La speranza della Primavera araba

Urla forte la parola ” Freedom”  il popolo libico, finalmente libero dal giogo del Tiranno Gheddafi. Uomini e donne  hanno manifestato il loro dissenso senza paura ed esitazioni anche davanti ai tank inviati dal Despota e dai suoi accoliti, i ribelli di Bengasi per primi hanno sferrato un duro colpo contro il regime del Rais, senza indietreggiare davanti alla forza violenta e totalitaria delle milizia di Tripoli,  per richiedere  quei diritti naturali che non rappresentano un fondamento esclusivo dell’Occidente, ma appartengono a tutti gli uomini, sono dunque diritti universali. Il moto rivoluzionario si è sviluppato spontaneamente, mettendo insieme le varie etnie della Libia, le varie culture islamiche e laiche alla ricerca della liberazione di una nazione soggiogata  per quaranta anni. Naturalmente senza l’intervento della Nato la macchina rivoluzionaria non avrebbe conseguito la vittoria, i leader politici occidentali all’inizio esitanti, a causa dei loschi affari che per decenni avevano realizzato con Gheddafi e la sua banda,  ad eccezione della Germania, sono intervenuti per sostenere i  ribelli, fornendo una copertura importante, in termini militari e diplomatici. Non è un caso se il neutralismo tedesco della Cancelliera Merkel è stato considerato un errore strategico grave da Helmut Kohl, il grande padre della Germania unita e fondatore dell’ Europa. Dopo i tragici misfatti della guerra di Bush, Blair e Berlusconi scatenata in Iraq  per le menzogne sulle armi di distruzione di massa, e  basata sull’idea del conflitto di civiltà , i valori della democrazia e della giustizia stanno trovando il consenso delle masse arabe, le mobilitazioni si  diffondono in tutto il Medio Oriente dando vita a quella che è stata definita  la Primavera araba. Il  crollo delle dittature di Ben Ali in Tunisia, di Mubarak in Egitto,  di Gheddafi in Libia, la repressione dei dissidenti  di Bashar Al Assad  in Siria mutano lo scenario politico dei paesi del Mediterraneo e sono destinati a cambiare l’identità dell’ Occidente.  La faccenda insomma ci riguarda da vicino. Non solo non possiamo più sentirci superiori alle popolazioni arabe e islamiche, ma dobbiamo dare atto ai giovani del Nord Africa di essere riusciti a compiere una grande impresa, alla quale tutti noi dovremmo guardare con favore e speranza. Già la speranza, un valore oggi sempre più sfuggente nella nostra società stanca, invecchiata e decadente. In che cosa dovremmo sperare oggi? Possiamo cambiare in meglio quello che resta dell’ Italia ? Le spoglie annichilite di un Paese disilluso e incattivito sono di fronte a noi, l’Italia della corruzione, della disoccupazione e del malaffare senza limiti sembra trionfare in maniera definitiva. A meno che non si faccia un piccolo sforzo di comprensione nel vedere lo spettacolo delle manifestazioni pacifiche di Tripoli, Tunisi e del Cairo, mobilitazioni compiute senza roghi di bandiere israeliane e americane, senza la retorica del “ Grande Satana”, i messaggi inviati dagli smathphone, gli appelli pubblicati su Facebook pretendono  la libertà e l’emancipazione dopo anni di schiavitù, sono contenuti forti che mettono al bando l’odio fanatico dell’ islamismo radicale. In Italia non  mancano gli scettici, i cinici pronti a sottovalutare l’importanza di questi eventi epocali, dicono che sia tutto finto, che l’islamismo radicale alla fine andrà al potere come in Iran, temono l’irruzione dei fratelli musulmani in Egitto, la formazione di una nuova Repubblica islamica dominata dalla Sharia in Libia. Costoro mentono sapendo di mentire, in realtà hanno paura del contagio, della diffusione a livello globale della Primavera araba,  come sta avvenendo in Grecia, in Spagna con gli indignados, in Inghilterra, e adesso anche in Israele il popolo delle tende di  Tel Aviv chiede diritti e giustizia sociale. La dimensione globale dell’indignazione è sotto gli occhi di tutti, e  la giustizia sociale è la base fondamentale  delle comunità umane, un diritto naturale legittimato in Italia anche dalla vittoria del referendum  contro il nucleare e il legittimo impedimento. Non bisogna disperdere questo patrimonio civile, perché rappresenta l’ossigeno che può tenete ancora in vita l’Italia appestata dal morbo dell’illegalità istituzionale e dell’affarismo dei colletti bianchi. L’istituto del referendum  può essere uno strumento valido da utilizzare contro l’arroganza dell’oligarchia partitocratica, la battaglia per una nuova legge elettorale  è giusta, e  la cancellazione del porcellum, “la porcata” dell’ imperio delle segreterie di partito con le  liste bloccate, le candidature dei nominati dall’alto, dovrebbe essere una priorità per tutti i cittadini che non abbiano portato il cervello e la coscienza  all’ammasso.

Autore: Danilo Grassa

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