre, ma ci vuole un minimo di soldi per riconoscere l’impegno”, afferma il chitarrista Roberto Campo. Sulla stessa via il cantante Gabriele Impellizzeri: “L’importante non sono i soldi di per sé, ma l’attenzione che il comune dimostra di darci.”
In realtà l’indifferenza del comune non si percepisce solo dalla mancanza di un compenso per i musicisti. Ad esempio Alessio Ciacio (videomaker più noto come Nsiries) lamenta il fatto che il comune spesso nega dei locali all’associazione culturale No Limits dicendo di non avere la disponibilità.
Oltre alla No Limits, un’altra associazione culturale che si occupa di organizzare eventi indirizzati soprattutto ai ragazzi, è Noi Giovani In Movimento. Di quest’ultima fanno parte anche i Disumana Famiglia Klan, un gruppo rap formato da tre Alcamesi conosciuti con i nomi d’arte Baffo, MrStreet e RottJo.
RottJo: “Secondo me mancano dei centri sociali. Spazi dove i giovani possono riunirsi e mettere in atto quello che sanno fare meglio. A Palermo, ad esempio, ci sono delle zone metropolitane dove poter fare dei graffiti, e questo aiuta ad educare i ragazzi e tenere sotto controllo la situazione. Ad Alcamo queste zone mancano.”
Baffo: “Penso sia un po’ triste che il comune non si interessi o che comunque, dopo aver rilasciato un’autorizzazione per la realizzazione di un evento, non lo promuova e non si preoccupi che riesca bene. È capitato che abbiamo avuto dei problemi economici per organizzare alcuni aventi, come il festival delle band emergenti o la giornata dell’arte, ma da parte dell’amministrazione comunale abbiamo trovato solo totale disinteresse.”
MrStreet: “Noi abbiamo cercato più volte un dialogo con il comune, ma non è mai venuto fuori niente di buono. Però di recente ho letto sui giornali che è in costruzione la città dei giovani, penso che questa sia un’ottima idea per incrementare l’arte.”
La città dei giovani è un progetto mai realizzato che soddisferebbe i desideri di tanti talenti Alcamesi. Ad esempio Roberto Campo ammette abbattuto: “Ad Alcamo non ci sono spazi dove andare a suonare, né per dipingere ecc. Alcamo è un paesello che comunque ha più o meno tutte cose, i locali ci sono… ma non sono organizzati bene per noi. È difficile suonare, ci sono pochissime iniziative musicali e le poche che ci sono ti lasciano con l’amaro in bocca perché nell’allestimento c’è sempre qualcosa che non va. Da parte del comune mi aspetto che investa di più su eventi simili al blues festival, che un tempo era uno dei più famosi d’Italia, durava cinque serate e c’erano molti più artisti.”
L’artista Aldo Impellizzeri sogna “un laboratorio d’arte dove aiutare i ragazzi a sviluppare, definire o rafforzare le proprie potenzialità ancora acerbe per la giovane età.”
Anche Giuseppe Buscemi condivide questo desiderio: “Mancano le occasioni e, quelle poche che ci sono, sono organizzate male! Conosco persone che dovevano fare un concerto, già avevano invitato tutti e poche ore prima gli è stato disdetto tutto! Se il comune si impegnasse veramente, e i giovani talenti si mettessero di più in gioco, la situazione cambierebbe. Ci vorrebbero mostre e concerti con appuntamenti almeno bisettimanali. (…)  Chi ha talento deve affinare da sé le sue abilità, ma deve avere anche un luogo in cui metterle in pratica!”
“Si potrebbero fare iniziative e centri di aggregazione per musica, pittura, scultura, ecc. e organizzare corsi di formazione reali, non quelli pilotati che non servono a niente!” dice Giovanni Calvaruso “Un Paese che non investe in cultura è un Paese destinato a restare povero! Non basta organizzare di tanto in tanto una mostra o una rassegna di talenti locali per sentirsi apposto.”
