Storie d’Italia

Parlare dell’Unità d’Italia sembra significhi sempre più sviluppare un discorso che segua obbligatoriamente due sole traiettorie: lo smascheramento di una storia costruita a puntino con la conseguente rivendicazione di un vissuto dai confini forse più stretti ma più sentita, e la celebrazione di una Unità raggiunta grazie ai sacrifici e alla visione che ha guidato i nostri padri della patria a riunire sotto un’unica bandiera un paese troppo a lungo rimasto diviso. Ora di questi tempi, come testimoniano le innumerevoli polemiche sull’argomento, sembra non sia possibile trovare una via di mezzo tra le due “storie”, e forse a voler essere onesti trovarla non è davvero possibile, ma 150 anni di storia dovrebbero ormai essere sufficienti a dare un resoconto più maturo in cui, oltre al bianco e al nero, ci sia spazio anche per il grigio o per tutte le altre varianti della scala cromatica. Per questo motivo ci sembra giusto rispolverare la storia del Risorgimento in Sicilia consapevoli che la strada per comprendersi non può prescindere dal comprendere la storia delle varie parti, nel bene e nel male. Perciò la memoria di questa nazione non può più avere solo il tono di una favola romantica, non solo. Per questo motivo credo si possa parlare dell’impresa garibaldina riportando alla memoria anche le ragioni meno nobili di quell’impresa e le conseguenze per noi siciliani non del tutto indolori. Andranno ricordate allora anche le parole che Cavour pronunciò al parlamento piemontese appena un anno prima dell’Unità d’Italia “se non conquisteremo il regno delle due Sicilie il Piemonte sarà in bancarotta entro l’anno”, vanno quindi ricordate le promesse di riforme, sopratutto agraria, mai mantenute, va ricordato che la situazione degli isolani continuò a peggiorare anche nei decenni successivi, un disagio testimoniato dalle lotte sociali di ribellione e brigantaggio, lotte di certo fomentate dalle azioni di repressione attuate sin da subito dai Garibaldini e dalle truppe governative contro i contadini. Un episodio per tutti vale la pena essere raccontato perché è davvero vicino a noi. Avviene a Castellammare nel 1862, dove, dopo un’insurrezione di contadini, i Garibaldini e lo stesso Nino Bixio, reduce della strage di Bronte, fucilarono una bambina di soli nove anni per intimidire il popolo. La storia della liberazione in Sicilia e ben esemplificata in “Libertà” di Verga: “Il carbonaio, mentre tornavano a mettergli le manette, balbettava: – Dove mi conducete? – In galera? – O perché? Non mi è toccato neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c’era la libertà!”. Tutto ciò non cancella certo le nobilissime intenzioni dei giovani che persero la vita in quell’impresa e di certo non cancella il sentimento nazionale che dal quel giorno in poi è certo cresciuto molto più di quanto non si voglia far credere. Credo, dunque, sia giunto il momento per poter essere liberi di sentirsi italiani senza per questo sentirsi traditori della nostra storia dai confini più stretti.

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