Neolingua

I due colleghi che ho in ufficio sono due tipi strambi, ognuno a suo modo. Alfa, lo chiameremo così per non offendere nessuno, è alto, corvino nel colore e nel naso, gli occhi piccoli ma attenti, sornione, con la battuta pronta ma antipatica, pungente e personale; attento, sulle sue, non racconta nulla di sé ma sa molto degli altri, delle cui vicende non rivela però i particolari, lasciando intendere sempre di saperne di più. Omega invece, è robusto nel fisico, con pochi ariosi ricci castano chiaro che gli incorniciano il viso tondo e rubizzo; tendenzialmente un buono, ma collerico, soggetto a nervosismi inutili facilmente sobillati dall’altro per passatempo. Ad essere precisi io sono il loro capufficio e questa qualifica in alcune nevrotiche giornate mi costringe a mediare le collere dell’uno e le ripicche dell’altro, che poi si risolvono come nulla lasciando me snervato e loro a braccetto per un aperitivo al bar Impero.

Stamani è una di quelle giornate. Entro a discussione già iniziata mentre Alfa rimprovera Omega di “parlare il dipietrese” (Penso: ecco come la neolingua di Ballarò ha preso piede in tutti noi). L’altro replica: “Tu non fai altro in quest’ufficio che scatenare la macchina del fango contro di me. Ti ho visto prima! Chissà cosa hai detto per farmi fare una figura di merda con la signora Natalina” (Addirittura la macchina del fango! Non basta più dire spettegolare o sparlare?).

Alfa: “Sei volgare come un cinepanettone” (Questa è bella, la trovo fine perché prende in giro l’avversario ma anche quel filone di film nostrani che incassano solo a Natale).

Omega: “Ma diglielo tu, Alberto, che è insopportabile” (Faccio un gesto di diniego con le sopracciglia alzate come a dire: non trascinatemi dentro).

Alfa: “Non tirare per la giacchetta il capufficio, che non c’era e non sa” (Tirare per la giacchetta? Ma come parla, questa è terribile, presa dal peggior gergo politico. E poi cosa sarebbero le “giacchette”? Piccole giacche?)

Omega: “Eh no, una volta per tutte deve scendere in campo per l’uno o per l’altro” (Scendere in campo col giornale sotto braccio come dice Benigni parlando del padre che andava a fare i bisogni lontano da casa, all’aria aperta?)

Alfa: “Cosa vorresti dire, che uno di noi deve fare un passo indietro e chiedere di essere spostato ad altro settore?” (Un passo indietro, un altro, un altro ancora e … addio, ci ritroviamo in fondo ad un dirupo)

Omega: “Se non ritiri i tuoi insulti e non smetti con le tue macchinazioni salirò al Colle a lamentarmi” (Figurato. Salire al Colle come a dire che parlerà con quello che è più alto in carica. Sembra di ascoltare 8 e mezzo – la trasmissione intendo)

Alfa: “Con chi con il Sindaco in persona? Ma se sei solo un peones che non conta nulla!” (Il tristo peones della Camera, quello che serve solo a far numero, che non sa per cosa si vota ma segue le indicazioni di partito. Questa è offensiva sul serio, anche se non so se Omega l’abbia capita)

Mi decido ad intervenire prima che la discussione degeneri. Per farmi capire dai miei colleghi telepoliticodipendenti uso un gergo a loro noto:

“Ragasssssi, ma siam matti? Non stiam mica qui a pettinar le bambole! Non siam qui a contare i puntini sulla pelle di un leopardo! Non stiam qui a pulir la spiaggia di Alcamo Marina col rastrello! Ragassssi! Torniamo a parlar di lavoro!”

L’hanno presa bene, li ho fatti sorridere e questo li ha calmati. Anche per oggi il peggio è passato.

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