Daniele Rimi pensa che sia “un po’ triste sapere di essere in tanti senza però riuscire a trovare un modo per riunirsi, mettere insieme delle idee e confrontarsi in uno spazio aperto che ti dia la possibilità di migliorare la tua predisposizione artistica.” E aggiunge: “Io penso in qualche modo di farlo, nel mio piccolo, con quelle che sono le mie forze qua dentro (nel caffè letterario della Mondadori, nda), sempre molto limitate, organizzando concerti, corsi di scrittura e di fotografia ed incontri con gli autori che per me sono un appiglio, un aggancio per i talenti che vengono qui per imparare qualcosa che possa aiutarli a sfruttare meglio le loro capacità e progredire nel loro percorso artistico. Secondo me la predisposizione che si ha verso un’arte è un dono che non è dato solo per il proprio interesse personale, per il proprio tornaconto, bensì dato per essere restituito agli altri così che questi possano apprezzare bene quello che fai.”
Così, mentre Daniele, piccole associazioni e pochi altri singoli si impegnano per fare in modo che i talenti possano “restituire” agli altri il proprio dono, “la classe dirigente nostrana (o forse è un problema nazionale) si preoccupa di curare il proprio piccolo orticello fatto di interessi personali invece che di produrre opere e iniziative culturali significative”. Questo è quello che ne pensa il suddetto promettente regista Calvaruso.
Di conseguenza ormai in molti, come Gabriele e Aldo Impellizzeri, hanno capito di dover contare sull’autovalorizzazione.
In particolare Daniele Provenzano spiega: “C’è molto ‘fai da te’, ma secondo me può essere un bene perché spinge la gente a farsi il mazzo, fortifica e differenzia le passioni passeggere da quelle non. Se i tuoi sforzi vengono ripagati subito ti monti la testa e ti senti chissà chi, se invece devi sudare sudare sudare, quando finalmente ti viene riconosciuto anche un 1%, capisci quanto vale e che se non avessi avuto abbastanza passione non saresti arrivato fin lì. (…) In fondo a me questa aria underground da paesino ignorante piace! Però parlo per il mio egoismo, perché so che in realtà a tantissima gente piacerebbe una sala prove, uno studio di registrazione, o tantissime altre cose.”
In effetti da Roberto Provenzano questo modo di fare non è visto altrettanto di buon occhio: “Purtroppo ad Alcamo i talenti non sono valorizzati molto, anche se, alla fine, con gran fatica, riescono a spuntar fuori. Fatica che potrebbe essere tranquillamente eliminata attraverso l’aiuto e il sostegno del comune o di qualche associazione che potrebbe valorizzare i molti ragazzi che si impegnano duramente in quello che fanno, a volte anche facendo sforzi enormi.  Alcamo secondo me ha davvero tanto da dare.”
È proprio questo ambiente indifferente a chi ha tanto da dare che spinge molti talenti a cercare fortuna altrove. “Cu nesci arrinesci”, cita Aldo Impellizzeri.
Valeria Corso: “Io vorrei andare in America perché penso che i cantanti lì siano molto avvantaggiati. Lì la popolarità dura molto più a lungo sia perché la sanno gestire meglio sia perché sono molto agevolati dal fatto che l’inglese è una lingua internazionale, e in questo modo possono diventare noti in tutto il mondo.”
Daniele Provenzano: “Alcamo non offre pressoché nulla, e così tutta l’Italia. Il posto in cui più vorrei andare (e ci andrò) è Londra. Offre molti sbocchi anche se la vita lì è cara e movimentata.”
Roberto Provenzano: “Vedere i giovani di altre città che riescono a dimostrare le proprie capacità, mentre qui tutto viene annebbiato e sottovalutato, non incoraggia molto i giovani a continuare a vivere in questa città.”
Giuseppe Buscemi: “In fin dei conti Alcamo è un buon punto di partenza, ma non può essere un punto d’arrivo! Offre delle opportunità discrete solo a chi è all’inizio della crescita artistica.”
