Gli “ospiti” di Milo: tra botte e manganellate

TRAPANI – Un centro di identificazione ed espulsione che sà tanto di prigione. Questo quello che emerge da un video denuncia effettuato da due cronisti di La Repubblica. Si tratta del Centro di accoglienza di Milo, alle porte di Trapani, inaugurato nel 2011 e destinato ad essere uno dei centri dove il rispetto per l’uomo doveva essere alla base di tutto. Invece nulla è cambiato rispetto ai precedenti CPT: gli ospiti dormono su materassi buttati a terra senza cuscini e lenzuola; non ci sono tavoli e sedie per motivi di sicurezza; al loro ingresso gli viene rotta la fotocamera del cellulare per evitare riprese e gli vengono sottratte anche le scarpe. Nel centro possono essere ospitate fino a 204 persone, queste non hanno commesso nessun tipo di reato e sono soltanto in attesa di identificazione ma dovranno stare dentro fino a 18 mesi in condizioni disumane.

Frequenti i tentativi di fuga che la polizia tenta di reprimere con i getti d’acqua e la manganellate di certo non mancano. Anche le condizioni sanitarie all’interno della struttura sono pessime: l’unica assistenza garantita è quella fornita da un’infermiera, per i casi più gravi bisogna effettuare il trasporto all’esterno. Per questo motivo gli ospiti sono disposti a provocarsi delle ferite o ad ingoiare qualsiasi cosa pur di essere trasportati fuori da lì.

Ma non ci sono soltanto immigrati a Milo. Ci sono storie di uomini che si trovano intrappolati in questa sorta di limbo per un mero errore burocratico. Come quella di un uomo che ha vive in Italia da 26 anni e per un errore della data nel visto si trova in questa terribile situazione.

Storie di uomini trattati come animali, privati anche della dignità di mangiare su un tavolo. Se questa si chiama accoglienza…

Ecco il video tratto da La Repubblica.

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Eva Calvaruso
Eva Calvaruso, classe 1984, vive ad Alcamo, spirito da ventenne e laurea in Economia. Animo hippie e fan sfegatata di Guccini. Curiosità, passione e una continua ricerca della verità l’hanno spinta a diventare una giornalista.