Il fungo allucinogeno

Uno degli errori che dovrei imparare ad evitare è quello di annunciare in famiglia già dal giorno prima i miei programmi. Se infatti mi fa piacere avere compagnia quando mi accingo, ad esempio, ad una passeggiata domenicale per i boschi alla ricerca di funghi, l’annuncio del giorno prima finisce per complicare inevitabilmente le cose. Così quando il sabato a pranzo comunico le mie intenzioni bucoliche, capisco dal fatto che mia moglie Marilena non si dichiara subito favorevole che ha già un altro programma per la domenica mattina, allora rivolgo la mia domanda ad Elena, la mia figliuola diciassettenne, che si mostra entusiasta. Ma tale entusiasmo nasconde un’insidia, dovrei aver imparato a conoscere questa ragazza sempre piena di appuntamenti ed amici al seguito. Così la mattina mi ritrovo ad aspettare altri due teenager, tale Fede e tale Lollo, amicissimi di Elena, ai quali la mia illusa progenie vuol fare apprezzare le meraviglie della natura ed il silenzio del bosco. Le cose in auto non vanno male, i ragazzi sono vivaci e fanno molte domande sui luoghi della destinazione, sul tipo di funghi che potremo trovare, sui modi di cucinarli. Mi chiedono dei funghi velenosi, il più famoso, l’Amanita Muscaria, quella dei Puffi, rossa a puntini bianchi. Il ragazzo Lollo chiede poi dei funghi allucinogeni e di come riconoscere quelli che si trovano nei nostri boschi. Descrivo quelli gialli, piccolini, che si possono trovare a gruppi, insomma la conversazione è interessante. Quando però lasciamo il mezzo e cominciamo a percorrere a piedi la strada sterrata in salita che ci condurrà dentro la parte più produttiva del bosco, quella composta di lecci e roverelle, il loro insistente ciarlare si fa fastidioso. Andare per funghi significa per me apprezzare il silenzio del bosco, interrotto solo da qualche rumore lontano, un battito d’ali, un fruscio tra le foglie. Intanto ci si concentra cercando di acuire la vista, regolandola sui colori e le forme da individuare nel variegato sottobosco. Ogni più insignificante funghetto rappresenta un segnale dal quale desumere se l’umidità del terreno è quella giusta per i funghi mangerecci o se cercare principalmente nelle zone coperte di muschio piuttosto che tra le foglie brune solitamente più secche. Do qualche occhiata di avvertimento verso Elena che conoscendomi capisce il mio fastidio e tenta di attrarre l’attenzione dei suoi amici verso alcune meraviglie naturali, degli esemplari di Lanterna rossa (Clathrus ruber), poco distanti. Ma il sollievo dal loro parlottio dura due secondi netti, ben altro frastuono sconvolge i sussurri timidi del bosco. Marmitte crepitanti di motocrossisti fracassoni annunciano l’imminente scalata sul terreno impervio del versante. In effetti abbiamo appena attraversato una specie di pista segnata da una striscia bianca e rossa tra gli alberi, segnata da solchi profondi nel fango, che sembra sparire tra le rocce. Allo smarmittare scoppiettante segue il crescente numero dei giri dei motori che finalmente si lanciano, marce, imprecazioni, colpi sordi, scoppi dalle marmitte, incitamenti, grida, il baccano si fa più vicino. Noi rimaniamo fermi in ascolto, senza vedere i centauri ma sapendoli vicini. Ci allontaniamo a distanza di sicurezza dai segni sul terreno, per paura di trovarceli addosso all’improvviso. Ora si devono essere fermati, i motori girano piano, abbastanza da poter riprendere la nostra passeggiata pure in una natura violentata. Il ragazzo Lollo non deve avere le mie stesse sensazioni, a quanto pare, perché comincia ad esaltare il motocross e a sognare il momento in cui avrà anche lui la sua moto. Purtroppo è un descrittivo, e pure prolisso, per cui si lancia in una noiosissima disamina delle caratteristiche di differenti modelli (sarà un modo per apparire più “fico” agli occhi della Federica? E a lei importerà così tanto di quale modello di motocross lui si sarà fatto regalare dai genitori?). È interrotto solo dalle urla belluine dei crossisti che intendono raggiungere qualcuno che forse è rimasto indietro, incitandolo a far presto, indicandogli la via meno impervia, il tutto a un volume insopportabile. In un istante di silenzio lancio un sonoro “ssssssssssshhhhhhhhhhhhhhhhh!!!” per il bosco. In effetti le urla si placano, poi i motori ripartono facendosi pian piano più lontani, hanno deciso di scendere dall’altro versante. Il logorroico Lollo, però, non ha afferrato il mio invito, non immaginandolo rivolto anche a lui e ha ripreso a chiacchierare alle mie spalle. Allora lo chiamo e gli mostro una famiglia di funghetti giallo arancio: “Ecco i funghi allucinogeni, quelli di cui parlavamo in auto!”. Rimane lì a studiarli, mentre io riparto alla ricerca di qualcosa di commestibile. Decidiamo poi di spostarci in auto verso un’altra zona del bosco, perché questa prima camminata non è stata molto redditizia. È il periodo avanzato che non consente grandi ritrovamenti se non Morette, Melanoleuca e qualche Violetta. Sono per lo più funghi piccoli che non riempiono facilmente il paniere. Quando parcheggiamo sotto il grande prato prescelto, però, Federica annuncia che lei e Lollo preferiscono rimanere in auto, si sentono un po’ stanchi. Così finalmente Elena ed io possiamo fare un’escursione come si deve, apprezzando il silenzio dei luoghi e le incredibili creature dai molteplici colori e forme che si possono incontrare facendo attenzione durante una passeggiata nella natura. Di ritorno, dopo aver accompagnato i due giovani insolitamente silenziosi ai rispettivi indirizzi di casa, Elena mi si rivolge timida: “Devo dirti una cosa; sai quei funghetti giallo arancio che hai mostrato a Lollo? I ragazzi hanno confessato di averne assaggiati un po’, per questo poi non si sentivano più di camminare. Mi ha detto Federica che Lollo deve aver esagerato e si sentiva completamente sballato. Poi ha avuto anche dei conati di vomito, mentre noi eravamo in giro”. “In fondo non tutto il male viene per nuocere”, mi viene di rispondere, “in fondo ci siamo goduti di più la seconda passeggiata, più di quanto non avessimo fatto con la prima, no?”. “Sì, non sono i tipi adatti, effettivamente”. Siamo ormai arrivati davanti a casa, parcheggio, spengo l’auto. Elena sta scendendo, quando la fermo, devo liberarmi la coscienza. “Sai quei funghetti? Ti confesso che sapevo che il tuo amico non avrebbe resistito, così glieli ho indicati, ma non erano funghi allucinogeni, solo indigesti. Perdonami, a volte sono disposto a tutto per un po’ di tranquillità!”.

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