Anche la cantautrice Eliana Longo ritiene sia giusto lasciare la città, ma per motivi diversi. “Il problema non è del comune, che anzi ha organizzato qualche concorso, le cose non cambierebbero neanche se si impegnasse di più. Il problema sta nel fatto che questa è una zona sconosciuta, non sarai mai visto da qualcuno che conta. Ad Alcamo puoi suonare e cantare solo per gli Alcamesi. I talenti sono valorizzati da chi li ascolta, se resti ad Alcamo non potrai mai estendere il tuo pubblico e così essere valorizzato.”
Il disegnatore Luigi Leone prende tutt’altra posizione: sebbene ammetta di non sentirsi particolarmente valorizzato qui ad Alcamo, ha intenzione di restare. “Io preferirei rimanere ad Alcamo e poter fare qualcosa in questa città, ma molto probabilmente, appena diplomato, dovrò andare a studiare fuori. Però ho già in mente di ritornare appena finirò gli studi. Sono affezionato. E non mi piace stare in posti troppo grandi, preferisco la Mia Alcamo!”
Baffo riassume così la situazione: “C’è chi se ne va nella speranza di trovare di meglio e chi resta nella speranza di cambiare le cose, fondamentalmente è questo. Rimanere qui rassegnandosi o lamentandosi delle cose che non vanno bene, non serve a niente. Se scegli di rimanere invece che scappare, devi combattere per migliorare la situazione!”
D’altra parte Carlo Di Giovanni, a prescindere dall’attenzione del comune Alcamese, consiglia: “In ogni caso chi ha una passione deve necessariamente andare da Alcamo anche solo per conoscere e confrontarsi con modi diversi di comunicare attraverso la sua stessa passione. Nel bene e nel male in ogni paese trovi qualcosa di nuovo. Soprattutto chi ama la fotografia è importante che conosca diversi paesaggi.”
Aspiranti fotografi, appuntate il consiglio!
Gabriele Impellizzeri invece invita i cantanti a non fare come lui: “Il mio errore è stato iniziare troppo tardi ad impegnarmi seriamente. Ho cominciato a studiare nell’annata peggiore che potessi scegliere, tuttavia a fine 2012 ho capito che è stata le scelta migliore che avessi fatto quell’anno. Studiate per voi stessi, per migliorare.”
Le parole di RottJo sono particolarmente spronanti: “Non copiate gli altri! Informatevi, leggete, cercate di sapere tutto sul genere musicale che volete produrre! Siate sempre voi stessi e non mollate mai! A tutti capita di scoraggiarsi ma bisogna sempre andare avanti!”
Roberto Campo con i chitarristi riesce ad essere persino più incoraggiante: “Lasciate perdere!”
Ironia a parte, per alcuni lasciar perdere è impossibile. “La musica fa parte della mia vita ogni giorno.” Riflette Eliana Longo “Se non ci fosse, vivere per me sarebbe inutile. La musica è una parte fondamentale di me, non potrei mai rinunciarvi. Una dimostrazione sta nel fatto che, sebbene in questo periodo dovrei studiare per gli esami di maturità, io continui ad andare in conservatorio. Non lo abbandonerei mai, non riesco neanche a pensare alla possibilità di rinunciare a una parte di me.”
Anche Baffo sente la musica particolarmente legata alla sua vita: “Tra ascolto, studio, scrittura e ricerca, le dedico praticamente tutto il giorno. Perché anche a lavoro penso a cosa potrei scrivere, ascolto la radio oppure cerco al computer canzoni nuove e vecchie. Il 90% della mia giornata è per la musica.”
Giuseppe Buscemi ricorda che però “il tempo è sempre relativo.” E continua: “ Conosco persone che con due ore di lavoro riescono ad ottenere grandi risultati ed altre che dopo due giorni interi hanno concluso poco. Ovviamente, a parità di mezzi, più tempo gli dedichi più saranno grandi i risultati. Io studio dalle sei alle otto ore al giorno ogni giorno, anche la Domenica e a Natale, e di questo quasi me ne vergogno!”
