Mondo Gay

Progressista riformista, padre di mentalità aperta, dialogante, tollerante voltairiano verso le altrui opinioni, antirazzista, marito antimaschilista, fuori dal coro ad Alcamo, divoratore di notizie dal web, cattolico intiepidito per colpa della Chiesa, politicamente schierato a sinistra ma non tifoso, disposto ad ascoltare, difensore dell’accoglienza verso i più sfortunati, favorevole all’associazionismo, sostenitore dell’antimafia e di Teleiato in pantofole, arcobalenottero con bandiera al balcone. Uno che ha fatto dell’ascolto e del non giudicare i due puntelli guida del proprio relazionarsi agli altri in quasi mezzo secolo di vita.

Tutte le certezze però sembrano non bastare dinanzi al caos che mi sfiora; le convinzioni più intime, ma teoriche, sono messe in crisi quando si tratta di applicarle in concreto ad una persona cara. Eppure anche quel momento l’avevo superato bene, senza traumi, almeno così spero di aver fatto credere in famiglia. Quando mio figlio Dario, non ancora diciottenne, mi parlò guardandomi negli occhi, con lo sguardo limpido e la testa alta, così come io gli ho insegnato, senza vergogna e senza inutili pudori – perché tutto, ma proprio tutto si deve poter dire al proprio padre – della sua propensione sessuale verso i ragazzi, cioè quelli del suo stesso sesso, ammortizzai il colpo con composta dignità (“Frocio!” pensai per un attimo, ma poi ricacciai via indignato quella vocina). Lo consigliai, cercai di capire, lo rassicurai che avrebbe avuto me e mia moglie sempre dalla sua parte, pronti a sostenerlo in qualsiasi scelta avrebbe fatto nella vita. Non nascondendo che ciò gli avrebbe procurato più di un problema in un paese impreparato come Alcamo, anche nella sua futuro lavorativo (“Frocio!” gli avrebbero urlato dietro dileggiandolo, ma decisi di abolire tale termine). Sorrise a quella mia preoccupazione, non aveva nessuna intenzione di diventare una “checca” o un travestito, si sarebbe comportato come aveva sempre fatto, la sua vita privata sarebbe rimasta fuori, in futuro. Tra l’altro, mi disse, non prevedeva di rimanere ad Alcamo.

Oggi, che sono passati più di cinque anni da quel giorno, e Dario è un brillante laureando in Giurisprudenza – parlo della cosiddetta “specialistica”, la laurea quinquennale – effettivamente ammetto che, almeno finora, ciò non lo ha penalizzato affatto. Ha avuto alcune storie poco importanti, finché ha conosciuto Manuel a Palermo, un ragazzo spagnolo che fa l’Erasmus e con cui ha continuato a vedersi fino al mese scorso andando a Barcellona. Un volo da Trapani ormai costa meno di una pizza. È tornato entusiasta della Spagna, di Gaudì, dell’accoglienza ricevuta dalla mamma di Manuel.

Così mia moglie, mentre scorro un trafiletto da una delle mie pagine preferite dell’Espresso – quelle iniziali piene di curiosità sulla politica –, mi si avvicina sinuosa nel letto, mi accarezza con un dito sul collo e dice: “Alberto, dobbiamo invitare Manuel per Pasqua”. Non faccio in tempo a rispondere “chi?” che lei incalza: “Non alzare così le sopracciglia, Dario ci tiene, lo dobbiamo conoscere”. Certo, certo, ha ragione, so che ha ragione. Lo stesso mi sento rispondere: “Proprio per Pasqua… magari potremmo fare un viaggetto, no?”. Mi risponde canzonandomi: “Sono anni che passiamo la Pasqua allo stesso modo, la giornata di Lunedì ad arrostire ad Alcamo Marina da mio fratello non te la sei mai persa”.

Allora mi viene in mente: “Ma forse non è questo il momento di viaggiare da Barcellona, con la guerra. E poi l’aeroporto di Trapani è chiuso”. Lei, seria: “I voli continuano su Palermo, che è pure più vicino. In tutti i casi lo invitiamo, se poi non si potrà viaggiare …”

A quel punto mi si spalanca sotto l’abisso. Una cosa è la teoria, che ho assorbito bene – anche se pare non l’abbia fatta a mia moglie –, un’altra ritrovarseli a casa. E un pensiero mi paralizza. La voce mi trema un poco, perché credo di conoscere la risposta quando domando: “Ma dove lo mettiamo a dormire?”. Mia moglie si alza a metà sul letto e mi fissa negli occhi, mentre risponde dura: “In camera con Dario, il suo letto ad una piazza e mezzo andrà benissimo”.

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