Dolore rachideo: cause, conseguenze e cure

Recenti ricerche rivelano che più del 40% della popolazione italiana, al di sopra dei 25 anni, soffre di dolore rachideo. Quest’ultimo rappresenta una delle prime cause di assenteismo dal lavoro, nonché la seconda fonte di invalidità permanente a seguito di ictus cerebrali. Spesso, le persone colpite si trovano intrappolate in una sorta di giostra diagnostico-terapeutica, dalla quale non è facile uscirne fuori. Questo succede per via del fatto che i soggetti in esame non sanno bene a chi rivolgersi, in quanto la multidisciplinarietà della tematica trattata è estremamente complessa. Ortopedia, neurologia, posturologia, psichiatria, fisioterapia, fisiatria, osteopatia: queste le principali discipline coinvolte che cercano di affrontare il problema,  nonostante spesso non riescano a risolverlo del tutto.

Da dove vengono fuori queste sensazioni dolorifiche?  Qual è la loro causa? Come si possono combattere?

La sensazione di dolore è sempre associata a un danneggiamento o degenerazione delle componenti strutturali rachidee,  che provocano tutta una serie di patologie, ognuna delle quali possiede elementi caratterizzanti. Tra le disfunzioni più frequenti, ricordiamo: l’artrite reumatoide, il colpo di frusta cervicale, la discopatia, l’ernia e la protrusione discale. Questi sono esempi rispettivamente di un’infiammazione cronica del tessuto connettivo, di un trauma spesso riportato dopo un’infortunistica stradale e, infine, gli ultimi tre rappresentano una degenerazione più o meno grave del disco intervertebrale.

Recenti studi individuano le cause di queste algie nelle deformità strutturali congenite, nelle cattive posture, nell’inadeguatezza della forma fisica, nell’obesità e nello stress.

Varie sono le soluzioni terapeutiche che si adottano per contrastare il problema in oggetto. Nello specifico, le terapie chirurgiche sono indicate in gravi casi di ernia discale. I trattamenti farmacologici, invece, si basano su categorie di farmaci che hanno effetti analgesici, miorilassanti e antinfiammatori. Le tecniche ortesiche sono frequentemente prescritte dagli ortopedici, che intervengono immobilizzando la colonna con busti o corsetti.

Nuove soluzioni vengono fuori dall’utilizzo di apparecchiature fisioterapiche, in grado di produrre energia calorica, onde elettromagnetiche, campi magnetici, correnti elettriche e vibrazioni meccaniche, con le quali gli specialisti affiancano le terapie manuali e chinesiterapiche.

Trovandoci in tema di salute, è doveroso, però, proporre la prevenzione come miglior cura. Fra le tecniche preventive per la salvaguardia della nostra colonna, non possiamo non menzionare la ginnastica posturale: un programma di esercizi in grado di scoprire le zone del corpo rigide e dolorose e di verificare se l’immagine che abbiamo di noi stessi è reale o distorta. La ginnastica di Mézières, ad esempio, è un metodo di cura rivoluzionario: consiste nell’individuare, nello squilibrio generale del corpo, i muscoli contratti o raccorciati e operare esercizi specifici, al fine di sciogliere le tensioni e ridare al tessuto muscolare la lunghezza originale. Il corpo, in questo modo, può ritrovare la sua forma armoniosa.

Molti passi devono essere ancora compiuti nella direzione di una buona comunicazione che riesca a sensibilizzare e informare la gente circa l’importanza della salute rachidea, che spesso compromette una buona qualità della vita. La classe medica, in particolar modo, dovrebbe promuovere vere e proprie campagne di prevenzione, evidenziando che la salvaguardia della nostra colonna vertebrale è tanto meno complessa da raggiungere al diminuire dell’età del soggetto. I ragazzi in età evolutiva, infatti, hanno meno difficoltà nel raggiungere migliorie strutturali capaci di assicurare loro un’accettabile salute della schiena. In questo, anche i docenti di educazione fisica delle scuole pubbliche dovrebbero contribuire, intervenendo qualora osservino disequilibri posturali.

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