Allo stesso modo si è drogato di musica Roberto Provenzano: “Mi è sempre piaciuta la musica, la batteria mi ha affascinato fin da piccolo. Poi, all’età di 12 anni, dopo varie insistenze, ho incominciato ad andare a lezioni di batteria e da lì cominciò un lungo processo di cambi e scambi tra band di tutti i generi, fino ad ora. Mi è impossibile vivere un giorno senza la musica o senza suonare… anche quando sono fuori o in giro ho sempre pensieri riguardanti la musica, le canzoni, beat di batteria nuovi, riff di chitarra da sperimentare ecc.”
Il batterista dei Mothership non è il solo ad aver cominciato da piccolo a coltivare una passione. “Sin da bambino disegnavo invece di scrivere!” Racconta Aldo Impellizzeri “Già a 7 anni i miei hanno scoperto questa dote. Facevo dei disegni più complessi dei miei compagni. Poi, all’esame di terza media, ho portato un cartellone con un disegno, mi hanno dato 10 e ho capito anch’io che la mia è una dote! Mi esprimo meglio disegnando che scrivendo, ho anche una brutta grafia!”
Nsieries ha cominciato in compagnia: “Tutto ha avuto inizio quando da piccoli, io mio fratello e due amici, abbiamo pensato di cimentarci nella realizzazione di piccoli cortometraggi. Poi nel 2010 proposi all’associazione culturale No limits di curare i video promozionali e lì notai il mio talento.”
Daniele Provenzano è stato ispirato da un famosissimo film d’animazione: “La grafica è una passione che ho scoperto provando. Ero alto circa un metro meno una mela, erano i primi anni del ventunesimo secolo e in TV girava un cartone animato che aveva rivoluzionato il mondo dell’animazione. Parlava di un orco puzzolente e verde che salvava una principessa. Naturalmente si parla di Shrek, che, grazie al suo carisma, mi fece prendere questa bella decisione circa 10 anni fa. Quindi cominciai a smanettare un po’ con programmi da principianti, tipo Blender, o le prime versioni di photoshop free e Cinema 4d. Facevo cagate ma mi divertivo! Poi mio fratello mi regalò un libro di 3d e cominciai a dilettarmi su 3d studio max, un programma internazionale (il secondo al mondo) e contemporaneamente photoshop e tutto il pacchetto 3d/2d.”
Daniele Rimi è stato contagiato: “Quando avevo circa quindici anni conobbi un gruppo di ragazzi un po’ più grandi di me che suonavano cover dei Doors. Cominciai a scoprire che dentro di me c’era un forte desiderio di imitarli. Quindi è partita la voglia di avvicinarmi a loro in questo senso. Piano piano negli anni le cose sono cambiate e dai diciotto anni in poi ho scoperto la mia musica. Avevo cover band, suonavo con altra gente… tutto questo percorso sempre da autodidatta. L’approccio allo strumento è stato quasi immediato, si è evoluto lentamente ma alla fine ha dato i suoi frutti.”
Roberto Campo si è impegnato per vincere una scommessa: “Ho cominciato per gioco a strimpellare quando avevo circa quattordici anni. Poi al Blues Festival ho conosciuto Pietro Torchia, il mio grande amore! Nel dopofestival c’era un gruppo che suonava, parlai un po’ con la cantante e le ho detto che avrei voluto imparare a suonare anch’io. Allora lei mi lanciò una sfida dicendomi ‘Ti do un anno per prepararti!’ Dal quel momento cominciai ad ascoltare molta musica (soprattutto Jimi Hendrix) e mi sono innamorato dello strumento e della musica in genere!”
Per Eliana Longo la passione sembra veramente essere innata: “Sono legata alla musica sin da quando ero piccola. Ho cominciato a cantare a sei anni e a suonare il pianoforte a dodici seguendo lezioni private. Poi mi sono iscritta al conservatorio e adesso sono al quinto anno. La chitarra la suono più per passatempo, ho imparato gli accordi da autodidatta per poter avere un accompagnamento mentre canto. Il pianoforte è una buona base per qualunque strumento. Quello che più mi distingue dagli altri è certamente il fatto che scrivo canzoni.”
