1 Maggio: cresta sui lavoratori

“Questo 2011 è un anno davvero scalognato per noi poveri lavoratori dipendenti” è la frase che circola in tutti gli uffici pubblici e anche nel mio (un Ente pubblico di Alcamo che è meglio non specificare). La lamentela dei colleghi deriva dalla sfortunata coincidenza di calendario per cui quest’anno i giorni di festa  risultano ridotti o perché convergono – come per la Festa della Liberazione del 25 aprile con Pasquetta – o perché cadono di domenica, come nel caso del 1° maggio. I colleghi dimenticano però di essersi potuti avvalere del 17 marzo, Festa dell’Unità d’Italia, inizialmente istituita una tantum dopo forti polemiche e poi talmente piaciuta (bandiere ai balconi comprese) che si dice potrebbe rimanere – anche se, pare, ci verrà scontata dalle festività soppresse di cui godiamo normalmente. Le polemiche naturalmente erano ad opera degli imprenditori che non vedono di buon’occhio una sospensione delle attività lavorative soprattutto in mezzo alla settimana, perché, si sa, il lavoratore italiano è generalmente uno scansafatiche e basta un nulla perché si possa ingenerare il classico “ponte” di assenze ingiustificate e, con il passaparola, un fuggi-fuggi collettivo dai luoghi di lavoro “con gravi danni per l’economia” a detta di Confindustria.

Ciò valeva per il 17 marzo, ma era riservato un po’ a tutti quei giorni di festa – inutili secondo gli industriali – che scandiscono le attività del corso dell’anno. Vacanze che il salariato attende per potersi dedicare ai propri interessi, alla famiglia, alla casa, ai viaggi, per poi riprendere il lavoro in vista della pausa successiva.

In questo senso il 1° maggio si sarebbe potuto mettere in discussione, non quest’anno che viene di domenica – mentre già da qualche tempo si lavora sia in città che nei centri commerciali anche la domenica! Ma a chiedere che si lavori stavolta non sono stati gli imprenditori, bensì un sindaco del PD, Renzi da Firenze. Che parla parecchio, ma non s’è capito bene cosa vuol dire.

Stamani in radio, alla lettura dei giornali su radio3 tra le sette e le otto – è un vizietto che vi confesso mi concedo quando sono già fuori casa e non posso vedere Corradino Mineo sul satellite – il giornalista di turno (perché lì fanno a turno neanche l’avesse chiesto Masi in persona) dava conto di alcune riflessioni di cui non ho afferrato la paternità (anche se mi pare d’aver capito si trattasse piuttosto di una maternità). L’interessante ragionamento prendeva le mosse da un punto di vista per così dire sentimentale più che economico, sostenendo l’importanza di un Centro Storico vivo anche nei giorni di festa, anzi proprio nei giorni di festa con i visitatori sciamanti bisognosi del calore e dell’accoglienza delle piccole botteghe artigiane e dei negozietti. Proprio perché la gran parte della gente può andare in Centro solo quand’è festa (non so se notate quant’elisioni che m’ispira il parlar d’un toscano), sosteneva la simpatizzante di Renzi, c’è bisogno che la città sia vivace e accogliente. Che si dia almeno libertà di decidere ai piccoli commercianti.

Eh si, ho pensato, libertà è una bella parola, bisognerebbe preservarla un po’ di più, però, perché a furia di usarla si logora.

Certo, ho anche pensato, se andassi in una grande città – facendo ad esempio visita a Firenze il 1° di maggio – trovare i negozi aperti nelle vie pedonali è sempre bello, per me, per mia moglie e per la signora di cui sopra. Si potrebbe passeggiare signorilmente per via de’ Calzaioli ammirando la bella gente, i palazzi e le vetrine che vi stanno sotto, fermandosi a  sorseggiare un aperitivo in Piazza della Signoria prima di passare il Ponte Vecchio per cercare una vera trattoria toscana a San Frediano. Troveremmo una Firenze gradevole in piena libertà. Bella libertà! Quella nostra (la mia, di mia moglie, degli imprenditori e della sconosciuta signora con la quale si discute), mentre le commesse e i baristi con i loro stipendi non regolari sono costretti a stare di turno anche durante la Festa dei Lavoratori, l’unica festa a loro dedicata!

Per cui , diamo libertà ai proprietari dei negozi di aprire il 1° maggio, ma solo se dietro al bancone ci sono loro e che lascino liberi i propri dipendenti.

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