Il talento di Gabriele Impellizzeri è stato scoperto da un amico: “Un giorno, quando avevo 15-16 anni, canticchiavo sulla Vespa una canzone. Un mio compagno di fuori paese, che era dietro di me, ha notato la mia voce. Abbiamo formato un gruppo, ho conosciuto un po’ di persone e poi con Roberto Campo ho cambiato gruppo e non abbiamo più lasciato i Critical Solution. Siamo invecchiati tre anni insieme! La differenza si sente. La nostra prima registrazione era penosa, adesso quando siamo sul palco sento la musica più amalgamata tra tutti gli strumenti. Questo tipo di unione con il tempo è inevitabile, anche se tra di noi abbiamo gusti musicali totalmente differenti. Un gruppo è faticoso da tenere unito solo nei primi due mesi. Una volta raggiunta la giusta complicità, è difficile che si sciolga.”
Giovanni Calvaruso è la dimostrazione vivente che non tutti i mali vengono per nuocere: “A 12/13 anni mi sono fatto male al ginocchio giocando a calcio (che pensavo, come quasi tutti i ragazzini, potesse essere il mio futuro). Dovendo stare fermo sul divano ho cominciato a vedere parecchi film e da allora mi sono appassionato, innamorato e ammalato di cinema.”
Il premio “artista precoce” va a Luigi Leone: “Ho iniziato a disegnare all’età di un anno circa. Dicono che mi mettevano una penna in mano e io disegnavo quello che vedevo in tv.”
A Valeria Corso la passione è stata tramandata: “Mio padre ha sempre amato cantare. Spesso ai matrimoni cantava con mia madre e mia sorella, ma non è riuscito a portare avanti questo sogno. Da piccola mi incitava ad ascoltare musica e cantare con lui. Mi ha spronato lui ad andare avanti con il canto ed iscrivermi nella scuola. Inizialmente credevo di fare qualcosa di cui erano capaci tutti, non pensavo di avere alcuna dote particolare. Cantavo e basta. Poi alla scuola di canto molta gente che se ne intende mi faceva complimenti facendomi notare quanto fossi talentuosa. Dopo un po’ ci ho fatto l’abitudine e ho capito di avere veramente talento. Ad ogni modo, anche se riuscissi ad intraprendere questa carriera, voglio trovare un’occupazione più sicura. Perché ormai è molto difficile essere una cantante per più di qualche anno. Se conto solo sulla mia voce prima o poi mi troverò disoccupata. Infatti anche mia madre mi ripete sempre di mettere lo studio prima della passione. La priorità è l’università per diventare qualcuno, poi viene il canto.”
Valeria non è l’unica a non affidarsi ad una carriera così rischiosa e precaria.
Eliana Longo mi racconta infatti così il suo sogno: “Continuare a produrre io le mie canzoni, senza essere manipolata dalle case discografiche, e far conoscere la mia musica. Ma è troppo difficile come sogno, quindi credo che il mio destino sia in conservatorio. In ogni caso, quel che è sicuro, è che nella mia vita ci sarà la musica. O la insegno, o la canto, o la scrivo, o la suono in un’arena incredibile, o la suono in una chiesetta, ci sarà!”
Anche Gabriele Impellizzeri cerca di non montarsi la testa: “Io sinceramente non ho mai pensato alla mia vita solo ed esclusivamente in funzione del canto. Mi piacerebbe immaginare il mio futuro come cantante, ma evito perché sognare è lecito, ma bisogna essere anche realisti. Non sono pronto a buttarmi totalmente alla musica, anche se mi piacerebbe un casino continuare con il gruppo o da solo ad esprimere con la musica quello che sento. Questa è la mia vera passione. Però è bello farsi il flash di me su sul palco al Madison square garden  che riconosco tra la folla Roberto Campo e dico ‘questo ragazzo suonava nel mio gruppetto!’”
Pure l’amico Roberto sembra un po’ scoraggiato ma indubbiamente deciso nei suoi intenti: “Il mio più grande sogno è diventare famoso in un gruppo! Non sto parlando di una fama simile a quella dei Led zeppelin, ormai quei tempi sono passati! Oggi pensando a quel tipo di fama mi vengono in mente solo gli U2, che comunque fanno musica per un grande spicchio di gente. Tutti gli altri gruppi che hanno qualcosa di nuovo da dire sono nell’underground, come Il teatro degli orrori o i Marta sui tubi, che ho visto due volte e sono bravissimi. I Marta sui tubi fanno continuamente live in tutta Italia ma in televisione e in radio non si sentono mai perché non sono abbastanza commerciali! Si può ancora fare qualcosa, ma il mondo della musica è un po’ brutto e difficile perché ti fa fare la fame, almeno così dicono! Nonostante ciò, voglio assolutamente proseguire con la musica e sicuramente lo farò! Ovviamente me ne andrò da qui! In questo posto non ho né spazi né visibilità. Devo lasciare Alcamo per forza. In Italia la musica gira a Milano e tutt’al più a Roma.”
Mentre Luigi Leone, mantenendo i piedi ben saldi a terra, desidera “semplicemente” creare un fumetto, Aldo Impellizzeri, Federico Bontempo e Dario Mancuso stanno lavorando proprio per realizzarne uno. Alessio Ciacio non ha nessun progetto in particolare circa il videomaking, quel che gli importa è di avere una vita felice, indipendentemente da ciò.
Daniele Provenzano invece vorrebbe sfruttare il suo talento per costruire una bella carriera e viaggiare per il mondo: “Oltre all’ Inghilterra, il Giappone, l’America… Girare i migliori studi di grafica al mondo e, una volta raggiunta la giusta maturità ed esperienza con dei collaboratori che avrò conosciuto nei miei viaggi, vorrei partire con un investimento, aprire uno studio di animazione 3D e buttarmi sul mercato realizzando prima qualche corto e poi qualcosa di più grande, probabilmente un cartone. Questo è il mio sogno ricorrente per quanto riguarda la grafica. È una cosa alquanto difficile, ma sognare è gratis! Molti hanno cominciato così, e alcuni ci sono riusciti. Quelli della Pixar erano un gruppo di ragazzi in un garage!”
Daniele Rimi non ha grandi ambizioni: “Mi piacerebbe vedere qualche mio libro pubblicato, anche se non li leggessero in molti, e poter fare un tour di concerti in piccoli locali. Non ho aspirazioni da superstar o grande scrittore con milioni e milioni di lettori.”
Le aspirazioni di Carlo Di Giovanni sono altrettanto modeste e abbastanza vicine a quelle del suddetto cantautore e scrittore: “Il mio sogno è diventare un fotografo professionista, ma solo per poter guadagnare i soldi che mi servono per viaggiare a fare altre fotografie! Potrebbe essere un lavoro secondario, non vorrei che diventasse qualcosa di solo commerciale. La fotografia deve sempre rimanere per me un modo per esprimermi e per dimenticare i problemi della vita, senza ridursi solo a un lavoro.”
Baffo spiega con medesima umiltà: “Vorrei semplicemente, riconoscendo i nostri limiti, cioè che siamo artisti emergenti, non a un livello da competizione in un mercato musicale nazionale, trasmettere qualcosa anche più in là negli anni, continuare a fare musica anche con poche persone davanti, non mi interessano grandi palchi, se il mio messaggio viene compreso da quelli che ci ascoltano e riesco a trasmettere qualcosa di buono in questi tempi in cui la musica non trasmette più niente.”
Della musica di oggi non sono sicura, ma so che questi giovani trasmettono tanta, tanta passione. Passione che aspetta, più o meno silenziosamente, un’opportunità per esprimersi e presentarsi agli altri. Passione che tiene Alcamo viva, anche se nessuno lo sa.

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